Si è concluso il 29 agosto con La Cenerentola di Rossini, illuminata a giorno da lampi per tutto il secondo atto (per fortuna senza pioggia), in chiara competizione con la sapiente illuminazione artificiale del Giardino di Boboli, il ReGeneration Festival, pensato e realizzato da Maximilian Fane (direttore d’orchestra), Roger Granville (produttore, regista, scrittore), Frankie Parham (produttore di cinema e teatro). Sono gli stessi personaggi che in tre anni, dal 2017, con tre edizioni del NewGeneration Festival sono riusciti a rompere le barriere fra i diversi generi musicali, per avvicinare i giovani a un tipo di musica da loro spesso negletta, e contemporaneamente i cultori di opera e musica classica a forme musicali quali jazz e blues, presentando programmi misti ogni sera in un unico posto, così da permetterne l’ascolto in successione ad un pubblico multigenerazionale, invitato a sperimentare, con l’opportunità della sequenza, le proprie reazioni a musica per alcuni nuova.

Così si riassume la filosofia del trio: “La nostra idea di base è che tutta la grande musica è grande allo stesso modo, e che quando qualcosa è bello, è bello e basta. Non importa a che genere appartiene”. The NewGeneration Festival ha così gettato un ponte tra generi e generazioni.

Un nuovo intento si aggiunge e accompagna l’edizione 2020 del Festival, regalare alla cittadinanza un’opera e concerti all’aperto in gratuità e sicurezza, dopo la lunga sospensione di simili spettacoli dal vivo, causa pandemia. Ecco spiegato il nome ReGeneration per l’edizione del Festival di fine agosto 2020, che i tre organizzatori commentano così: "Questo nostro omaggio nel nome dell'arte e della musica vuole essere d'augurio alla città ed agli artisti per una nuova ripartenza dopo il buio della pandemia".

Una generosità senza pari, resa possibile dall’aver ricevuto dal direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, l’uso, per eseguire l’opera e alcuni concerti, del Giardino di Boboli, e in particolare del Prato delle Colonne, dove hanno attrezzato un teatro da 500 posti!

I duemila biglietti gratis offerti ai fiorentini sono andati esauriti fra mezzanotte e le 8 del mattino del primo giorno utile per la richiesta, a testimoniare che l’offerta è stata gradita dalla cittadinanza. Un contributo alla ripresa dell’Arte in una città, Firenze, che i tre amano forse più degli italiani stessi.

In quattro serate si è svolto un programma senza precedenti di musica, opera, concerti sinfonici, jazz e cameristici che poteva essere seguito anche in diretta streaming sui canali YouTube e Facebook delle Gallerie degli Uffizi.

Oltre 200 i giovani talenti internazionali impegnati nel vasto programma. Erano circa duecento anche le maestranze che hanno lavorato per l’installazione, al Prato delle Colonne, in tempi record, del grande palco, del perfetto impianto acustico, dell’innovativa scenografia e dei bellissimi costumi di scena, per rendere possibile l’esecuzione de La Cenerentola e di tutti i concerti e le altre manifestazioni in programma.

Eseguire un’opera comporta usare lavoratori di alta specializzazione ed è benvenuta in Italia che, negli ultimi decenni, si è vista sottrarre da scuole estere la formazione dei cantanti e di molte professionalità collegate al mondo della lirica.

Ad aprire il Festival La Cenerentola di Gioachino Rossini, l’ultima opera buffa del compositore pesarese: scritta per Roma nel 1817 prendendo ispirazione dalla fiaba di Perrault. Versione riveduta e corretta, sostituisce alla scarpetta un bracciale per non indispettire la censura pontificia che vietava di mostrare le caviglie femminili in scena. L’Orchestra Senzaspine è stata scelta dagli organizzatori perché perfettamente in linea con il loro progetto. Trattasi infatti di un collettivo bolognese di under 35 che si è dato il compito di divulgare la musica classica ad ogni età e fascia sociale.

L’opera ha avuto due repliche. Circa mille persone, in maggioranza giovani, ne hanno quindi potuto vedere una versione totalmente nuova, fatta per svecchiare il genere, con scenari a effetto, ottenuti proiettando sul fondale bianco immagini in movimento, coloratissime, spesso con trovate straordinarie, come quando le immagini sembrano liquefarsi, ad indicare lo stato di ubriachezza di alcuni commensali del banchetto.

