Mi è capitato di presentare quest’anno il Concerto di Natale organizzato dal Circolo Sardo Grazia Deledda nella Sala Consiliare Pietro Nenni di Ciampino. Si trattava di un Coro Sardo di Tempio Pausania, il Coro ‘Gavino Gabriel’. Allora mi sono chiesta chi fosse davvero questo Gavino Gabriel e ho scoperto una figura interessante. Gabriel era un compositore ed etnomusicologo sardo nato nel lontano 1881 proprio il giorno di Ferragosto a Tempio Pausania e vissuto per ben 99 anni.

Questa è un’età molto importante nella storia biblica. Infatti, Abramo aveva 99 anni quando Dio gli apparve ancora una volta, gli disse che avrebbe avuto un figlio con sua moglie Sara che era sterile e gli cambiò il nome da Abram in Abraham, estendendo in questo modo il significato del nome originario da "glorioso padre" a "padre di una moltitudine". E Gavino Gabriel è stato davvero il padre di una moltitudine di Musicisti, della Musica Sarda, dei Canti di Sardegna, insomma uno studioso inesauribile. Se non fosse stato per lui molti Canti sarebbero andati perduti nel disfacimento del tempo, invece, grazie alla sua passione sono giunti fino a noi. Egli è infatti l’autore dei Canti di Sardegna. Sapete che imitando i suoni della Natura, i pastori sardi sono stati capaci di inventare Canti diventati patrimonio orale e immateriale dell’umanità? Sono un Bene protetto dall’Unesco: Sardinian Pastoral Songs, noti ormai in tutto il mondo, nascono da tempi lontanissimi per riprodurre i suoni della Natura: ‘sa contra’ riproduce il verso della pecora, ‘sa mesu boci’ il belato dell’agnello, ‘su bassu’ il muggito del bue, mentre ‘sa boci’ del solista interpreta l’uomo forte che è riuscito a dominare la Natura stessa.

Gabriel studiava in particolare i Canti della Gallura, il sistema tradizionale gallurese “a tàsgia”: ancora oggi il Coro Gavino Gabriel è composto dai quattro o cinque tasgiadori, Giuseppe Sotgiu - bassu/boci (basso e voce portante); Antonio Ziruddu - boci/trippi (voce e contralto); Mario Ortu – contra (baritono); Mauro Mascia - trippi/contralto; che vengono il più delle volte accompagnati da Antonello Pala alla chitarra sarda e Piermario Patittoni alla Cetara.

Rispetto alle altre pratiche di canto polivocale del resto della Sardegna il sistema gallurese si differenzia per la totale mancanza del timbro laringale nell'emissione della voce, per gli interventi di tutti i coristi nel cantare parti del testo e per la ricerca di un’uniformità timbrica fra le voci. In realtà fino all’inizio del secolo scorso le voci gravi come Contra e Grossu conservavano il timbro laringale come il Canto a Tenore, Cuncordu, Cuntrattu, etc. indistinguibili per la solida radice comune che li caratterizza, ma l’utilizzo del Canto a tasgia nelle cerimonie sacre, dove tutti i cantori cantano "le parole" invece di emettere i semplici "bom bom", ha modificato questo sistema.

La cosa che colpisce è l’intensità della voce complessiva del Coro che segue armoniosamente il ritmo e la tonalità della voce solista e che amplifica in maniera smisurata le voci dando la sensazione che a cantare sia una moltitudine. Gavino Gabriel era anche lui una moltitudine di uomini insieme, un ecclettico che si occupava di musica, tradizioni popolari, letteratura, nuove tecnologie di riproduzione del suono ed educazione musicale della collettività. Visse a Firenze dove, con lo pseudonimo di Abìsalu (in gallurese "indovinalo"), collaborò alla Voce diretta allora da Giuseppe Prezzolini, il quale lo riteneva un uomo straordinario e lo esaltava dicendo: “La meraviglia di Gabriel è quella di essere un uomo preistorico insieme con uno moderno. Pare che venga direttamente dai Nuraghi: ma ci fa osservazioni prettamente attuali”.

Era molto stimato dal poeta Gabriele D’Annunzio e da tanti altri. L’Antropologo Francesco Alziator (inizialmente si schierò con i fascisti ma nel 1943, dopo la morte del padre sotto i bombardamenti americani, cambiò idee politiche assumendo idee di sinistra e posizioni anti-aristocratiche) che come lui aveva frequentato il Liceo Classico G. M. Dettori di Cagliari lo descrive da un lato come un uomo concreto che compone musica o scrive, dall’altro: “Vi è un altro straordinario e imprevedibile Gabriel, non sai se mago o stregone, un po’ aedo, un po’ hidalgo; un complesso, inclassificabile miscuglio di Tiresia e Ipponatte, Mastersinger e cavaliere, voce e coscienza dei Sardi”. Dalle sue parole emerge una figura che paragona ad una ‘forza elementare della natura’, oppure a ‘un personaggio come quelli che affollano la mente della Deledda’, insomma: “Una creatura senza tempo, che perciò della sua terra poteva essere voce, fantasia, cuore e coscienza. Un antico dio marino, in doppio petto scuro, che parlava tra le tempeste che, forse, lui stesso poteva suscitare e placare”.

