La materia

Immaginiamo la superficie lunare o il versante roccioso di una montagna che si sgretola o la terra quando su di essa non si era ancora manifestata la vita. In queste immagini si riconosce il mondo della materia, quello che risponde alle forze e all’energia esercitate su di essa e che Gregory Bateson chiama il mondo delle palle da biliardo [1]. In questo mondo le cose non sono vive, appaiono per quel che sono, rispondono alle leggi lineari di causa ed effetto e possono essere studiate riducendole in parti sempre più piccole. Da qui il nome di riduzionismo.

Con le grandi rivoluzioni scientifiche di Galileo, Cartesio e Newton, abbiamo scoperto che fenomeni misteriosi come il moto dei pianeti, l’alternarsi delle stagioni o la formazione di un ciclone ubbidiscono a leggi meccaniche molto semplici, le stesse che ci consentono di far volare gli aerei, sviluppare una radiografia o preparaci il caffè.

Tali leggi sono così intuitive, naturali e facile da comprendere che sono state identificate con il pensiero scientifico e ci hanno fatto credere che presto o tardi avrebbero spiegato ogni cosa. Il vero problema, come si può intuire, è che tutto ciò riguarda solo la metà del cielo. Che ne è del mondo che non si può ricondurre alla materia? Un problema spinoso che Cartesio ha risolto elegantemente assegnandogli uno spazio autonomo, come se qualcosa che non è qualcosa possa saltar fuori dal corpo, appollaiarsi su davanzale della finestra, voltarsi a guardare per un po’ il corpo e poi andarsene a zonzo e tornare per raccontare le proprie avventure (G. Bateson). Proprio quel che succede al Vagabondo delle stelle di Jack London, quando Darrell Standing rinchiuso nella camicia di forza, abbandona temporaneamente il corpo per vagabondare nelle sue vite precedenti.

Abbiamo, quindi, due mondi paralleli e indipendenti: uno fatto di cose (rex extensa) e l’altro di pensieri (rex cogitans). Due universi separati che nell’uomo si connettono tramite una sorta di antenna collocata nella ghiandola pineale (epifisi). Una visione che con diverse sfumature, molte delle quali di stampo religioso, ha convinto eminenti pensatori e che ancor oggi annovera molti sostenitori.

La mente

Dunque, oltre al mondo delle cose inanimate c’è un mondo fatto di pensieri, idee, sentimenti, rituali, significati e valori. Un mondo costituito da tutto ciò che esprime l’essenza della vita, che ci fa gioire e soffrire, che ci consente di coltivare l’orto, suonare il pianoforte, giocare a tennis o prenderci cura dei nostri gatti.

Benché la comparsa della vita dalla materia inanimata sia uno dei grandi enigmi della scienza, fino al XVII secolo la generazione spontanea della vita era un fatto naturale e comunemente accettato, anche dallo stesso Newton. Oggi gli scienziati ci dicono che la vita sia nata attraverso un lento processo spontaneo di aggregazione molecolare, fino alla costruzione di sistemi complessi capaci di rigenerarsi, cioè di ricostruire dall’interno, le strutture biologiche che sottendono alla loro esistenza [2].

Certamente siamo ben lontani dalla spiegazione dell’origine della vita, tuttavia questo fatto straordinario, che Maturana e Varela chiamano autopoiesi, rappresenta la condizione necessaria per caratterizzare un sistema vivente. L’altro fatto fondamentale è la capacità di interagire con l’ambiente esterno. Un’abilità che gli autori riconoscono come un processo cognitivo, cioè un sistema capace di cogliere delle differenze [3]. L’esempio più semplice di un processo cognitivo è la capacità di un’ameba di percepire le differenti concentrazioni di zucchero in un liquido e di muoversi verso il gradiente maggiore per soddisfare il suo bisogno di energia e nutrimento.

L’evoluzione biologica ha progressivamente affinato le capacità degli organismi di percepire l’ambiente in cui sono immersi e con i quali sono in continua simbiosi (accoppiamento strutturale) sviluppando una miriade di sensori, dai più semplici come un piccolo recettore capace di riconosce un segnale biochimico ai più complessi come il sistema nervoso e il cervello. I sensi rappresentano, quindi, gli elementi strutturali da cui prende origine il processo cognitivo, a partire dalle espressioni più lievi, come la differenza tra due cariche elettriche, fino a quelle più complesse come la capacità di fare calcoli, prendere decisioni, percepire il profumo di un fiore o innamorarci.