Altra novità il movimento dei cantanti, armonizzato alle espressioni del libretto, dotato di una ritmicità che il regista ha sfruttato allo scopo, più ancora della musica. Il cast era composto da grandi promesse del canto, gli abiti da scena erano della costumista Anna Maria Heinreich, realizzati dalla sartoria Tirelli, tra i partner principali del Festival fino dall’inizio. Il direttore d’orchestra, Sándor Károlyi, è un talento in ascesa, formatosi tra Ginevra, Firenze e Vienna.

Protagonista della seconda serata l’Orchestra Giovanile Italiana, fiore all’occhiello della Scuola di Musica di Fiesole. Fondata trent’anni fa da Piero Farulli come laboratorio professionale per ragazzi appena usciti dal Conservatorio, rinnova di anno in anno i suoi componenti, ed è sempre diretta da bacchette di gran nome, fra cui Riccardo Muti e Daniele Gatti.

Quest’anno è toccato al Maestro Daniele Rustioni, che ha diretto l’ouverture da Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, il Concerto n. 1 per violoncello di Franz Joseph Haydn e la Sinfonia n. 7 di Ludwig van Beethoven.

Il terzo giorno a Boboli, The Three Divas, alcuni dei migliori jazzisti statunitensi, hanno portato in scena i ruggenti anni Venti di Broadway e Hollywood. Protagonisti principali un cantante lirico, una blues lady e una voce jazz.

Numerosi gli eventi collaterali si svolgevano al Giardino di Boboli fin dal pomeriggio, prima di ogni spettacolo serale. Il pubblico, entrando da piazza Pitti, a partire dalle 18.30 ha trovato la strada che lo conduceva verso il Prato delle Colonne disseminata di musica e arte... una promenade ogni giorno diversa.

Nel cortile di Palazzo Pitti, per esempio, si avvicendavano gruppi da camera del Conservatorio, della Scuola di Fiesole, del Maggio e dell’Accademia Musicale Chigiana. Nell’area esterna alla Limonaia Grande si esibiva l’Associazione Artiglieria. Alla Meridiana erano in mostra le creazioni del costumista Massimo Cantini Parrini, vincitore di quattro David di Donatello (l’ultimo, quest’anno, per il film Pinocchio di Matteo Garrone). E sul palco del Prato delle Colonne, al termine dello spettacolo principale, ha suonato il pianista jazz Dan Tepfer (conosciuto anche per affiancare spesso Lee Konitz) e il gruppo drag queen dei Devotion.

Altri due luoghi interessati al Festival: il Giardino di Palazzo Corsini al Prato e la Manifattura Tabacchi. Nel primo durante il giorno è stata fatta per i bambini una deliziosa Cenerentolina, diretta da Patrick Lynch, grande esperto di adattamento di opere per un pubblico giovanissimo. Ha saputo, infatti, metterne in risalto i lati comici e tagliare parti dell’opera, senza alterarne il senso. In serata l’antropologa Teodora Pampaloni ha proiettato il cortometraggio Babal, una sua riflessione su linguaggio, violenza e musica, preceduto da un coro di voci femminili di grande professionalità, il Menura Vocal Ensemble di Sesto Fiorentino.

A tarda notte alla Manifattura Tabacchi c’era ogni sera un concerto. L’ultima serata si è esibito il DJ John Swing (Francesco Giannini).

Da settembre Palazzo Corsini aprirà le porte a un nuovo progetto di Maximilian, Roger e Frankie, l’Accademia Lirica Mascarade Opera Studio, dedicato alla formazione di talenti lirici e pianisti accompagnatori, in tutto dieci voci e due pianisti selezionati fra quelli che avevano fatto domanda. Per gli studenti, età massima intorno ai trent’anni, il corso è gratuito. “Lo sovvenzionano donatori privati che temono per le sorti dell’opera se continua a proporsi soltanto come museo delle cere per un pubblico sempre più anziano; e invece credono che la nostra visione dell’arte e del teatro possa essere un toccasana per questo mondo”, spiegano i tre direttori artistici. “Sono stati convinti dai nostri risultati artistici e dal fatto che adesso la nostra base è Firenze. Un luogo dove la storia è viva, non museificata. E dunque intendiamo approfittare della tradizione di questa città, culla del melodramma, per plasmare un nuovo futuro dell’opera lirica.”