Io ho bisogno di qualcuno che abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso.

(Chuck Palahniuk)

Spesso mi hanno posto domande del tipo: “Come mai io lo amo tanto e lui non mi ricambia?”, oppure “Perché mi tratta così male se io faccio tutto quello che mi chiede di fare?” o “Ma cosa gli avrò mai fatto per essere trattata così? Secondo te ha un’altra?” e potrei andare avanti con l’elenco, perché quando l’amore non è ricambiato si arriva al punto di esaurirsi per andare alla ricerca del motivo per cui il partner sembra improvvisamente cambiato da un giorno all’altro, senza alcuna ragione. Ed è così che comincia il rimuginio ossessivo, all’origine di tanti disturbi d’ansia e della depressione.

Rimuginare, infatti, significa preoccuparsi delle cose negative che possono accadere, ma anche riflettere continuamente sui propri errori, sulle cause, sulle conseguenze, su ciò che desideriamo e non abbiamo, sulle ingiustizie subite, sul nostro malessere, sulla nostra sfortuna, su ciò che non approviamo di noi stessi e degli altri. Il rimuginio ci isola dalla realtà, trattiene informazioni spiacevoli e dolorose e ci impedisce di dimenticare. In sostanza, impedisce di andare oltre un brutto pensiero o una sensazione spiacevole. E più ci rinchiude la mente, più noi ci deprimiamo a causa di quel pensiero o preoccupazione costante che rimbalza da un lato all’altro della nostra mente. Rimuginare su un fatto, una persona, una situazione, una preoccupazione, non fa altro che rafforzare quel pensiero e renderlo reale. Infatti, si finirà con il proiettarlo all’esterno e l’universo ce lo presenterà nella realtà. Nel caso specifico dell’amore non corrisposto, le domande tipo quelle sopracitate, non fanno altro che trasformare il pensiero in una vera e propria fissazione.

Prima di addentrarmi nello specifico, vorrei spendere qualche parola per chiarire cos’è l’amore. Si tratta di un profondo sentimento che lega due cuori l’uno all’altra. Un sentimento che, quindi, presuppone la partecipazione di due anime che si incontrano, si amano e decidono di comune accordo di intraprendere un cammino congiunto. Tuttavia, a volte ci si innamora senza essere ricambiati. E allora, in una situazione del genere, riversiamo tutte le nostre energie sul nostro oggetto d’amore, ma a senso unico. Vivere un amore non ricambiato significa vivere una storia dove dall’altra parte non c’è qualcuno che ricambia e che da un senso al nostro sentimento e questa condizione porta a fare un’esperienza del rifiuto e a provare, di conseguenza, un profondo senso di vuoto e sofferenza.

Sicuramente sarà capitato a molti di noi e ciò è normale. Tuttavia, può diventare il segnale di qualcosa che non funziona, quando si trasforma in una vera e propria fissazione, quando, nonostante la realtà, non accettiamo che il nostro sentimento sia a senso unico, quando non riusciamo a tornare a investire su di noi e sulla nostra vita, quando innamorarsi senza essere corrisposti non è un episodio isolato, ma una situazione che si ripete ciclicamente. Quando si arriva a ripetere il copione in tutte le storie, occorre domandarsi cosa sta accadendo. Infatti, potrebbero esserci delle difficoltà da superare, tra cui una bassa autostima, che ci induce a sentirci attratti da persone che ci danno poco o niente, una mancanza di affetto nella famiglia d’origine, nell’infanzia o nell’adolescenza, che ci spinge a ricercare un legame a ogni costo pur di non sentirci soli, una tendenza a stare più nella fantasia che nella realtà e una difficoltà nel costruire una relazione matura e reale.

Come facciamo a vivere un amore non ricambiato? Semplice, in diversi modi: per esempio, innamorandoci di chi non ricambia il nostro sentimento, continuando a innamorarci di persone non libere o non disposte a vivere il rapporto con lo stesso trasporto che vorremmo. Questa esperienza generalmente la si vive in età adolescenziale o adulta e la nostra maturità o stabilità personale può averci aiutato a superarla in qualche modo. Tuttavia, quando si ha una bassa autostima, questa situazione potrebbe condurre alla depressione, facilmente superabile con il ripartire da zero un po’ alla volta, ricostruendoci una vita e provando a non chiuderci, facendo leva su tutte le nostre risorse individuali e relazionali in nostro possesso. Invece, nel caso in cui l’amore non corrisposto diventa il tema di un copione deleterio, allora si avrà necessità di lavorare sulla propria autostima per arrivare a riconoscere che meritiamo di vivere una storia vera, dove ci sia scambio e partecipazione da entrambi i lati.

