Salve a tutti, oggi vi parlerò di uno dei più grandi pittori di tutti tempi di cui si celebra quest’anno il cinquecentenario dalla sua morte: si tratta di Raffaello Sanzio nato ad Urbino nel 1483 e morto a Roma nel 1520.
Una vita molto breve ma intensa la sua, costellata da tutta una serie di capolavori che hanno cambiato la storia della pittura e fatto di Roma la nuova capitale dell’arte a partire dal Cinquecento.
La formazione di Raffaello inizia nella bottega del padre Giovanni, anch’egli pittore, per poi passare sotto l’ala del Perugino.
Dal 1504 al 1508 trascorre quattro anni importantissimi a Firenze, dove si reca per studiare da vicino i due mostri sacri Leonardo e Michelangelo. Essi avevano ricevuto l’incarico dal podestà Soderini di realizzare due affreschi per la grande sala del consiglio di Palazzo Vecchio.
Dopo il periodo fiorentino si trasferisce a Roma dove vivrà gli ultimi 12 anni della sua vita fino al 6 di aprile del 1520, quando si spenge alla giovane età di 37 anni.
Nella città eterna realizza le opere che lo renderanno famoso per l’eternità, come gli affreschi delle Stanze papali su incarico del Papa Giulio II, e quelli del Trionfo di Galatea per il ricchissimo banchiere Agostino Chigi.
Dipinge anche molti ritratti entrati di diritto nella storia della pittura per la sua capacità di cogliere l’aspetto psicologico dei soggetti rappresentati. I più importanti sono quelli dei due Papi Giulio II e Leone X e del bibliotecario papale e amico Fedra. In quest’ultimo si nota una vena ironica; Raffaello, infatti, lo rappresenta alla maniera degli evangelisti, mentre dirige lo sguardo verso l’alto in cerca dell’ispirazione, che purtroppo non arriverà mai in quanto Fedra era strabico. Molto belli sono anche quelli femminili come la Madonna della Seggiola e la Velata nei quali oltre all’aspetto psicologico colpisce la cura con cui vengono trattati gli indumenti.
Non bisogna poi dimenticare l’ultima opera di questo immenso artista, vale a dire la Trasfigurazione ospitata nei Musei Vaticani, un capolavoro portato a termine alcuni giorni prima della prematura morte.
Vorrei parlarvi adesso di un dipinto realizzato durante il suo soggiorno fiorentino e attraverso la sua analisi mettere in luce le caratteristiche che hanno reso la sua opera altissima. Si tratta della Madonna del Cardellino, un’opera a olio su tavola realizzata verso il 1505 per Lorenzo Nasi, un mercante fiorentino suo amico, e conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Iniziamo dalla composizione triangolare formata dalla Vergine al centro con il Bambino Gesù e il piccolo Giovanni Battista ai due lati. Per tale composizione si ispira al grande Leonardo, che l’aveva applicata per la prima volta nella famosa Adorazione dei Magi, opera incompiuta dipinta nel 1482.
Era innata in Raffaello la capacità di lasciarsi ispirare dai migliori; se, infatti, per la composizione triangolare si rifà al genio di Vinci; per la rappresentazione degli alberi è Perugino la fonte. Guardate in secondo piano i tre alberi, essi ricordano in modo impressionante quelli dipinti in molte opere del grande maestro di Perugia.
Altra caratteristica delle opere dell’Urbinate è la potenza dello sguardo delle figure rappresentate. Concentratevi sui volti dei tre personaggi, lo sguardo della Vergine rivolto a Giovannino è dolce ed allo stesso tempo preoccupato perché lei sa, il futuro che lo aspetta, sarà lui infatti il primo a morire per mano di Erode. Gesù Bambino e Giovannino, invece, si scambiano occhiate piene di tenerezza, amore e comprensione perché anche loro conoscono il loro destino di sofferenza e morte.
E ammirate adesso il piede di Gesù su quello della madre, una scena di questo tipo è l’essenza del Rinascimento, dove le emozioni, la naturalezza del gesto del bambino dominano la scena. Molto bella è anche la carezza di Gesù rivolta all’attore principale di quest’ opera. E sapete chi è? Il cardellino. Se vi posizionate, infatti, di fronte all’immagine, i vostri occhi andranno a cogliere questo piccolo volatile, che Raffaello pone esattamente al centro della composizione.
Gli animali in pittura hanno sempre avuto una grande importanza, il cane è il simbolo della fedeltà, il gatto del diavolo, il cardellino, invece, rappresenta un messaggio di speranza. Secondo una fonte agiografica esso era l’uccellino che volava intorno alla croce durante la crocifissione, quando una goccia di sangue da una ferita di Cristo gli cadde sulla testa lasciandogli una macchia rossa, che divenne la caratteristica del cardellino. Esso venne così a rappresentare la speranza nella Resurrezione di Cristo ed occupa la posizione centrale.
In secondo piano vediamo un bellissimo panorama rurale con la città di Firenze alla sinistra della Vergine. Si notano poi le mura e la cattedrale di Santa Maria del Fiore con la sua cupola che domina il panorama. Alla destra invece vediamo la campagna con un bellissimo fiumiciattolo.
Tutto appare calmo, perfetto e trasferisce nell’osservatore un senso di pace incredibile. Il tratto di Raffaello è soave, gli effetti chiaroscurali di una naturalezza ineguagliabile e quello che colpisce di più e l’armonia che il pittore riesce a creare tra le figure e il paesaggio, si amalgamano in un modo incredibile mantenendo però la loro autonomia e la loro forza.
Questo è Raffaello da Urbino che riposa all’interno del Pantheon di Roma, uno degli artisti italiani che hanno fatto la storia del Belpaese.
Alla prossima!