Apertura soleggiata e spettacolare per la 70esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, con Gravity di Alfonso Cuarón: viaggio mozzafiato nello spazio realizzato maestralmente in 3D.

La Dottoressa Ryan Stone alla sua prima missione (Sandra Bullock) e l'astronauta Matt Kowalsky (George Clooney) sono gli unici superstiti della spedizione aerospaziale americana dopo che una tempesta di detriti ha danneggiato irrimediabilmente lo Space Shuttle. I due co-protagonisti si ritrovano così soli e alla deriva: nell'immensità atonica dell'etere ha inizio la lotta per la sopravvivenza e il paradossale viaggio nell'interiorità della protagonista, la Dottoressa Stone. La memorabile inquadratura che la vede fluttuare in posizione fetale all'interno della navicella spaziale - palese metafora dell'utero materno - suggerisce una visione dello spazio inteso come rifugio dal dolore terrestre e nondimeno sembra generare un poetico richiamo con l'Anima Mundi cosmogonica, Micro riflesso del Macro e viceversa. In questa duplice esplorazione (dell'Universo e del Sé) tradotta da un suono e da immagini curatissimi, il film sembra quasi voler suggerire un'intenzionalità che travalica il puro compiacimento estetico/spettacolare per dedicarsi a un'analisi più sensibile dell'animo umano.
Trailer@ http://youtu.be/ufsrgE0BYf0

A dire il vero già la sera del 27 agosto il Festival ha esordito con la proiezione speciale de L'Arbitro, opera prima del regista sardo Paolo Zucca. Pellicola comica, a tratti grottesca, che attraverso ammirevoli riprese e una fotografia lirica, narra parallelamente della vicenda di Cruciani (Accorsi), arbitro internazionale che ambisce ad arbitrare gli Europei e l'eterna faida tra le squadre dell'Atletico Papabrile e del Montecrastu. Il bianco e nero decontestualizza il luogo e il tempo della vicenda, facendo abilmente convivere all'interno della pellicola usanze antiche e contemporanee, sarde e universali. La luce rifinisce con cura ogni dettaglio, talvolta concedendo alle immagini un brivido di sacralità talora abbrutendole attraverso violenti contrasti. Opera prima rispettabile - anche in virtù del notevole cast di attori (Accorsi, Pannofino e la tripletta di autoctoni Cucciari - Cullin - Urgu) - meritevole di un posto di riguardo tra le commedie italiane 2013.
Trailer@ http://youtu.be/mfYucjBbmnI

L'acclamato Via Castellana Bandiera in concorso, opera prima cinematografica della regista/attrice teatrale Emma Dante - tratto dall'omonimo romanzo della regista - non convince del tutto. Interpretato da Alba Rohrwacher, Elena Cotta e la stessa Dante, il film traspone l'ormai noto e forse logoro tema del disagio del mezzogiorno (Sicilia, per essere precisi) in un'unica e semplice vicenda sulla quale si condensa l'intero climax. In una domenica pomeriggio, tra le vie tortuose di Palermo due automobili finiscono "faccia a faccia" in un vicolo, modalità western. Alla guida, Samira (Cotta) e Rosa (Dante), donne testarde e incattivite, decidono di non indietreggiare ma di mantenere con fermezza la propria posizione (letteralmente). Intorno all'ostinazione - immotivata? - e capricciosa si delineano i profili dei personaggi secondari e delle loro piccole vicende: gli abitanti della via, la compagna di Rosa (la Rohrwacher) , le scommesse sulla disputa. "Negli abitacoli della macchina le due donne" - afferma la regista - "fanno un punto sulla propria vita. Il film è una metafora del momento che stiamo vivendo. Le protagoniste sono in uno stallo che ricorda quello che stiamo vivendo come società", e difendendosi afferma: "Il mio non è un film sul Sud, racconta uno stato dell'essere non uno stato geografico. Il Sud è una torretta di osservazione sul mondo". Che questo sia vero o meno, l'impressione che ne deriva è quella di un'opera avviluppata in se stessa, incapace di svelarsi nel suo corso ma prematuramente esplicita e che - Sud o non Sud - risulta incolore, sbiadita.
Trailer@ http://www.ivid.it/trailer/9904/VIA%20CASTELLANA%20BANDIERA

Tra le pellicole italiane degne di nota è da annoverare l'animazione di Alessandro Rak L'arte della felicità, film d'apertura alla Settimana della Critica: primo tentativo decisamente apprezzabile nonostante le sbavature tecniche da attribuire alle scarse risorse a disposizione dell'opera e certi inserti didascalici, del tutto perdonabili. Film sonoro - che deve la sua ricchezza sinfonica al compositore Antonio Fresa - realizzato in grafica 2D e 3D e ambientato in una Napoli insolitamente piovosa, narra del segreto della felicità e del miracolo che avviene nel momento in cui scopriamo quale sia la nostra personalissima strada verso di essa. Il protagonista è Sergio, allontanatosi dal suo destino da musicista talentuoso e rinchiusosi nel taxi, ormai diventato il suo lavoro, per evadere dalla sofferenza con la quale deve fare i conti per raggiungere la sua letizia. Colorito e pulsante, il film offre anche delle parentesi oniriche decisamente suggestive, nelle quali il regista ci conduce senza brusche virate, ma con naturalezza, seguendo il ritmo della guida senza sosta per le vie della città.
Trailer@ http://youtu.be/jAT9WpLe4mI