La previsione dei fenomeni sismici: una scienza antica riscoperta? E se ai sismi fosse associata una componente geometrica finora sfuggita alla scienza?

Per il greco Aristotele, probabilmente la figura intellettuale di maggior spicco prodotta dall’Accademia platonica, i fenomeni tellurici erano causati dai venti intrappolati all’interno della Terra. La coscienza scientifica dello stagirita, ben lontana dalla superstizione popolare, era, infatti, indotta a sostenere come: “...l’azione del vento nella terra sia analogo ai tremiti e ai sussulti provocati in noi dalla forza del vento che sta all’interno dei nostri corpi. Perciò, alcuni terremoti sono come dei tremiti, altri invece sono sussulti...”. Secondo invece le credenze popolari greche, la Terra tremava al passaggio degli dei. Superstizioni appunto. Non sono solo i greci, tuttavia, ad essere stati impressionati dai fenomeni tellurici. Sia chiaro.

Già nei Testi delle Piramidi, forse i documenti scritti più antichi trasmessi dagli egizi, sono citati, infatti, i terremoti1. Per la splendida ed antica cultura dei Faraoni le scosse telluriche erano: “...la terra che parla (o che trema)...”. Sempre egizi, ma più recenti, sono poi certi inni dedicati ad Osiride. Sono composizioni che trattano del fenomeno, ma si dimostrano essere ancora permeate da caratteristiche prevalentemente mitologiche. Fin qui gli Antichi Egizi.

Per le popolazioni dell’antica Mesopotamia, invece, i sismi erano la manifestazione terrena degli dei. Per la cultura ebraica, il terremoto è provocato da Jhwh. Nel fenomeno si manifesta la divinità. La Terra che trema annuncia la potenza divina vincitrice. La Terra si scuote anche per annunciare la venuta di Dio. Per rimanere in tema biblico, nella sua visionaria “Apocalisse”, Giovanni ricorda che all’apertura del sesto sigillo: “...vi fu un violento terremoto...”. Per l’evangelista Matteo (Mt 27, 51) alla morte di Gesù: “...la terra si scosse, le rocce si spezzarono...”. Vi fu anche un terremoto nel momento della resurrezione di Gesù (Mt 28, 2).

Per i padri della chiesa, il terremoto è un prodotto dell’intervento divino. Era per qualcuno di loro l’espressione dell’ira di Dio. Si direbbe emergere in filigrana, che la paura scatenata dai movimenti tellurici si è profondamente radicata nell’animo dell’uomo. L’equazione terremoto uguale terrore non stupisce certamente nessuno. Le forze della Natura quando s’attivano sono incontenibili. Terrificanti. In genere si ha timore di ciò che non si conosce. Per i fenomeni sismici in particolare, si tratta quindi di una paura arcana. Inquietante. Antica. Si può forse stimare essere antica quanto il genere umano stesso. È probabile.

Tempi moderni

È certo, invece, che i primi studi definibili tecnicamente come “scientifici” sono molto meno antichi. Per leggere un trattato sistematico sui terremoti, in effetti, si deve aspettare la prima metà dell’Ottocento. L’ingegnere inglese Robert Mallet, fu il redattore dell’importante e pionieristica opera in discorso. Mallet era il fermo sostenitore dell’idea che l’unica forza in grado di scuotere montagne e pianure doveva essere: “...un’onda di compressione elastica, o una successione di onde, che si propagano in linee parallele o intersecantesi, attraverso la sostanza solida e la superficie del territorio interessato...” 2

Fino a non molto tempo fa, dunque, le informazioni e le conoscenze che concernevano i terremoti erano, per dir così, abbastanza frammentarie. Le poche annotazioni disponibili sull’argomento erano conservate negli archivi ecclesiastici. Erano (e sono), questi, le principali fonti cui attingere le scarse notizie. È facile comprenderne il motivo. Era compito dei sacerdoti, infatti, l’assoluzione post-mortem delle salme provocate dall’evento sismico. La giustificazione dei decessi. Era ancora compito dei religiosi, registrare per quanto possibile il numero delle perdite dovute a simili catastrofi. I pietosi censimenti erano utili per aggiornare i primi tentativi d’anagrafe. Si deve poi aggiungere che una volta, oltre alla frammentarietà delle notizie, non si disponeva né di un valido sistema di comunicazione rapida, e neppure d’efficienti misuratori di tempo. In passato per determinare periodi relativamente brevi, si faceva uso di meridiane o di clessidre. Altro non esisteva. Nei casi in cui si doveva registrare un breve intervallo temporale, ossia la tipica durata di un terremoto, si ricorreva spesso e volentieri alla comparazione con le preghiere. Si usa ancora ai nostri giorni l’espressione: “È successo tutto in un amen”.