Dunque, come ci ricorda Schopenhauer, ciò che appare ai nostri occhi è solo il velo di Maja, la rappresentazione mentale di un mondo “emergente” dietro al quale si nasconde una realtà misteriosa e intangibile: la colla che tiene insieme le stelle e gli anemoni di mare, le foreste di sequoie, le commissioni e le istituzioni umane [4].

Tutto ciò costituisce la rete della vita, il substrato invisibile che ci consente di passeggiare, mangiare, parlare, pensare, crescere e riprodurci. Un mondo straordinario ed imprevedibile dove ciò che conta non sono gli oggetti ma i processi correlati alle infinite configurazioni che descrivono le loro interazioni e che formano i sistemi biologici, gli ecosistemi e le organizzazioni sociali. Bateson, Maturana e Varela, considerano questi processi una sorte di grande mente dove tutto è interconnesso in una Sacra Unità; un mondo che ci appare reale dove, però, non ci sono cose, ma solo l’idea delle cose.

La salute

Ciò che percepiamo, quindi, sono proprietà emergenti che nascono dalle interazioni tra gli elementi di un sistema e che non sono riconducibili alle proprietà degli elementi che le generano. Ad esempio, la fluidità dell’acqua non può essere desunta dalle proprietà degli atomi di idrogeno e ossigeno di cui è costituita, la lucentezza di un brillante non c’entra nulla con il carbonio che lo compone, così come non è possibile trovare il pensiero o le emozioni dentro i neuroni.

La sensazione soggettiva di benessere, a cui abbiamo dato il nome di salute, non è che una di queste infinite proprietà: la manifestazione di uno stato di equilibrio dinamico associato ad elementi di natura biologica e psichica che interagiscono con l’ambiente fisico e sociale di riferimento. L’equilibrio, però, non si raggiunge tra due estremi, entro i quali si collocano il completo stato di benessere e la più cupa sofferenza. Nei sistemi complessi gli equilibri sono dinamici, in continuo assestamento e piccole variazioni posso generare effetti grandiosi, mentre drastiche alterazioni possono compensarsi e mantenere comunque il sistema in equilibrio.

Il nostro organismo ha una naturale predisposizione alla stabilità e a questo fine dispone di importanti strumenti: difensivi, come il sistema immunitario; rigenerativi, come la riparazione delle ferite; adattativi come il ripristino funzionale e rafforzativi, come la resilienza dopo una grave malattia. Gran parte dei disturbi che affliggono la nostra vita quotidiana si controllano proprio con questi strumenti.

La salute, dunque, come tutte le proprietà emergenti (la vita, la coscienza, il tempo), non può essere localizzata e sfugge ad ogni definizione esclusiva. O se preferite, ognuno di noi ha una propria definizione, ugualmente vera. La salute si può solo percepire e ci accorgiamo di lei quando ne avvertiamo la mancanza. Le difficoltà che incontriamo nel cogliere l’essenza della salute sono le stesse con le quali si misurava Sant’Agostino nel tentativo di descrivere il tempo: se nessuno me lo chiede so cos’è; ma se qualcuno me lo domanda non so rispondere.

Così, non potendo parlare di salute in generale, ci accontentiamo di prenderne in considerazione qualche frammento, in particolare quando, a causa di qualche alterazione nel sistema, la perdiamo. Con il tempo la scienza medica ci ha insegnato a riconoscere molte di queste alterazioni, ha attribuito a ciascuna di esse un nome specifico (le malattie) e in molti casi ha messo a punto espedienti efficaci per porvi rimedio (le cure). La salute, però, non riguarda solo la medicina, riguarda la vita e quindi per occuparci di salute dobbiamo occuparci della vita in tutte le sue manifestazioni.

Le ricadute dell’approccio sistemico sulla salute e sulle cure

A questo punto possiamo chiederci: a cosa serve tutto ciò? Questo percorso cognitivo ci può aiutare ad affrontare i problemi correlati alla salute e alle cure? In quale modo?

Acquisire una visione sistemica significa in primo luogo rendersi conto che tutto ciò che succede intorno a noi è interdipendente e che la realtà non si può percepire solo studiando le proprietà degli elementi di cui essa è costituita. Prendendo in considerazione sia le proprietà degli oggetti che le loro relazioni aggiungiamo una nuova dimensione al nostro agire, scopriamo inattesi orizzonti di ricerca e di sviluppo e possiamo cogliere la complementarietà tra scienza (il mondo della materia) e umanesimo (il mondo della mente). Vediamo qualche implicazione pratica.