L’Archivio Gabriel, custodito a Tempio Pausania presso la sede dell'Accademia popolare gallurese Gavino Gabriel, dopo il suo decesso, è stato rilevato, ormai da una trentina d’anni, da Giuseppe Sotgiu, attuale Presidente e Socio Fondatore dell'Accademia che ne cura la conservazione e l’arricchimento. Sotgiu - che per tanti anni si è occupato di stampa e quindi è un esperto delle grammature e dei tipi di carta - è stato capace di integrare il materiale che gli aveva messo a disposizione la famiglia, con altri documenti reperiti nei mercatini e nei posti più impensati. Sono stati riuniti documenti scritti, spartiti, partiture, schizzi, abbozzi musicali, fotografie, varie raccolte musicali di tradizione orale della Sardegna e qualche incisione discografica di canti popolari interpretati dallo stesso Gabriel.

Nell’opera più importante di Gabriel La Yura (Il giuramento ordalico). Cinque quadri di vita sarda in Gallura, i cantanti, l'orchestra e il coro sono affiancati appunto da un coro ‘a tàsgia’, che esegue quest’antica pratica di canto improvvisato a cinque voci.

Ma Gavino Gabriel era anche tanto altro. Fu l’ideatore ed il fondatore della Discoteca di Stato (e primo Direttore) dove vi è la più grande raccolta di canti e musiche tradizionali della Sardegna e se si considera che detto progetto fu attuato in pieno regime fascista, il merito di Gavino Gabriel risulta ancora più significativo in un momento in cui il canto e la musica tradizionale era sottoposta ad una censura assai rigida. E, anche se pochi lo sanno, egli collaborò attivamente nel Dopoguerra alla complessa e discussa Riforma Gentile che si poneva lo scopo di un’intensa opera di alfabetizzazione popolare e della realizzazione di un modello innovativo di scuola elementare.

Egli scrisse intorno al 1924 Il Grammofono educativo e Programmi didattici col Grammofono educativo, un testo dove espone le sue idee circa l’apprendimento della musica basato sull’ascolto, sulla ginnastica ritmica e non solo sulla pura teoria. Infatti sosteneva che: “I bambini sono miniere da esplorare e non sacchi da imbottire”. Si occuperà di questo tema chiave elaborando un trattato di rieducazione dei maestri elementari e nel 1962 verrà portato nelle scuole uno sperimentale Corso di educazione musicale che prevedeva sei dischi a corredo con tutti i movimenti da effettuare per prepararsi al Canto e all’incanto della Musica.

Conobbe Giovanni Treccani nel 1925 tanto che presso la sua società Phonos fondò la rivista discografica Il Suono, che ebbe però vita brevissima. Infatti fu presto licenziato, ma, essendo amico del filosofo Ministro Gentile fu subito incaricato nel 1936 di compilare la voce “Musica” nelle pagine dell’Enciclopedia Italiana Treccani dedicate alla Sardegna (vol. XXX). E proprio nelle Biografie della Treccani egli viene definito come: “Uno dei più intraprendenti pionieri della scienza etnomusicologica in Italia. Sensibile alla necessità di un'indagine diretta, si dimostrò attentissimo ai più moderni sistemi di ricerca, sostenendo tenacemente la registrazione sonora dei canti popolari, intesa come problema metodologico e non puramente tecnico”. Infatti, si devono a lui i primi dischi (incisi su 78 giri) di musica popolare, opera concreta tra le incertezze in cui navigavano nel 1922 gli studi sul folklore musicale.

Mentre il tempiese Bacchisio Fancello, un fotografo proprietario di tre cinema, nelle sue ricerche aveva inventato il sincronismo della pellicola, visto che nei film l’immagine arrivava prima e il sonoro dopo, in contemporanea Gavino Gabriel realizzò il primo filmato che sincronizzava immagine e sonoro.

Forse nessuna definizione di Gabriel è migliore di quella che fa egli stesso nell’introduzione del suo libro Cardi Sardi: “Nella valle di Balàscia, scavata fra costole dirupate del Limbara, nell’alta Gallura si accampava ai tempi della mia infanzia una torma di asini selvatici, splendidi ma esiziali campioni d’indipendenza, che distruggevano orti e seminati e, catturati, ricalcitravano indomabili a ogni fatica. I pastori agricoltori, decisa la campagna di liberazione, li abbatterono tutti meno uno, sterminando la razza. Io, l’ultimo asino di Balàscia scampato alla strage, ritornando da un vagabondaggio semisecolare per il mondo alla mia sconfinata se pure minuscola tanca natìa, ho trovato i pascoli verdi della mia giovinezza tramutati in aridi campi di “caldiccia”, di isradicabili cardi selvatici”.

Si racconta che Gavino Gabriel avesse spesso bisogno di rifugiarsi nella sua ‘tanca’, tra le Sughere e il Muschio Verde, per recuperare il contatto con la sua Terra, con i suoni della Natura, con i fruscii intonati e selvaggi del vento.