Un articolo pubblicato sulla rivista Science riporta uno studio sulla diffusione e sulla concentrazione di microplastica causata dalla circolazione nelle profondità marine. Un team di ricercatori ha raccolto campioni dal fondo del Mar Tirreno e ha combinato i dati ottenuti con quelli relativi a modelli di correnti oceaniche e mappe di fondali per analizzare la distribuzione della microplastica. Il risultato è stata la scoperta di prove che le correnti oceaniche controllano la distribuzione di microplastica sui fondali marini. È stata anche scoperta la più elevata concentrazione di frammenti di microplastica conosciuta finora.

Il problema della plastica dispersa negli oceani, anche se spesso concentrata in quelle che sono diventate vere e proprie isole, è ormai ben conosciuto. Purtroppo, la plastica è diffusa nei mari in modo simile agli iceberg, nel senso che ne vediamo solo una piccola parte in superficie e non ne vediamo la maggior parte, sotto di essa. Nel caso della plastica, una buona parte può finire sui fondali rendendo ancora più difficile individuarla, per non parlare delle possibilità di bonifica.

Un problema che stiamo scoprendo negli ultimi anni è quello della microplastica, particelle spesso invisibili a occhio nudo che si disperdono in seguito alla frammentazione di grandi prezzi di plastica causata da sfregamenti o dall'azione dei raggi solari. Le ricerche sulla microplastica e sulle conseguenze della sua diffusione nelle acque di tutto il mondo sono aumentate notevolmente. In questo caso, oltre alla concentrazione di quei frammenti, i ricercatori guidati dal dottor Ian Kane dell'Università britannica di Manchester hanno cercato di valutare la sua circolazione seguendo le correnti delle profondità marine.

Questa ricerca si è concentrata nel Mar Tirreno con la raccolta di campioni dai fondali. I frammenti sono stati separati dai sedimenti marini e analizzati per stabilire di che tipo di plastica si trattasse. L'analisi dei dati raccolti è stata condotta combinandoli con quelli relativi a modelli di correnti oceaniche e mappe dettagliate del fondo marino.

L'analisi della microplastica scoperta sui fondali del Mar Tirreno ha rivelato che si tratta soprattutto di fibre di abiti e tessuti vari. Questa scoperta ha fornito un'informazione importante riguardo a questo problema: questi frammenti derivano da fibre più grandi che non vengono adeguatamente filtrate nei sistemi di trattamento degli scarichi fognari provenienti dalle case. Ciò significa che dovremmo prestare particolare attenzione a cosa gettiamo nel gabinetto e nei lavandini ed evitare assolutamente di gettare tessuti non completamente composti di fibre organiche.

Queste fibre di plastica possono posarsi lentamente sul fondo del mare o possono essere trasportate da correnti che possono essere anche forti fino a zone dove il mare è profondo. A quel punto, le fibre, o ciò che ne rimane, vengono trasportate da correnti vicine ai fondali che le concentrano mescolandole ad altri sedimenti. Sono le stesse correnti che trasportano acqua a elevato contenuto di ossigeno e sostanze nutrienti. Ciò significa che la microplastica tende a finire in aree dove ci sono importanti ecosistemi con organismi che mangiano anche questi frammenti e una volta che la microplastica entra nella catena alimentare può finire dovunque, anche sulle nostre tavole.

Questi risultati sottolineano la necessità di mettere in atto politiche che limitino l'immissione di plastica nell'ambiente naturale e minimizzino l'impatto negli ecosistemi. Sono provvedimenti complessi e nei decenni passati si è visto come le norme contro forme di inquinamento abbiano un iter lento. La situazione attuale con la plastica negli oceani è anche frutto di quella lentezza oltre che della scarsa civiltà di una parte della popolazione.

Le ricerche ormai continue ci stanno mostrando la gravità del problema sotto vari punti di vista ma il senso fondamentale è che plastica e microplastica costituiscono una forma di inquinamento che si aggiunge ad altre. Specie già estinte, specie in via di estinzione e altre in pericolo sono le conseguenze più visibili ma ce ne sono altre, a lungo termine. Il collasso di ecosistemi marini può avere conseguenze sulla catena alimentare perciò o cambieremo la situazione in modo significativo o in futuro avremo sempre meno pesce e altri animali marini da mangiare e quelli che troveremo conterranno sempre più microplastica.