Nel passato, dunque, non esistevano specifici strumenti di misura ma solo rivelatori empirici. È famoso, tuttavia, lo strumento inventato dal cinese Chang Heng nel 132 d.C. Il meccanismo in questione era in grado di stabilire con una certa precisione la provenienza, o meglio, la direzione dell’onda sismica. Il primitivo ma efficace sismografo cinese, si basava sul sistema del “pendolo invertito” ed utilizzava la caduta di grosse gocce di mercurio come indicatore. Era, in linea di massima, il principio già utilizzato in precedenza da Erone d’Alessandria, intorno al 62 d.C. per realizzare alcuni suoi “odometri” 3. Si deve aggiungere, tuttavia, che nel passato non esistevano sismografi o sismometri in grado di registrare l’intensità del movimento tellurico. Non esisteva alcuna scala di stima fondata su basi matematiche. I terremoti si classificavano esclusivamente secondo quanto era in grado di vedere e, soprattutto, quanto riusciva a riportare, l’osservatore. L’analisi quantitativa era, pertanto, una valutazione ancora eccessivamente soggettiva ed empirica. Si deve allora concludere che per le età antiche non sia proprio possibile parlare di precisione scientifica riguardo ai terremoti. Almeno non secondo gli standard, per dir così, moderni4.

Stesso discorso si ha con l’introduzione della pur utile e nota “Scala Mercalli”. Ideato sul finire dell’Ottocento dall’omonimo sismologo e vulcanologo italiano, anche quest’ordinamento però si basa solo su dati empirici, per dir così, qualitativi. La “Scala Mercalli” fissa in 12 gradi l’intensità dei moti tellurici. È impostata sull’osservazione soggettiva. È di conseguenza sostanzialmente imprecisa. Soprattutto non consente di determinare la quantità d’energia che può rilasciare un evento sismico.

Solo con l’introduzione della cosiddetta “Scala Richter” si è avuto però un effettivo miglioramento nella misurazione dei sismi. È stato quasi un cambiamento di paradigma5. L’ormai famosa “Scala Richter” consente, in effetti, una maggiore precisione rispetto ad altri sistemi anche in virtù del fatto che per la rilevazione dei dati è necessario l’impiego di strumenti. I sismometri, i dispositivi in discorso, si strutturano in una rete di stazioni di rilevamento. I fattori che i diversi impianti registrano, servono per valutare il dislocamento orizzontale che un punto prefissato subisce quando interviene un fenomeno tellurico. La precisione raggiunta incrociando i diversi coefficienti ottenuti dai rilevamenti delle numerose stazioni è quindi pressoché perfetta. È almeno attendibile. Da circa una quarantina d’anni, in sostanza, si conosce precisamente il valore dei sismi che si manifestano e che vengono puntualmente registrati. È ovvio a questo punto domandare se si è riusciti, o no, a determinare il valore massimo della potenza rilasciata da un terremoto.

Secondo Richter stesso: “...È evidente che deve esserci un limite all’entità dei terremoti... Un limite fisico potrebbe essere costituito dalla forza delle rocce della crosta, intesa come il massimo di tensione cui possono essere sottoposte senza fratturarsi... Non ci sono fenomeni sismici nella storia passata che possano essere contrassegnati con la magnitudo 8.9...”6. È possibile dunque quantificare la potenza rilasciata da un sisma. Alcuni particolari tuttavia restano oscuri. Per esempio...

I terremoti si possono prevedere?

