Non ha importanza da dove vieni, ciò che conta è dove stai andando!

(Ella Fitzgerald)

C’è una bella storia che di recente ha avuto una notevole diffusione tramite i social media.
È bella a sufficienza da venire raccontata, ed ascoltata, ancora una volta.

Negli anni ‘50 a Los Angeles c’era un famoso club, il Mocambo: era un locale per bianchi e la direzione non vi faceva esibire artisti di colore.
Poteva essere la band migliore del mondo ma non aveva importanza, il colore della pelle decideva chi sarebbe stato in cartellone. Potevi anche essere la più grande cantante del mondo ma se eri un’artista di colore non avresti mai avuto un ingaggio al Mocambo.
E così il locale si rifiutò di fare cantare Ella Fitzgerald.

Marilyn Monroe oltre ad essere molto bianca, molto bionda molto formosa e molto famosa, era un’ottima cantante ed un’appassionata ammiratrice di Ella Fitzgerald.
Venuta a sapere che il Mocambo aveva rifiutato di fare esibire la First Lady of Song, senza pensarci troppo sopra prese il telefono e chiamò il proprietario del locale dicendo che voleva che Ella venisse scritturata immediatamente: se lo avesse fatto, lei sarebbe andata al Mocambo ogni sera, anzi prenotava direttamente il tavolo più vicino al palco. Gli fece anche notare senza troppi fronzoli che la notizia avrebbe fatto impazzire la stampa.
La stampa, si sa, è un’arma a doppio taglio, quindi se la stampa avesse saputo che la richiesta di Marilyn Monroe era stata snobbata da un locale che si rifiutava di fare cantare Ella Fitzgerald…
Ma non credo che nessun proprietario di club al mondo avrebbe potuto neppure pensare per un secondo di rifiutare un’offerta del genere, e così Ella ottenne immediatamente l’ingaggio.
Marilyn mantenne la sua promessa, assistendo ad ogni concerto in prima fila.

La popolarità di Ella è stata e rimane enorme, il suo stile ha cambiato per sempre la storia del jazz vocale. Il suo pubblico è sempre stato straordinariamente eterogeneo, includendo persone di ogni età, nazionalità, razza e credo religioso, i suoi fans erano intellettuali e gente comune, giganti del jazz e star di Hollywood.
Nel 1958 è stata la prima donna afro-americana a vincere un Grammy (ne ha successivamente conquistati altri 12).

Ella aveva una voce straordinaria, un’intonazione perfetta, uno swing irresistibile, era una grandissima improvvisatrice e una grandissima interprete. Aveva una personalità fortissima e una vitalità prorompente.
Nella magnifica voce di Ella c’è una componente invincibilmente positiva che sembra riuscire ad infondere una scintilla di speranza persino alla canzone più triste. Non c’è vero dramma nelle interpretazioni della First Lady of Song, che anche nella storia più tragica sembra mantenere una lontananza dal dolore come se lo guardasse da fuori.

La voce di Ella sorride. Accarezza. Perdona.

Se gli anni drammatici dell’infanzia e dell’adolescenza sembrano aver segnato profondamente la personalità di Billie Holiday lasciando una traccia di sofferenza percepibile in ogni nota, ascoltando Ella Fitzgerald si ha la sensazione di essere di fronte a qualcuno che è non è mai stato sfiorato da alcuna tragedia. Niente di più falso.

Ella nasce a Newport News, Virginia. Subito dopo la sua nascita il padre se ne va di casa e la madre si trasferisce nello stato di New York con il nuovo compagno, da cui ha un’altra figlia. La famiglia ha grosse difficoltà economiche, e la giovanissima Ella contribuisce al bilancio familiare facendo lavoretti non esattamente legali: trasporta biglietti e soldi di scommesse illecite e fa la guardia in un bordello. Nel 1932 la madre muore a causa di ferite gravissime riportate in un incidente automobilistico e la quindicenne Ella va a vivere con una zia. Dopo poco anche il padre adottivo muore e in lei qualcosa si spezza. Smette di andare a scuola, finisce nei guai con la polizia, viene mandata in orfanotrofio e successivamente in un riformatorio dove è sottoposta a un programma che si prefigge di “rieducarla” a forza di botte.
Riesce a scappare, vive per strada, e un’orfana senzatetto negli anni durissimi della Grande Depressione è carne da macello.

