Phoebe Philo nasce a Parigi nel 1974 da genitori inglesi trasferitisi in Francia per lavoro: il padre è perito geometra e la madre è grafica. Cresce a Londra, nel quartiere di Harrow-on-the-Hill. Fin da bambina manifesta interesse per gli abiti e all'età di 14 anni le viene regalata una macchina da cucire. Queste sono le ragioni che la portano al Central Saint Martins College of Art and Design a studiare moda.

La collezione di fine corso (1996) desta da subito l’interesse della stampa e la grande amicizia con Stella McChartney, laureatasi l'anno precedente e conosciuta al college, la fa approdare, nel 1997, a Parigi da Chloé come prima assistente dell’amica. Nel 2001, su proposta del Gruppo Gucci, Stella lascia Chloé e fonda la maison che porta il suo nome. Da questo momento Philo ne assume la direzione artistica e comincia a sviluppare la sua identità creativa sul marchio imponendolo nel panorama internazionale come uno dei brand più interessanti e innovativi e facendogli abbandonare lo street style in favore di un'immagine più femminile.

Nel 2005 il British Fashion Council la proclama British Designer of the Year (riconoscimento ottenuto anche nel 2010 alla guida della maison Céline). Nel 2004 sposa il gallerista inglese Max Wigram dal quale avrà tre figli. I codici d'immagine di Chloé le stanno comunque stretti e per tali ragioni, nel 2006, lascia la direzione artistica per trasferirsi definitivamente a Londra e vivere con la famiglia.

Nel 2008 il Gruppo LVMH le propone la direzione creativa della maison Céline. Il contratto le lascia piena autonomia e libertà d'azione su tutti i fronti. Alla guida di Céline ottiene la consacrazione agli onori della storia. Nel 2010 il British Fashion Council la proclama, per la seconda volta, British Designer of the Year. Nel 2011 vince l'“International Designer of the Year” da parte del Council of Fashion Designers of America (CFDA). Nel 2014 viene inserita nella lista delle 100 personalità più influenti al mondo dal Times.

Phoebe Philo ha trasformato il tempo femminile dell’oggi in un quotidiano fatto di giustapposizioni volumentriche ampie e lineari. Ha riportato in auge il cappotto come capo involucro dell’intimità della donna: in declinazione blazer, nelle forme crombie, nelle gamme cromatiche toffee (A/I 2010), con quelle proporzioni che equivalgono a un abbraccio al maschile addizionate alle tonalità accese del blu elettrico (A/I 2013).

Nel taglio diagonale dei volumi ha saputo infondere quel segno di unitarietà dell’elemento vestimentario sul corpo. Con la rivisitazione della tuta intera, indossata da lei stessa ai British Fashion Award del 2010 e proposta per l'autunno/inverno 2011, ha ristabilito il passo a quell’eleganza “tutta d'un pezzo” che attraversa il giorno sino alla sera. Il pantalone l’ha costruito alto in vita e dalla gamba ampia e abbondante sino a terra (P/E 2010) in materiali fluidi e al contempo strutturati senza mai rinunciare alla pelle. La lunghezza della gonna è sotto il ginocchio (A/I 2013). Le camicie Céline (P/E 2010) vestono il corpo di maniche enormi con elementi fuori misura come macro pendenti ad ancorarle al busto.

Ha corredato tutto questo di accessori contenitore che hanno raccontato la gestualità dei bisogni delle donne di oggi e di come vogliono portarsi accanto il necessario del loro essere. Borse iconiche come la “Cabas”, la “Luggage Tote”, la “Box”, la “Trapèze”, dalle forme geometriche ed essenziali, sono divenute accento di stile. La collezione Flamingos, della primavera/estate 2013, ha dato origine a calzature ricoperte di strabordante pelliccia, sia sul plantare interno che sul profilo esterno: tema divenuto virale nel gusto della rappresentazione di sé oggi.

Nella primavera 2014 ha proposto sabot dal tacco scultura, di matrice artistico spazialista e per la P/E 2016 ha riportato in auge gli stivali country boot nei toni del rosso, del bianco e del nero. L'autunno inverno 2015/16 è cowboy, con lo stivale chiodato, dalla punta quadrata, portato con abiti fluidi, fazzoletto in pelle annodato al collo e maxi coperte in lane pregiate dal gusto cavallerizzo. Quando compare la decorazione è totalizzante, come nella primavera/estate 2014: graffiti dalle forme astratte, tracciabili sui muri delle città, invadono gonne, pantaloni, capi-spalla e camicie.

La comunicazione del brand Céline ha sempre associato a un gesto semplice e quotidiano, distonico dal principio di lusso, ma aperto alla libertà d'espressione, l'eccezionale carattere della protagonista ritratta. Questa amalgama visiva è stata data dall'occhio del fotografo Jurgen Teller. Minimalismo di sguardo e massimalismo nel contenuto e nello spessore dei soggetti come quando ha ritratto per la P/E 2015 la scrittrice e saggista americana Joan Didion e Marie-Agnès Gillot, étoile dell'Opéra di Parigi.

L'autunno/inverno 2018/19 segna la conclusione del rapporto tra Céline e Phoebe Philo. Con Céline Philo ha colto l'esposizione al ruolo della donna attraverso la personalità, la qualità umana anteposta al potere del manifesto per conferire al medesimo la funzione accompagnatoria di quello che è un essenziale, vibrato, silente, acuto...

Céline è Philo e la sua uscita di scena è pari alla sua entrata... essenzialmente vibrata in un lungo interminabile, silente, acuto.