Dopo quanto si è detto emerge un fatto chiaro. L’uomo è giunto a stabilire un metodo per determinare numericamente la quantità d’energia rilasciata da un evento sismico. Ha avuto l’abilità d’individuare quali sono le aree maggiormente interessate dai terremoti. Ha avuto la capacità di tracciare una mappatura sufficientemente precisa delle zone soggette al maggiore rischio sismico. L’uomo ha anche capito che le tre fasce sismiche individuate, la circumpacifica, la mediterranea e la medio-atlantica, non sono disposte in modo casuale. Anzi. Sono, queste fasce, in stretta correlazione con la struttura geologica della crosta terrestre. Bene, ma a questa pur straordinaria enumerazione manca qualche cosa. Manca forse la parte più importante.

Non si ha un’esperienza previsionale: “...mentre è relativamente facile stabilire nelle grandi linee quali sono le aree attualmente e potenzialmente sismiche, molto più arduo è prevedere sia quando un terremoto si verificherà, sia quale sarà l’ubicazione precisa dell’ipocentro...”7. L’intelligenza umana non ha numeri a sufficienza?

Entriamo nel vivo

A proposito di “fasce” sismiche e di numeri: Quali sono i numeri più importanti della Bibbia? Sono il 2 e il 12...

Bene, ho provato a chiedere a un sismologo che lunghezza d’onda hanno i terremoti (il sismologo in discorso è il dottor Ferrero dell’Osservatorio Meteosismico di Montalenghe, Torino, n.d.A.). Lui mi ha guardato, poi mi ha detto che c’è un ventaglio di frequenze che parte dai 2 Hertz e arriva ai 12 Hertz. “È sicuro?” - gli ho chiesto.
E lui: “Sono quarant’anni che faccio questo mestiere, pensa che mi posso sbagliare...? “Baratono ci disse d’aver trovato un sistema per prevedere i terremoti, ‘quando e dove’, e di aver scoperto che il vero messaggio degli antichi è la ‘fascia di salvezza della Terra’. ...Tutte le culture antiche, dai Maya ai Cinesi, dagli Egizi agli Indiani, tramandano gli stessi numeri, gli stessi miti. E tramandano l’Esagramma...” 8.

Era i 1998. Le affermazioni qui riportate per qualcuno potrebbero sembrare i vaneggiamenti di un visionario probabilmente ubriaco. Per altri si direbbero più semplicemente essere eccessive. Probabilmente non lo sono. Vediamo il perché.

I terremoti si possono prevedere

Le forze endogene che provocano i fenomeni sismici, si manifestano sotto forma di onde elastiche. Sono in sostanza le onde sismiche responsabili delle vibrazioni che colpiscono in superficie il globo terrestre. Sono di due tipi: le onde di volume, che si propagano all’interno della Terra e le onde di superficie che ovviamente si propagano attraverso la crosta terrestre.

Le onde di volume provocano movimenti sussultori, ossia oscillazioni in senso verticale. Le onde di superficie invece provocano movimenti ondulatori, quindi oscillazioni in senso orizzontale. Essendo onde provocano un suono. È curioso. La lunghezza d’onda di questo suono è, come si è già ricordato, compresa tra i 2 Hertz ed i 12 Hertz9. Le onde con frequenze inferiori ai 16 Hertz danno luogo ai cosiddetti infrasuoni. Le onde sismiche, pertanto, generano infrasuoni. Gli infrasuoni sono lunghezze d’onda non udibili dall’orecchio umano. L’apparato uditivo degli animali invece si direbbe essere predisposto per la ricezione anche degli infrasuoni. Il “suono sismico”, oltremodo potente e cupo, inquieterebbe non poco gli animali. Questo spiegherebbe il fenomeno di “preveggenza” attribuito, ingiustamente, loro. È noto che: “...spesso i terremoti sono preceduti da segni precursori: folate di aria calda, perturbazioni atmosferiche... accompagnati da caratteristici boati, lampi sismici, maremoto...”10. Prevedere un fenomeno sismico, tuttavia, è ben altra cosa. Non si tratta solo di azzeccare estemporaneamente una previsione. È richiesta la reiterazione della previsione stessa. Si configura necessario pertanto individuare un algoritmo che consenta di replicare le previsioni “scientificamente”. Occorre un protocollo.

