Posso avere anche centomila persone, alle spalle: non me ne accorgo. Sono troppo concentrato, sono solo. Solo, fino agli applausi conclusivi. Allora tutto si scioglie. Il miracolo s’è ripetuto un’altra volta. E posso passare anch’io dalla parte del pubblico.

Queste le parole di Ennio Morricone. Nel 1928 la sua nascita, la nascita dell’uomo che oggi, nel 2019, viene comunemente chiamato il maestro.

Dopo essersi diplomato a Roma, presso il Conservatorio di Santa Cecilia, Morricone inizia il suo viaggio personale, attraverso la scrittura di colonne sonore per innumerevoli pellicole cinematografiche (quasi cinquecento) e serie Tv.

Nel corso degli anni, il compito del compositore è stato quello di guidare il pubblico alle sue spalle con un unico strumento, la musica. Morricone è riuscito nella sua impresa e ancora oggi porta avanti il suo obiettivo, guidando lo spettatore, invitandolo a partecipare alla proiezione in corso sullo schermo, a prenderne parte, travolgendolo con il semplice scatenarsi dell’empatia.

La carriera di Morricone si presenta, quindi, come un viaggio attraverso numerosi generi di cui si è fatto portavoce. Dalla fantascienza al thriller, dall’horror (si pensi alla collaborazione con Dario Argento) passando per il melodramma e le pellicole storiche.

Innumerevoli collaborazioni hanno reso la carriera di Ennio Morricone più importante di quanto già essa non si presentasse. Sin dai primi anni Sessanta prende vita l’epico sodalizio con il regista e vecchio amico d’infanzia, Sergio Leone, con la composizione delle musiche per la pellicola Per un pugno di dollari (1964) alla quale seguirono i successivi capitoli della serie di spaghetti-western, Il buono, il buono, il cattivo (1966), C’era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971). Una collaborazione d’oro, o per utilizzare le parole dello stesso regista “un matrimonio”, che trascende spazio e tempo sino ad arrivare all’ultimo gangster-movie del regista romano, C’era una volta in America (1984). Nella New York del 1933, nell’epoca del proibizionismo, Sergio Leone narra, in un lasso temporale di circa quarant’anni (dagli anni Venti ai Sessanta), la vita del criminale David “Noodles” Aaronson e del suo passaggio dal ghetto ebraico alla malavita organizzata newyorkese. Celebre in quest’ultima pellicola è il Tema di Deborah. A quest’ultima, la donna di cui abuserà il protagonista del film (interpretato da Robert De Niro), è dedicata la colonna sonora dell’intero film.

Con una collaborazione ormai consolidata, era certo che a Ennio Morricone spettasse la scrittura delle musiche per l’ultima pellicola di Sergio Leone. Proprio per questo motivo la colonna sonora era stata commissionata con largo anticipo, in tal modo, essendo già pronta, questa veniva ascoltata sul set durante il periodo di riprese. Così, sulle note di un tragico addio (quello tra “Noodles” e la giovane Deborah), il maestro sconvolgerà l’animo dello spettatore. Attraverso lo spartito di un amore destinato a non sbocciare, Morricone travolgerà l’animo dello spettatore, disarmandolo di ogni cosa tranne che dell’empatia.

Oltre la collaborazione con Sergio Leone, tra le più importanti possiamo ricordare quella con Bernardo Bertolucci con la scrittura delle musiche per Prima della rivoluzione (1964) e Partner (1968). Si ricordi ancora quella con Marco Bellocchio, De Seta, Patroni Griffi, Pier Paolo Pasolini, Gillo Pontecorvo, Carlo Lizzani e, come precedentemente accennato, con Dario Argento.

Nel mondo creato dal compositore si vaga attraverso inni d’amore, nostalgiche melodie, avventure tumultuose e archi minacciosi, si vaga ancora tra pellicole di nicchia o pellicole destinate al grande e famoso schermo. Nulla ha più importanza della musica, di quelle note scritte a mano dallo stesso compositore (punto a favore della figura del maestro). Non vi sono scene di pellicole cinematografiche che le musiche di Ennio Morricone non possano riportare alla mente, non esistono note che non possano emozionare ancora oggi, dopo decenni di grandezza.