A volte bisognerà imparare a costruire delle relazioni vere e proprie, in quanto molte volte si costruiscono storie fantasiose, facendosi trasportare dalle emozioni del momento, ma non avendo la minima idea di chi sia dall’altra parte. E, il più delle volte, si tratta di persone che non sono adatte a noi. A volte viviamo un amore non ricambiato solo per recuperare dei crediti non riscossi nell’infanzia o adolescenza, ma lo facciamo rafforzandone la mancanza. Infatti, potremo avere la tendenza a scegliere persone che non ci vogliono, perché, appunto, siamo abituati a questo e lo ricreiamo. Non sappiamo cosa significhi essere corrisposti e stare in una storia reale e, in tal modo, continuiamo a ripetere la stessa mancanza. Ed è così che, purtroppo, spesso ci si imbatte in persone a loro volta alla ricerca disperata di amore per colmare le proprie lacune infantili, per sopravvivere, dal momento che hanno costantemente bisogno di chi si dedichi a loro interamente, che li idolizzi, che li faccia sentire indispensabili e che li metta al centro della propria esistenza e del proprio essere.

Si tratta di persone narcisiste, mentalmente disturbate, che amano a tal punto se stessi da non desiderare altro che lo schiacciamento di chi gli sta intorno, a cominciare dalla persona che gli sta accanto. Va da sé che l’incastro con la dipendente affettiva in cerca di colmare la sua mancanza di attenzioni e di amore, è “perfetto”. Peccato che porterà presto alla distruzione di entrambi, in quanto, l’uno finirà depresso e l’altra sarà completamente svuotata della propria personalità e logora mentalmente e fisicamente. Infatti, abuso e violenza possono nascere da una relazione di dipendenza affettiva.

A tal proposito, vorrei citare Monica Acquaria, autrice protagonista di un’autobiografia da me letta di recente e che, tra l’altro, è stata premiata al Concorso Speciale Donna 2019 non solo per il tema trattato, ma soprattutto per il modo in cui esso è stato trattato. Infatti, l’argomento riguarda proprio l’abuso e la violenza all’interno di questo tipo di relazione “tossica” e l’intento di Monica Acquaria é quello di prevenire il fenomeno e informare sugli strumenti a sostegno e tutela delle donne vittime di violenza, ancora oggi, nonostante le dinamiche di sviluppo della civiltà. Spesso l’omicidio è l’ultimo stadio di un percorso che ha origine dalla violenza psicologica. La mancanza di rispetto non si evidenzia soltanto attraverso violenza fisica e soprusi, ma a volte possono esserci forme di abuso più subdole e silenziose. Ed è da qui che bisogna partire se si vuole fermare un fenomeno in costante crescita.

Monica Acquaria, attraverso la sua esperienza personale, ha cercato di spiegare cosa sia la dipendenza affettiva, quali i segnali per riconoscerla, le dinamiche psicologiche che imprigionano dentro una relazione tossica, in termini di emozioni, comportamenti e pensieri e fornisce anche suggerimenti per allontanarsi immediatamente da partners sbagliati. Purtroppo, quando si parla di maltrattamenti e femminicidi, difficilmente si chiarisce che, dietro tali gesti estremi, si cela una dipendenza affettiva. La gente troppo facilmente giudica l’operato altrui, soprattutto nelle relazioni, quando si rimane sconcertati all’ascolto di tali notizie e il commento è sempre il solito: “Avrebbe dovuto mollarlo prima” o “Se l’è cercata! Avrebbe dovuto chiudere la relazione prima che lui diventasse violento” o altri similari. Bisognerebbe imparare a non giudicare gli altri perché non si conosce la loro storia oppure la situazione perché non si sa cosa si cela dietro di essa.

Quando sei dipendente affettiva (e, il più delle volte, inconsapevolmente), la decisione di mollare il partner è difficile da prendere, pure se è evidente agli occhi di tutti. Per evitare ciò, bisognerebbe insegnare a non cadere nei falsi miti dell’amore, perché l’amore non ha nulla a che fare con la paura, l’ansia, il senso di colpa, l’umiliazione, la denigrazione, la svalutazione, la vergogna, la solitudine, e, soprattutto, l’amore non ammala, non annienta e non logora. L’amore non è violento e, quindi, niente può giustificare questi gesti, l’amore è rispetto e libertà dell’altro, nutrimento reciproco, è certezza, è sentirsi protetti e al sicuro, è crescere come coppia insieme, all’interno di una relazione sana, fatta di rispetto, fiducia, ascolto e solidarietà. Nelle relazioni tossiche, invece, mancano dialogo, rispetto ed empatia e puoi rendertene conto solamente diventando consapevole.

“E tu puoi diventare consapevole come me, se non ti lasci ingannare dalla falsità del suo amore riversato su di te, direttamente dalla scena di una love-story mal copiata. Fai attenzione alla sua troppa sicurezza, al suo eccessivo egocentrismo, alla troppa riservatezza, al troppo perbenismo, alla troppa gentilezza, alla gelosia morbosa, ma, soprattutto, agli scatti improvvisi di impazienza e di rabbia, in situazioni assolutamente normali. Non credere al Principe Azzurro venuto a salvarti, non cadere inerme nelle sue braccia alla prima moina: studia prima il suo comportamento nei minimi particolari, e se hai un sospetto, indaga sulla sua famiglia di origine. Da lì partono i guai. Allontanati, prima ancora di arrivare sull’orlo del precipizio. Piuttosto, fai in modo che sia lui ad arrivarci, e aiutalo a cadere giù. Poi, rimani lì, a guardarlo precipitare nel vuoto della sua follia” (Monica Acquaria, Una relazione tossica).