Si sono già individuate se non altro, almeno le due costituenti per completare l’esclusiva formula previsionale. Una è il suono. L’altra è l’Esagramma. Il suono è l’ingrediente indispensabile, come si vedrà, per stabilire il timing, ossia il “quando” avverrà il movimento tellurico. L’importante figura geometrica dell’Esagramma, invece, è necessaria per focalizzare il “dove” si manifesterà l’evento sismico11. Si può anche facilmente comprendere il motivo di una simile destinazione funzionale per l’Esagramma.

La dimensione geometrica di questo simbolo è in pratica sconosciuta. È nondimeno molto importante. Per quale motivo? Semplice. In qualche misura l’Esagramma ed il suo particolare codice geometrico hanno a che fare con la Terra, e quindi con i terremoti, ovvero, ma è la stessa cosa, i sismi conservano una componente geometrica che finora, molto probabilmente, è sfuggita agli studiosi. Si deve ricordare, infatti, che la Terra, almeno virtualmente, è tonda. È, in sostanza, un cerchio. L’Esagramma consente, in una certa misura, la ripartizione sessagesimale del cerchio. Allora, banalmente, l’Esagramma consente di eseguire una zonatura precisa della circonferenza virtuale rappresentata dal profilo terrestre. Per i nostri fini, si deve considerare però solo uno dei triangoli equilateri che costituiscono l’Esagramma e due punti noti. Le due zone stabilite, sono due epicentri in cui il fenomeno tellurico si è già manifestato. Individuare il terzo punto con il triangolo equilatero, ossia il nostro “dove” previsionale, è quindi abbastanza elementare. Si può stimare essere una semplice triangolazione. Questo è il concetto di fondamento per l’algoritmo “dove”. È evidente che non si tratta né di esoterismo e neppure di magia. È semplicemente Geometria applicata. Pratica. Il discorso del timing, invece, risulta essere un po’ più complesso da definire. Esiste, senza grandi incertezze, una fortissima corrispondenza che lega l’Esagramma alle acque. L’indicazione si potrebbe rivelare decisiva per prevedere i fenomeni sismici.

In che senso? Semplice. L’acqua, inaspettatamente, si potrebbe segnalare essere uno straordinario marcatore per i terremoti. Ciò non è tanto perché le acque, nell’immediatezza d’eventi tellurici, cambiano conduttività, sapore, odore, colore, percorso in caso di sorgenti, e così via12. Il motivo è da ricercare piuttosto nella sensibilità che ha l’ebollizione dell’acqua per la pressione atmosferica. In precedenza si è parlato di suono. Anzi. Si è accennato agli infrasuoni. Sono onde sonore, queste, che tecnicamente si possono definire lunghissime. Non conoscono barriere. Sono inarrestabili.

Ora, è noto come il suono, essendo un’onda, si propaga anche nell’atmosfera alterando con creste e gole la stessa pressione atmosferica. Un esempio notevole in questo senso è l’eruzione del vulcano Krakatoa avvenuta nel 1883. L’eruzione generò un’onda d’aria che fece sette volte il giro della Terra: “...i barometri dell’epoca registrarono sette spostamenti d’aria legati all’eruzione... il suono del boato, per esempio, fu avvertito nell’isola di Rodriguez, nell’Oceano Indiano, distante oltre 4500 chilometri, quattro ore dopo la sua emissione...” 13.

I fenomeni vulcanici si presentano con la stessa frequenza sonora dei terremoti. Il range sonoro, infatti, anche in questo caso è sotto la frequenza limite dei 16 Hertz. Siamo ancora nel campo degli infrasuoni. Ora, si deve rimarcare quanto è concretamente interessante la strana correlazione che esiste tra acqua, suono e pressione atmosferica. Per concludere, è forse utile ricordare come nelle civiltà antiche l’Acqua si è sempre abbinata in qualche modo al divino. La maggior parte degli edifici sacri aveva un bacino artificiale, se non proprio vere sorgenti, al loro interno o nelle loro immediate vicinanze. È sufficiente ricordare le grandi “piscine” esistenti a Teotihuacan. È ancor più interessante considerare la strana vasca esistente all’interno della piramide di Cheope, ad oggi pensata “solo” come un semplice sarcofago. Secondo quanto si è fin qui segnalato, stimate in tale prospettiva, certe costruzioni o parti di esse assumono ben altro valore e significato. I templi sono il luogo sacro per ascoltare e prevedere le manifestazioni delle divinità. I sacerdoti diventano gli esecutori, o gli anticipatori, della volontà divina che si manifesterà attraverso l’acqua con la voce della Terra. Si può avvertire per essere solo una suggestione, un’idea affascinante. È invece un’ipotesi che presenta numerosi elementi di probabilità. La teoria, in ogni caso, si deve valutare fino in fondo.