Si pensi alla pellicola Mission, diretta da Roland Joffé nel 1986, vincitore della Palma d’Oro al 39° Festival di Cannes, nella quale la colonna sonora ideata dal compositore ruota totalmente attorno all’importanza della musica. Essa è vista sotto due grandi riflettori, in netto contrasto tra loro: da un lato la musica come salvezza e dall’altro la stessa musica vista come simbolo dell’oppressione coloniale. Un conflitto tra i due modi di fare e udire quella stessa musica, di ascoltarla e farla propria. Un contrasto che sorge nell’animo dello spettatore, così come nell’animo dei personaggi la cui vicenda viene posta in essere sullo schermo. L’immagine di questo tumulto interiore è ben presto messa in evidenza nella scena finale della pellicola, lì proprio dove Joffé abbandona un violino rotto alle timide onde di un fiume in piena. Il tema principale dell’intera colonna sonora rimane Falls, uno dei più celebri brani nella carriera di Morricone, utilizzato per diverse pubblicità. Con la scrittura di queste musiche, Morricone, si aggiudicherà nel 1986 la candidatura per il Premio Oscar per le musiche, ma vincerà il Golden Globe e il BAFTA per la miglior colonna sonora.

Con l’avanzare della scrittura di colonne sonore per il mondo cinematografico, per Morricone, iniziano ad arrivare anche i primi riconoscimenti. Nel 1965, il suo primo Nastro d’Argento per la colonna sonora della pellicola Per un pugno di dollari di Sergio Leone, il secondo nel 1970 con le musiche del film Metti, una sera a cena (1969) del regista Giuseppe Patroni Griffi. Il terzo Nastro d’Argento arrivò nel 1971 grazie alla colonna sonora della pellicola cinematografica Sacco e Vanzetti (1971) del regista Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla.

Nel 2007, riceve il Premio Oscar alla carriera, "per i suoi magnifici e multiformi contributi nell'arte della musica per film". Premio consegnatogli dalla storica icona dei film firmati da Sergio Leone, Clint Eastwood, e accettato con una invidiabile dolcezza. Nel 2016, riceverà il Premio Oscar per la migliore colonna sonora per il film The Hateful Eight (2015) scritto e diretto da Quentin Tarantino.

Un’ulteriore collaborazione avviene proprio con il regista statunitense, Quentin Tarantino, che inserirà più di un brano di Ennio Morricone all’interno delle sue pellicole. Si pensi a Kill Bill (2009), Death Proof (2007), Inglourious Basterds (2009) e Django Unchained (2012). Temi fondamentali per le pellicole cinematografiche del regista, dotati di una potenza unica. Il brano Un amico, inserito nella pellicola Inglourious Basterds, segna una delle scene più emozionanti. All’interno dello stanzino di un cinema si svolgerà la scena che detterà la fine della storia di uno dei personaggi principali della pellicola, in sottofondo Morricone rende schiavo chi osserva, chi ascolta. La sorte del personaggio, si riversa sullo stesso spettatore, ormai inerme.

Nel XXI secolo ci risulta difficile immaginare una pellicola cinematografica senza la sua colonna sonora. Non si potrebbe assistere alla storia d’amore del giovane Salvatore per il cinema in Nuovo Cinema Paradiso (1988). Con questa pellicola si crea la collaborazione tra Morricone e Tornatore. Il film in questione vinse il Premio Oscar come miglior film straniero, mentre la colonna sonora si aggiudicò un David di Donatello, un BAFTA e il Prix Fondation Sacem al Festival di Cannes. Sodalizio, quello con Tornatore, che prosegue il suo percorso dieci anni dopo, con la scrittura delle musiche per la pellicola La leggenda del pianista sull’oceano (1998), tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco. Una colonna sonora, realizzata dopo oltre un anno di lavoro del compositore, senza precedenti, composta da circa trenta brani.

Un silenzio che lascia spazio a una caotica esuberanza. Echi in lontananza, suoni latineggianti. Paesaggi bruciati nella desolazione di un deserto. Non potremmo mai proiettarci in tutto quello che viene descritto nella pellicola Per un pugno di dollari (1965), senza l’emozione regalataci dalle note di Ennio Morricone. Lì dove la tradizione si cela dietro la sacralità, e viceversa. Nel mondo ideato da Sergio Leone, dove la voce del deserto (creata da Morricone) domina, con potenza, ogni forza oscura, ogni eco, ogni singolo personaggio.

La realtà che ci svela la composizione di una colonna sonora è questa: ogni azione, ogni emozione ruota attorno a quella dinamicità creata dall’intera melodia.

Morricone è stato uno dei primi a porre quell’empatia in essere, rendendola sensoriale, quasi fosse possibile assaporarla. Un’empatia difficile da realizzare, ardua da mettere in scena. Pochi compositori sono riusciti in questo, portando a termine l’obiettivo comune, rendere lo spettatore parte integrante della scena proiettata dinanzi ai suoi occhi.

Devo cercare di realizzare una colonna sonora che piaccia sia al regista, sia al pubblico, ma soprattutto deve piacere anche a me, perché altrimenti non sono contento. Io devo essere contento prima del regista. Non posso tradire la mia musica. Ennio Morricone c’è riuscito. A suo favore, la grandezza. Una grandezza, quella del maestro, che ancor oggi non conosce limiti.