Parigi, 8 febbraio 1949.

È l'anno dell'illusione al n. 30 di Avenue Montaigne. Christian Dior accende i riflettori su una donna fiorita nella bellezza di Venere.

Il trompe l'oeil diviene il leitmotiv di tutte le sue creazioni sino l'autunno-inverno dove irrompe sotto forma di “Mito”.

Nei saloni Luigi XVI della Maison si affonda lo sguardo in luoghi percepiti in assenza di profondità. La visione si allunga attraverso la storia a ricercare le logiche delle emozioni in un passato remoto figlio di un gaudio che nella rinascita post-bellica si manifesta.

Il couturier di Granville rende omaggio alla crinolina e alle sensazioni legate alla percezione visiva. Dalla miosi alla midriasi la pupilla subisce il ritmo chiaroscurale dei giardini d'artista e si colma di riverberi colorati e luminescenze celestiali provenienti dal corpo femminile.

La forma ha la timbrica di uno sbalzo sugli acuti affondi della trasparenza e i toni di luce e d'ombra si modulano a favore dell'ego.

Il tutto è condito dal suono della grandezza di un'epoca ritrovata ed introiettata nella modernità del XX secolo: dal '700 di Maria Antonietta al Secondo Impero.

La trama si veste delle forme di una dama alla corte di Versailles che nel suo preesistere s'incontra idealmente con l'Imperatrice Eugenia alla “metà del secolo” successivo. Tale manifestazione restaura il concetto di “crinolina” come essenza della corolla, base del New Look: elemento di distanza della donna dalla dimensione terrena per entrare nel mito dell'intangibile corporeità.

Simbolo dello stile milieu du siécle, questa struttura a gabbia, dalla forma circolare, riecheggia nelle proporzioni importanti della collezione, autunno-inverno, presentata il 9 agosto 1949. Questa ricchezza di immagini racconta del concetto di opulenza legato a Christian Dior e aggiunge un tassello alla ricostruzione dell'identità femminile sotto il segno formale dei Luigi di Francia.

Delle creazioni presentate a ridosso degli anni '50 rimangono nella memoria le tracotanti fioriture e le forme ampie ed iridescenti degli abiti da sera.

È l'omaggio alla passione floreale trasmessagli da mamma Madeleine che porta al tema del trompe l'oeil. Un giardino, nel pieno della fioritura, riveste gli abiti che divengono simboli panici della coesistenza ideale dell'uomo con la natura nella bella stagione.

L'illusione s'insinua anche nei modelli dell'autunno-inverno, porta d'ingresso agli anni '50. Dior si lascia guidare dal “Mito” per dare vita a due delle creazioni più iconiche del dopoguerra.

Abiti da gran ballo, che divengono leggendari: Venus e Junon.

Il Venus porta il nome della dea della bellezza. Dior racconta la sua nascita alla vita dalla spuma delle acque come ripresa della rappresentazione botticelliana agli Uffizi di Firenze.

Nota come “Nascita di Venere”, la composizione raffigura più precisamente l’approdo sull’isola di Cipro della dea dell’amore e della bellezza, nata dalla spuma del mare e sospinta dai venti Zefiro e, forse, Aura. La dea è in piedi sopra la valva di una conchiglia, pura e perfetta come una perla. L’accoglie una giovane donna, identificata talvolta con una delle Grazie oppure con l’Ora della primavera, che le porge un manto cosparso di fiori; alla stagione primaverile rimandano anche le rose portate dai venti. Il tema del dipinto, che celebra Venere come simbolo di amore e bellezza, fu forse suggerito dal poeta Agnolo Poliziano.

(Descrizione tratta dalle Gallerie degli Uffizi-Firenze)

Il Venus possiede la trasparenza delle acque marine e la brillantezza della spuma delle sue onde. La grigia trama del tulle di seta raccorda il corpo della dea al colore simbolo dell'epoca prediletta dalla Maison: quel XVIII secolo di cui veste le sale di Avenue Montaigne.

I decori realizzati attraverso i ricami di Rebé, con ricchezza formale, lambiscono il perimetro dei grandi pannelli, evocatori della capasanta su cui Venus si erge nella sua nuda verità. A cascata rivestono i fianchi e la coda scintillante della gonna: ricordo di un bagno marino. I preziosi seni si accendono come conchiglie inondate di sale sulla battigia.

Le paillettes sono scaglie cangianti, come madreperle ancorate al fondale; giustapposte a pettine, l'una accanto all'altra, differenti di proporzione e sottigliezza, moltiplicano all'infinito il guscio da cui si schiude la bellezza. Ecco come appare Venus: pregno della schiuma del mare che lo glassa di cristalli boreali ad accenderne il profilo.