L’ecosistema fisico e sociale
La medicina si comporta come se tutte le malattie avessero una causa biologica e fossero trattabili con farmaci e con interventi chirurgici, ma i servizi sanitari spiegano meno della metà delle variazioni dello stato di salute delle persone. Il restante 60% è associato a fattori genetici, stili di vita e soprattutto a determinanti di tipo ambientale e sociale (5). Per migliorare la salute e la vita delle persone occorre agire, in primo luogo, sull’ambiente fisico e sociale dove la gente nasce, vive e lavora. Bisogna affrontare i cambiamenti climatici, rispettare l’ambiente e la biodiversità, rivedere i modelli di produzione agricola, limitare il consumismo sanitario, contenere gli sprechi e promuovere il lavoro, la pace e la giustizia sociale.

L’attività clinica
L’approccio meccanicistico considera il paziente come un insieme di organi, di cellule e di parametri biologici, suddivide gli interventi sanitari tra diversi specialisti e concentra le cure negli ospedali, lontano dal contesto familiare e sociale. Ciò non è sbagliato ma spesso non basta, in molti casi non serve è qualche volta è perfino dannoso. La cura si avvale della scienza e della tecnologia per esplorare le cellule, gli organi e gli apparati, individuare i problemi e mettere in atto le azioni correttive. Tuttavia è altrettanto importante riconoscere la voce della vita: fatta di relazioni, sentimenti, valori. Un mondo soggettivo, poliedrico, ambiguo, instabile che si alimenta di parole, metafore, fattori psicologici, spirituali e sociali. È l’incontro di questi due mondi che attiva e consolida la relazione di cura e consente di riconoscere e valorizzare le potenzialità del paziente e del contesto familiare e sociale che lo circonda.

Il piano personale
Non esiste una ricetta universale per stare bene, preservare la salute, godersi la vita ed essere felici. Alcuni consigli possono però essere utili.
• La nostra salute dipende per molta parte dalla salute del pianeta: rispettiamolo! Quando possibile, limitiamo l’uso di combustibili fossili, seguiamo una dieta tendenzialmente vegetariana, beviamo l’acqua del rubinetto e limitiamo gli sprechi.
• Adottiamo stili di vita sobri e cerchiamo di evitare i fattori di rischio, senza però essere sopraffatti dalla paura. Se disponiamo di una casa e di un reddito che ci consenta di vivere, i consigli per mantenersi in buona salute non sono molti: seguire un’alimentazione equilibrata, ricca di frutta e verdura, astenersi dal fumo, limitare il consumo di alcool, praticare attività fisica con regolarità, mantenere buone relazioni con gli altri e coltivare qualche hobby.
• Impariamo ad individuare e a riconoscere i segnali del nostro corpo. Spesso ciascuno di noi può capire da sé ciò che lo aiuta a stare bene e a mantenere un certo equilibrio anche durante la malattia. Occorre acquisire un atteggiamento attivo di fronte alla salute e alla malattia, avere fiducia in se stessi ed essere consapevoli delle capacità di autoguarigione del nostro organismo.
• È utile comprendere i limiti della conoscenza e accettare l’idea che la vita porta con sé una quota ineliminabile d’incertezza. Non dobbiamo farci sedurre dalle ultime novità e dagli annunci di cure miracolose, soprattutto quando vi sono implicati interessi commerciali. Cerchiamo di verificare le fonti degli annunci e ricordiamoci che: fare di più non è sempre meglio, scoprire una malattia prima che si manifesti non è sempre utile, i farmaci hanno effetti collaterali, le radiografie ci espongono alle radiazioni e le procedure mediche possono essere dannose.

Bibliografia
[1] Bateson G: Una sacra Unità. Adelphi Edizioni 1997.
[2] Luisi PL: Sull’origine della vita e della biodiversità. Mondadori 2013.
[3] Maturana H R, Varela F: Autopoiesi e cognizione. Marsilio Editori 1985.
[4] Bateson G: Mente e natura. Adelphi Edizioni 1984.
[5] Donkin A et al: Global action on the social determinants of health. BMJ Glob Health 2017;3:e000603. doi:10.1136/ bmjgh-2017-000603.