Ma Ella riesce a rimanere a galla aggrappandosi ad un sogno: quello di partecipare alla serata amatoriale dell’Apollo Theater di Harlem.

Finalmente nel 1934 viene selezionata per partecipare, con un numero di danza, ma il primo set viene chiuso da due ballerine di tiptap fenomenali, le Edward Sisters.
Competere con loro è semplicemente impossibile.
Ella sale sul palco terrorizzata tra gli schiamazzi del pubblico, i commenti sul suo aspetto sono pesanti. Invece di danzare decide di cantare.
Chiede alla band di suonare Judy di Hoagy Carmichael, una delle canzoni favorite di sua madre. Il pubblico si zittisce, e alla fine del pezzo non la lascia scendere dal palco: l’Apollo chiede Il bis. Canta un altro brano, The Object of My Affection.

Anni dopo ricorderà: “Quando sono stata lì sul palco, ho sentito l’accettazione e l’amore del pubblico. In quel momento ho capito che tutto quello che volevo era cantare per la gente, per il resto della mia vita”.

Quella sera il sassofonista e arrangiatore Benny Carter faceva parte della band e colpito dall’immenso talento naturale di questa adolescente timida e insicura che sul palco si trasformava in una cantante in grado di toccare e infiammare il pubblico come pochi possono riuscire a fare inizia a presentarla ad altri musicisti che avrebbero potuto essere in grado di aiutarla a iniziare la carriera.

Quella con Benny Carter fu l’inizio di un’amicizia e una collaborazione musicale che sarebbe durata tutta la vita: e questo lo posso affermare con assoluta certezza, avendo avuto la fortuna e la immensa gioia di vederli suonare assieme a New York, Radio City Music Hall, 56 anni dopo il loro primo incontro.

Ella inizia a partecipare e a vincere ogni Talent Show che riesce a trovare, e l’anno dopo a 18 anni venne ingaggiata per una settimana all’Harlem Opera House, cantando con la band di Tiny Brandshaw.

In quella settimana avviene un altro incontro determinante: quello con il grandissimo batterista Chick Webb, leader di una delle più importanti big band della Swing Era, che le dà un’opportunità: quella di cantare per una sera a un ballo alla Yale University.
“Se piacerà ai ragazzi, resta”. Nonostante un pubblico difficile, distratto ma esigente, Ella ottiene uno straordinario successo, e Webb la assume. Per poterlo fare, siccome era ancora minorenne e ufficialmente in libertà vigilata, diventa il suo tutore legale.

Nel 1936 l’orchestra si esibisce nella Savoy Ballroom, "la sala da ballo più famosa del mondo”, e le porte del mondo sembra siano pronte ad aprirsi per accogliere questa giovanissima cantante in grado di fare entrare la musica nel sangue di chi la ascolta.

In quel periodo il bebop entra prepotentemente nella scena musicale: dando al jazz una direzione nuova, è una vera rivoluzione. Ella inizia a sperimentare con lo scat fino a raggiungere un livello tale da rendere l’improvvisazione vocale una vera forma d’arte e uno dei tratti distintivi del suo stile.

Nel 1938 succede un altro fatto assai singolare: l’orchestra di Webb è in studio di registrazione per la Decca, ed Ella propone di registrare una filastrocca per bambini, una “nursery rhyme” della fine del’800, che in quegli anni era ancora molto popolare.

Stanno facendo versioni swing di ogni tipo di brano, perché non una filastrocca?

La band prova per solo un’ora, e il brano viene registrato.
Ma la Decca non prende neppure in considerazione l’idea di stamparlo ed è di nuovo Chick Webb a difendere la sua protetta, senza sapere che ancora una volta il suo intervento darà una svolta alla vita di Ella.
Convince i capi della Decca, il disco esce.
Si intitola A tisket a tasket e conquista in poche settimane il primo posto nelle classifiche di vendita americane e la carriera della ragazzina con il sorriso nella voce prende il volo.

Ella Fitzgerald nel corso di una carriera folgorante durata più di mezzo secolo ha registrato più di 150 album, vendendo 40 milioni di album.

Anche se non ha voluto che fosse reso noto, per tutta la vita ha supportato varie organizzazioni che si occupano di bambini svantaggiati.