In piena crisi pandemica è nato un movimento, il “Risorgimento giuridico”, patrocinato dalla Fondazione Cesifin Alberto Predieri, come reazione di un gruppo di studiosi del diritto pubblico al lockdown, per aprire in tempo reale un dibattito sull’impatto determinato dalla crisi sul sistema delle garanzie. Dopo aver affrontato con un webinar nell’aprile del 2020 le principali questioni poste dall’emergenza sanitaria, il successo del seminario e la grande partecipazione di pubblico hanno spinto gli studiosi ad interrogarsi sui problemi che il sistema Italia dovrà affrontare alla ripartenza.

Ho seguito un loro webinar dal titolo Mes o non Mes? Siamo bombardati, infatti, di notizie sui giornali, sui social, nei talk show su ogni canale TV o quasi, che però non aumentano la nostra conoscenza delle scelte che la politica fa per il cosiddetto bene comune. Perché succede questo? Per via delle fonti cui attingono quasi tutti i mezzi di informazione, traendo spunto da uno stesso comunicato, fatto di vaghe parole o di notizie incomplete.

Tornando al Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), inventato in sede UE e ratificato nel 2012 in Italia sotto il governo Berlusconi, è stato oggetto di numerosissimi dibattiti, continuati in tempi recenti quando, a seguito del Coronavirus, è stato trasformato - così dicevano le fonti di informazione - in uno strumento finanziario a fondo perduto per rifondare il servizio sanitario o implementarlo nelle parti rivelatesi carenti nell’emergenza.

Quasi tutti quelli che oggi ne parlano lo definiscono denaro a fondo perduto. Grant e non loan. Giornalisti ed economisti sono quasi tutti concordi, i politici sono divisi in due fazioni, ma senza fornire ai cittadini dettagli dai quali si capisca quali garanzie vengano richieste ai sottoscrittori. È chiaro che non si tratta di reticenza, ma di non conoscenza della materia. Anzi, è divenuto chiaro che i trattati europei debbono essere spiegati da giuristi, ed è ad essi che tutti i mezzi di comunicazione debbono rivolgersi per avere spiegazioni, prima di divulgare ai cittadini la materia. Anche gli economisti, intervenuti al webinar del 18 maggio, non hanno debitamente inquadrato l’argomento. La non conoscenza crea parti contrapposte, unicamente basate sulla dinamica governo-opposizione, che nulla hanno a che fare col merito delle decisioni.

In particolare il professor Alessandro Mangia, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha dato una definizione del Mes che spazza via la pretesa che sia uno strumento a fondo perduto. Si tratta di uno strumento bancario di diritto commerciale, creato da SFS, una società finanziaria lussemburghese. Svolge la funzione per cui è stato creato, cioè di pretendere garanzie da coloro cui è dato il denaro (non è quindi a fondo perduto, e neppure a condizioni generalizzate, ma “cucite” sull’economia di ogni singola Nazione). Non solo, se lo Stato che l’ha firmato con un rateo di interesse basso, subisce un tracollo economico, il prestito passerà, a insindacabile giudizio dell’UE, ad un tasso di interesse molto superiore. Per valutare l’opportunità per l’Italia di sottoscriverlo o meno, il professore ha commentato gli articoli chiave, art. 3, 136 3° comma e art. 19. Bisogna, a suo parere, intervenire sul regolamento di attuazione 472 e considerare che c’è la norma 122 di deroga in caso di emergenza. Il cambiamento del trattato Mes per l’emergenza COVID verte sul fatto che resta una linea di credito agevolata, ma è utilizzabile da tutti gli stati membri e non, come nel 2012, solo dai Paesi in crisi.

Va anche detto che Laura Agea, che ricopre la mansione di sottosegretaria per i Cinquestelle al Parlamento Europeo, intervenuta nel webinar del 20 maggio QFP (bilancio pluriennale dell’UE, ndr) e Recovery Fund, organizzato dall’Ufficio di collegamento in Italia del Parlamento Europeo, ha dimostrato una preparazione approfondita nell’illustrare il Mes. Quindi, non solo i giuristi, ma anche i responsabili della comunicazione ed i politici che si studiano ciò di cui parlano, possono illustrare utilmente un trattato, necessità inderogabile in tempi come questi, di rischio di tracollo economico.

È di questi giorni la notizia, data da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, di nuovi strumenti finanziari per gli Stati membri. Queste le sue parole:

Siamo in un momento decisivo. Non c'è più... l'equilibrio di prima (tra Paesi membri dell'UE, ndr). La Commissione Europea propone oggi un nuovo strumento di ripresa, il Next Generation Eu, per l'importo di 750 miliardi di euro che si aggiungerà al QFP per 1.100 miliardi di euro. E arriviamo al totale di 1.850 miliardi di euro. Oltre alle tre reti di sicurezza (safety nets, ndr) di 540 miliardi di euro concordate da Parlamento e Consiglio (Sure, a sostegno dell'occupazione; Mes per le spese dirette e indirette sanitarie; Fondo di garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei), ndr). E così lo sforzo di ripresa ci porta a 2.400 miliardi di euro in totale.

Al di là del suono ammaliante del comunicato, ci sarà, per quanto detto sopra, da studiare le clausole sottese a questa nuova proposta finanziaria. Non fermandosi ai nomi, visto che il Mes, detto anche Fondo salva Stati, è stato adottato dalla Grecia, con le conseguenze negative a tutti note.