Vino, arte, storia e ... terracotta, sono alcuni dei connubi delle aziende del vino Made in Italy, legami tra mondi diversi ma compatibili, presenti in forme artistiche dai tempi antichi; il ruolo sociale e culturale del vino rispecchia una parte centrale della nostra vita, soprattutto da quando l’alimentazione e il buon bere sono approdati in tv.

Da una indagine del Cestit dell’Università di Bergamo è emerso che le aziende vitivinicole che investono in eventi d’arte, in un nuovo packaging o in un’etichetta d’autore, percepiscono un aumento del prodotto venduto fino al 40% in più. E dichiarano comunque un incremento della visibilità aziendale fino al 60% che diventa il 92% nel caso di chi investe in produzioni culturali o in arti figurative.

Le strade del vino sono davvero infinite e oggi La Fattoria Montecchio vuole abbinare la storia del suo vino alla terracotta: a tal proposito ha una storia personale e originale riguardo la riscoperta di un antichissimo metodo di vinificazione: quello in anfore di terracotta. Disponendo infatti di un'antica fornace del 1800 all'interno della tenuta, l'azienda è stata in grado di produrre un manufatto funzionale al processo di affinamento e vinificazione, grazie alla collaborazione con il professor Massimo Ricci, esperto di restauro dell'Unesco e docente di Tecnologia dell'Architettura all'Università di Firenze.

Tale esperienza, che il giornalista e sommelier Emanuele Vescovo ha raccontato in una pubblicazione intitolata Dalla terracotta al vino, si è tradotta nella nascita del Priscus, un Sangiovese in purezza, ricco e strutturato che, non a caso, porta il nome di un gladiatore romano; anche quest'anno i manufatti dell'Antica Fornace Montecchio sono stati in mostra a Verona a Enolitech e al Vinitaly.

La semplice argilla viene trasformata in strumenti di lavoro oppure in splendidi ornamenti per giardini e case, oggetti che prendono mille forme diverse. Infatti Riccardo Nuti, la seconda generazione della proprietà, vuole mantenere il metodo più antico per conservare il vino, la tradizione della terracotta; la storia racconta che gli antichi Greci e i Romani usavano anfore per trasportare e immagazzinare il vino, ma pochi sanno che analogamente impiegavano orci in terracotta, spesso interrati, per la fermentazione e la conservazione dello stesso. Oggi usare la terracotta per la vinificazione significa riscoprire una tradizione antica di secoli e allo stesso tempo valorizzare un materiale naturale e attualissimo che, se usato correttamente, è praticamente eterno.

La Terracotta in terra toscana, una terra eccellente e di altissima qualità, ha le caratteristiche ideali per la vinificazione e la maturazione del vino, è, ad esempio, un ottimo isolante termico e quindi ha la capacità preservare il vino da pericolosi sbalzi di temperatura, mentre la sua porosità consente allo stesso di conservare una giusta ossigenazione e tutto ciò, poiché la terracotta è un materiale inerte, avviene senza trasmettere alcun tipo di sapore. Cosa che invece non accade quando il vino è conservato nel legno. È ancora un mercato di nicchia, ma si riscontra un grande interesse da parte di nomi importanti dell’enologia italiana e mondiale, il che porta a pensare a un trend generale in ascesa. La terracotta fornisce un ottimo isolamento termico creando una ottima ossigenazione del vino, conservando l'integrità dell’uva: il vino si presenta con un colore rosso porpora intenso, deciso e profondo, il cui profumo ricorda le confetture di frutti rossi, e poi note leggermente tostate, speziate e di pepe, oltreché un sentore minerale dovuto alla terracotta. In bocca una certa morbidezza è resa vitale da una buona vena di freschezza e tannicità.

Il 2018 ha portato grandi e importanti novità alla Fattoria Montecchio. La prima, in ordine temporale, è stata presentata in anteprima esclusiva alla Chianti Classico Collection della Stazione Leopolda e alla Fiera Prowein di Dusserdolf; è stata presente anche al Vinitaly di Verona, con la sua nuova linea di Chianti Classico Docg 2015 e Chianti Classico Docg Riserva 2013, imbottigliati in una bordolese dalla forma bombata che ricorda una mezza magnum, con una preziosa etichetta in braille. Una linea elegante, accattivante nel look e non solo che, cambiando leggermente il blend, mira a diventare l'icona della fattoria. “Una linea di produzione – spiega Riccardo Nuti – che si affianca a quella precedente e che, piano piano, vogliamo che diventi l'immagine attraverso la quale la Fattoria Montecchio sarà riconosciuta”. Una nuova bottiglia ma anche un nuovo contenuto. “I blend cambiano di pochissimo, - aggiunge Nuti – e la selezione è migliore, più accurata; insomma per fare il paragone con la bistecca alla fiorentina, questa linea sarà un po' il “filetto” del nostro Sangiovese, del nostro Merlot e del nostro Cabernet Sauvignon. La particolarità sarà l'aggiunta di Alicante”.

La prima produzione è di sole 7000 bottiglie per ciascuna delle due tipologie Chianti Classico Annata 2015 e Chianti Classico 2013 Riserva, che saranno commercializzate nell'arco del 2018. “L'altra linea di produzione non verrà meno, - sottolinea il titolare - ma continueremo a venderla su altri canali. La nuova linea sarà invece destinata alla vendita diretta e al canale Ho.re.ca., ovvero enoteche e ristoranti”. E in gestazione c'è anche la terza etichetta: la Gran Selezione. In questo caso si tratta di una novità assoluta di cui Nuti anticipa qualche dettaglio. “Inizieremo con l'annata 2015 che, nel rispetto del disciplinare del Chianti Classico, presenteremo sul mercato a fine anno. La vera punta di diamante sarà proprio la nostra Gran Selezione: un Sangiovese in purezza vinificato per metà tradizionalmente e per metà in anfora”.

A spiegare cosa cambia “tecnicamente” nella nuova linea di produzione, è il dottor Stefano Di Blasi, enologo della fattoria. “Sostanzialmente la base è sempre il Sangiovese, che rimane nella quasi totalità di percentuale. A questo si affiancano le migliori selezioni degli uvaggi di Merlot, Cabernet Sauvignon e Alicante”. Le differenze non saranno quindi tanto nel blend quanto nell'approccio 'filosofico'. “I nuovi vini – prosegue Di Blasi – rispetto a quelli prodotti fino ad ora, hanno infatti un taglio 'sartoriale', ovvero, nelle varie tipologie, costituiscono la massima espressione del territorio. Abbiamo quindi cercato di riscoprire quelli che sono i gusti più consolidati della tradizione per racchiuderli nell'espressione di una maggior purezza e autenticità del Sangiovese del luogo. Così, se nel Chianti Classico della 'linea tradizionale' aggiungiamo il 10% di Merlot, affinché sia di più facile approccio per una vasta gamma di consumatori, nella 'Linea Primum' cerchiamo di stare totalmente sul Sangiovese, con un percorso che ricalca un po' quella ricerca di genuinità e territorialità fatta in Borgogna per il Pinot Nero”.