Prevedere i terremoti è forse possibile. Le previsioni che si sono correttamente accertate ammontano a più di trecento. La raccolta dei dati utili, per quello che mi riguarda si è ormai conclusa. L’anticipo predizionale ha un margine che oscilla, è il caso di dire, da una settimana a quindici giorni. Non è cosa di poco conto. Occorre passare alla definizione della legge che governa il fenomeno. È ovvio: sempre che esista... Forse sì...

Note

1 I Testi delle Piramidi risalgono al 2600-2100 a.C. Appartengono alla V Dinastia dell’Antico Regno. Si rinvennero all’interno della piramide di Unis a Saqqara.
2 AA VV, Meraviglie e misteri della Natura intorno a noi, 1973, Milano, p. 73.
3 Erano strumenti ideati per misurare lo spazio percorso da un corpo in movimento. Sono in sostanza dei contagiri pretarati e vengono ancora oggi impiegati. Un esempio è fornito dal cosiddetto correntometro di Ekman, in grado di misurare appunto la direzione media delle correnti marine. Il primo sismografo “moderno” risale al 1703, data in cui fu costruito da Hautefeuille. Si deve aggiungere, però, che il principio su cui si fonda il sismografo di Chang Heng è curiosamente molto più simile al principio dei sismografi moderni che non a quello utilizzato per gli strumenti ideati nel diciottesimo secolo.
4 Si deve in ogni caso ricordare che: “...sono stati proprio i religiosi a studiare per primi il pericolo sismico ed a realizzare i primi strumenti per tentare la misurazione dell’intensità su basi matematiche e non su basi empiriche soggettive...”. Giovanni Ferrero, Catalogo Generale dei terremoti, Osservatorio Meteosismico del Canavese, Montalenghe, 1995.
5 La scala Richter, ideata dall’omonimo sismologo statunitense intorno agli anni Quaranta, misura in micron: “...lo spostamento orizzontale massimo di un punto situato a 100 chilometri dall’epicentro; il logaritmo in base 10 di tale spostamento è un numero, detto magnitudo, che viene assunto come espressione dell’intensità del terremoto...”, Dizionario Enciclopedico della Scienza e della Tecnica, Milano, 1971, 1974, vol. 4, p. 3097, voce “terremoto”. La scala della magnitudo è compresa tra 1 e 2 per i fenomeni registrati solo dalle apparecchiature (terremoti strumentali), per arrivare alla magnitudo 8.9 fatta registrare dai movimenti sismici più violenti.
6 Meraviglie e misteri della Natura intorno a noi, op. cit., p. 74.
7 Dizionario Enciclopedico di Scienza e Tecnica, op. cit., p. 3098.
8 Giacobbo-Luna, *Il segreto di Cheope
, Roma, 1998, p. 117 e 118. È questa una parte dell’intervento inserito nel libro, che riguarda gli studi condotti da chi scrive sui terremoti.
9 Non si vuole assolutamente affermare che gli antichi hanno conosciuto l’unità di misura della frequenza, l’Hertz appunto. Si deve ricordare, al contrario, che è l’Hertz che basandosi su di un fenomeno periodico, l’onda appunto, avente come periodo di riferimento 1 secondo (quindi come numero di base si ha 1), potrebbe coincidere con qualche algoritmo numerico utilizzato in passato e andato perduto.
10 Maximus, Dizionario Enciclopedico, Novara, 1992, p. 2404, voce: “terremoto”.
11 Sull’importante figura geometrica dell’Esagramma, si veda oltre al già citato Il segreto di Cheope, il mio testo fondamentale: Le Abbazie ed il segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie geometrie dell’Acqua, Diego Baratono, Ecig, Genova, 2004.
12 Questi, tuttavia, pur essendo fatti noti non sempre sono attendibili. Non sono soprattutto attendibili da un punto di vista di grandezza temporale.
13 Tratto dalla rivista Newton oggi, n° 5, Maggio 2003, p. 162.