Altra onirica e mitologica apparizione è legata a Giunone (Era per i greci). La dea battezza con il suo nome, Junon, l'abito da sera per antonomasia, e ad esso lega per sempre il suo mito.

Nella tradizione Giunone rappresenta il matrimonio ed è per i romani portatrice della maternità: moglie di Giove, appartiene alla Triade Capitolina. Viene spesso associata agli animali in special modo ai volatili. Da questo aspetto Dior trae ispirazione per lo stile di questa sua creazione.

La gonna è formata da una miriade di petali totalmente incrostati di paillettes cangianti e degradanti nei toni chiaroscurali del cielo. La sua forza è data dal potente effetto sfumato di questi pannelli sovrapposti: petali evocatori dei medaglioni del pavone, caro al mito di Giunone.

Il pavone e la dea Giunone

Un pavone si presentò da Giunone, dolendosi del fatto che la dea non gli avesse concesso il canto dell’usignolo: “L’usignolo è meraviglioso per tutti gli uccelli, io invece vengo deriso non appena emetto la voce”. Allora, per offrirgli consolazione, la dea disse: “Ma tu vinci in bellezza, vinci in grandezza: lo splendore dello smeraldo rifulge sul tuo collo e dispieghi con piume variopinte la coda di gemme”. “A che scopo – disse il pavone – il destino mi ha dato una muta bellezza, se sono superato nel canto?”. Rispose la dea: “A discrezione del destino vi sono stati assegnati i ruoli: a te la bellezza, la forza all’aquila, all’usignolo la voce melodiosa, il (dono del) presagio al corvo, i tristi auspici alla cornacchia (ma anche: alla cornacchia gli auspici favorevoli, quando lei viene da sinistra), e tutti gli uccelli sono contenti delle proprie doti. Non aspirare a ciò che non ti è stato dato, affinché la speranza delusa non si trasformi in lamento”.

(Fedro)

La particolare concezione delle piume del volatile, ideata da Dior, rende l'abito totalmente degradante nei toni cangianti del blu e del grigio. I medaglioni, non possiedono l'occhio centrale, che caratterizza il piumaggio dell'uccello, ma solo la pigmentazione perimetrale dei pannelli che sembrano usciti da un accenno d'immersione nel colore. Alternati e sovrapposti creano l'ampiezza della gonna e la sua stessa evanescenza. In tale modo si accentua la sfumatura, e la visione del corpo scintillante, che governa l'impatto sullo sguardo dell'osservatore avvinto dalla potenza luministica e volumetrica di questo omaggio alle forme giunoniche dell'universo femminile.

Il concetto stesso di procace bellezza, della dea capitolina, s'impagina attraverso il rimando agli imponenti volumi delle gonne del Secondo Impero. La trasparenza del tulle di seta unita all'invasione totale delle superfici con decori polimorfici, nelle tonalità delle nuvole, rende la struttura croccante e al contempo acquarellata.

Il disegno scomposto, voluto da Dior, su ogni petalo, rappresenta la lirica visione di quelle schegge impazzite di uno specchio infranto dove il pavone vive del suo riflesso.

Quest'abito è il simbolo di quella ricchezza formale che travalica lo spazio ed il tempo e si pone come archetipo di bellezza e sogno assoluti. L'abito da sera “più iconico” della storia nasce dopo il conflitto mondiale e riporta il mito femminile al centro dell'attenzione.

Junon supera in rarefazione e luminosità il desiderio di ogni donna di divenire una stella. Tale realizzazione fu possibile perché Christian Dior diede valore al ricamo e al suo imponente ritorno nella moda dopo un lungo periodo di assenza.

La capacità della Maison Rebé, di realizzare le idee del couturier di Avenue Montaigne, portò nuova linfa alle esecuzioni più complesse della haute couture parigina rilanciando il concetto del ricamo e della grande artigianalità della moda.

Legate ad un nome della mitologia, che ne definiva l'ispirazione formale, queste creazioni suggerivano i temi dei grandi balli che si sarebbero svolti in quegli anni.

Venus e Junon simboleggiano un tempo cristallizzato che non conosce tramonto e si lega al “Mito” e alle sue “Illusioni”. Ancora oggi richiesti e ricercati dalla clientela internazionale vengono prodotti per reiterare l'onirica visione del ragazzo di Granville.

Perché ogni donna può essere una Dea... in Dior.

P.S.: Chiuri-Garrone docet...