Mostra a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli, si tiene alle Gallerie degli Uffizi, nell’Aula Magliabechiana, fino al primo marzo 2020. Densa di rimandi alla società in cui questo poliedrico personaggio, nato nel 1492 ad Arezzo, si muove. Sono i luoghi simbolo del Rinascimento, la Roma dei papi della famiglia Medici, la Mantova dei Gonzaga, la Venezia del doge Gritti, la Firenze dei duchi Alessandro e Cosimo I, ma anche Urbino, Perugia, Arezzo, Milano. Dopo studi iniziali di pittura, si rese conto che il suo talento era la scrittura. E fu poeta, commediografo, drammaturgo, sferzante penna satirica, consigliere di potenti, talent scout di grandi artisti ed esercitò la sua grande influenza sul fervido mondo culturale della prima metà del Cinquecento. Proprio per la frequentazione di artisti quali Tiziano, Raffaello, Parmigianino, che lo ritrassero nelle loro opere e con i quali intratteneva fitte e appassionate corrispondenze epistolari, ebbe da loro “lezioni” sul processo creativo e sulle tecniche usate, cosa che gli servì per comprendere sempre meglio le opere degli artisti e per esserne spesso consigliere. L’unico che non lo ascoltava e non lo temeva, con sua enorme contrarietà, era Michelangelo.

L’Aretino fu uomo di indiscussa cultura, intelligenza e capacità di relazionarsi con i potenti, ma la raccolta di sculture, dipinti, oggetti di arte applicata che egli, di umili origini, possedeva, sta anche ad indicare che, per il suo scrivere di arte da posizioni critiche, fu omaggiato di loro opere da parte di molti artisti, allo scopo di accattivarsi la sua benevolenza di giudizio. Diverso il rapporto con Tiziano, che considerava pittore sommo. Si racconta che lo splendido ritratto, ora in mostra, che Tiziano gli fece e di cui egli fece dono al duca Cosimo I de Medici , fu accompagnato dalle parole “ Tiziano le fa sapere, attraverso di me, che può dipingere ancor meglio, a fronte di un pagamento adeguato”.

Fu anche amico di altri della famiglia Medici, dal condottiero Giovanni dalle Bande Nere, ramo morganatico dei Medici, al cardinale Giulio de’ Medici, che lo portò a Roma alla corte di Papa Leone X. Sono stati fatti molti studi sui rapporti fra Pietro Aretino e Vasari, molto interessanti per capire meglio il potere che aveva al tempo l’Aretino.

1537, agli inizi di una nuova carriera intrapresa dal Vasari, dopo l’assassinio di Alessandro de Medici, suo protettore, per Vasari dovette rappresentare una grande soddisfazione che il suo nome fosse reso noto da un illustre letterato e mercante d’arte come Pietro Aretino. Ma le cose mutarono, senza più ritornare quello che erano state, nel 1545. Secondo il Vasari, cui Aretino aveva rivolto critiche prive di fondamento, furono un attacco contro Michelangelo e lui stesso, organizzato dall’Aretino per destabilizzare la scuola toscana (Vasari si apprestava a scrivere le Vite celebrando proprio la scuola toscana ) a favore della pittura veneta a Roma, e in particolare del grande amico Tiziano.

Gli Uffizi dedicano a Pietro Aretino, per la prima volta in assoluto, questa grande mostra arricchita di importanti prestiti di musei internazionali. Il percorso espositivo raccoglie oltre cento opere tra pittura, grafica, libri a stampa, scultura, arti decorative, che raccontano la vita e lo spirito di Aretino. Noto ai più soltanto per i suoi Sonetti lussuriosi, caratterizzati da contenuti esplicitamente pornografici che lo resero immediatamente famoso tra i suoi contemporanei, e messi all’indice da parte della censura, viene mostrato qui in tutte le sfaccettature di una personalità geniale, colta e propositiva di novità.. E’ presente alla Magliabechiana, oltre all’edizione originale dei Sonetti(illustrata a Venezia su ispirazione dei disegni eseguiti da Giulio Romano), miracolosamente scampata ai roghi, una ricca selezione epistolare testimone dell’altra grande produzione di Aretino, costituita dall’immenso corpus di oltre 4000 lettere attraverso le quali l’intellettuale toscano ebbe modo di parlare e condividere le proprie idee con i principali protagonisti della sua epoca. Nella loro caratteristica di storia in presa diretta, le Lettere - per la prima volta redatte per essere pubblicate e diffuse a una crescente platea di lettori - sono un colossale giornale ante litteram, in cui i pensieri dell’Aretino sulle arti assumono l’aspetto di vere e proprie recensioni, ponendosi dunque alle basi della nascita della moderna storia e critica dell’arte.

Completiamo questo breve resoconto di una mostra molto complessa, che sarà ancora più godibile se vista con una visita guidata o se preceduta dalla lettura del Catalogo Giunti, con alcuni brani tratti dalle Lettere, per conoscere lo stile di questo originale autore.

Mi dicono ch'io sia figlio di cortigiana; ciò non mi torna male; ma tuttavia ho l'anima di un re. Io vivo libero, mi diverto, e perciò posso chiamarmi felice. - Le mie medaglie sono composte d'ogni metallo e di ogni composizione. La mia effigie è posta in fronte a' palagi. Si scolpisce la mia testa sopra i pettini, sopra i tondi, sulle cornici degli specchi, come quella di Alessandro, di Cesare, di Scipione. Alcuni vetri di cristallo si chiamano vasi aretini. Una razza di cavalli ha preso questo nome, perché Papa Clemente me ne ha donato uno di quella specie. Il ruscello che bagna una parte della mia casa è denominato l'Aretino. Le mie donne vogliono esser chiamate Aretine. Infine si dice stile aretino. I pedanti possono morir di rabbia prima di giungere a tanto onore

Io non son cieco ne la pittura, anzi molte volte e Rafaello, e fra Bastiano [del Piombo], e Tiziano si sono attenuti al giudizio mio. Perché io conosco parte de gli andari antichi e moderni

Divino in venustà fu Raffaello, E Michel Agnol, più divin che umano, Nel disegno stupendo; e Tiziano, Il senso de le cose ha nel pennello. Forma paesi in rilievo sí bello Che ne stupisce il d’apresso e il lontano, Fa vivi e pronti la sua dotta mano Ogni animale, ogni pesce, ogni uccello. Le linee poi nei lor propri giri Sí ben tondeggia che il dose [=doge] dipinto Par che parli, che pensi e che respiri.

(Dalle Lettere di Pietro Aretino)