Percorrendo la parte Ovest dell’Alto Adige, in tedesco Südtirol, ed entrando in Alta Venosta, (Obervinschgau), si giunge al piccolo comune di Sluderno (Schluderns), ed è qui che si trova il noto castello altoatesino di Coira (Churburg).

Il nome del maniero deriva dalla oltre millenaria appartenenza della Val Venosta all’episcopato di Coira, città dei Grigioni svizzeri. Il maniero, di proprietà del Conte Johannes J. Trapp, è da sempre prestigiosa meta turistica soprattutto per l’inestimabile sala delle armi e armature che costituiscono l’armeria privata più grande del mondo. Altro elemento di grande fascino dell’intero complesso di Castel Coira è sicuramente il loggiato collocato intorno a un cortile interno al palazzo e costruito su tre piani stilisticamente diversi fra di loro. Il livello intermedio di questa loggia è impreziosito da una decorazione pittorica e scultorea che avvolge l’intero loggiato creando un luogo unico in tutto l’Alto Adige. Elementi tardo gotici, rinascimentali e manieristici si mescolano, con assoluta armonia, all’interno di un singolo ambiente.

Il loggiato venne costruito e decorato a più riprese e si può considerare il 1533 come data di inizio dei lavori. Particolarità riguardante l’architettura dell’intera loggia è la chiara ispirazione a un modello italiano per la sua realizzazione. Ciò risulta abbastanza inconsueto per un territorio situato così a nord della penisola e caratterizzato da una forte cultura tedesca. Elemento caratterizzante del loggiato, per quanto riguarda la scultura, è sicuramente il breve albero genealogico contenuto dal programma delle colonne che esaltava determinate unioni coniugali della famiglia Trapp.

Iniziando dall’angolo nord-ovest del loggiato su ogni pilastro è visibile uno stemma che insieme al successivo in senso orario rappresenta un matrimonio della casata. Gli scudi gentilizi sono stati scolpiti sui capitelli delle colonnine e indicavano le unioni matrimoniali dal 1462, anno in cui si accasarono Jakop IV Trapp e Barbara Matsch che rivendicarono anche la proprietà su Castel Coira, fino al 1567. Le colonne presentano anche i vari marchi degli scalpellini che realizzarono i numerosi interventi scultorei della loggia. Fra questi emblemi emerge quello di Oswald Further, scalpellino di Laces che lavorò a Churburg a partire dal 1518.

L’artista era sicuramente ben noto per la sua professione nell’intera Val Venosta dove gli sono stati attribuiti numerosi interventi: i portali della chiesa dell’ospedale di Laces (Latsch) tra il 1517 e il 1521, della chiesa parrocchiale sempre a Laces nel 1524, della parrocchia di Ciardes (Tschars), della chiesa di San Lucio a Tiss e della pieve di Silando (Schlanders). Oltre al Further intervenne al loggiato anche un altro scalpellino di Laces di nome Kaspar Reuter. La decorazione delle colonne di entrambi gli artisti risulta caratterizzata da forme tardo gotiche nonostante siano presenti dei delfini che rimandano a decorazioni tipicamente rinascimentali. Di particolare fascino risultano le quattro erme d’angolo del porticato di Castel Coira attribuite a Wolf Kolb. Queste erme rappresentate come degli atlanti, non hanno più nulla in comune con il tipico stile tardo gotico, risultando caratterizzate da un più moderno e dinamico Manierismo. Questi atlanti corazzati, posizionati negli angoli del loggiato, sono anche utilizzati come porta stemma poiché sul retro della loro testa possiamo distinguere chiaramente delle insegne nobiliari.

Wolf Kolb grazie alla realizzazione di queste quattro manieristiche colonne si dimostra un maestro nell’unire armoniosamente il vecchio con il nuovo. Le quattro erme non si presentano tutte uguali e ognuna di loro è stata magistralmente realizzata in modo differente. Gli atlanti sono muniti di oggetti dai vari significati simbolici e tutti e quattro presentano dei tratti somatici propri. Due sono muniti di meridiana e di un quadrante lunare, uno spogliato della sua armatura si presenta con il bacino cinto da frutti e fruga con la mano sinistra in un portamonete, un altro ancora è accompagnato da teste leonine posizionate sul suo capitello, l’ultimo infine è caratterizzato da un naso aquilino, da due baffoni e tiene in mano un pestello, forse un criptoritratto dello scultore.

A conferma di molte supposizioni riguardanti il periodo in cui il Kolb avrebbe realizzato dei lavori all’interno del loggiato di Castel Coira, esiste un libro dei conteggi tenuto dal capitano del castello Hans Platter. Il nome di Wolf Kolb compare nei conteggi dell’ufficiale tra il 1576 ed il 1581. L’insieme di tutte queste colonne risalenti a periodi diversi conferiscono a questo ambiente un fascino molto particolare che distingue il cortile loggiato del castello Trapp da tutti gli altri presenti nell’intera Val Venosta e Tirolo. Qualche analogia la si potrebbe riscontrare analizzando i cortili loggiati, caratterizzati da forme rinascimentali, di Schloss Ehrenburg in Val Pusteria e di Schloss Dornsberg in Val Venosta, costruiti rispettivamente attorno al 1522 e tra il 1535 e 1540. Lo storico d’arte meranese Helmut Stampfer afferma però che «da nessuna parte, tuttavia, si può trovare come a Castel Coira una successione di colonnine tardo gotiche e manieristiche intervallate da ampi archi a tutto sesto». Il loggiato di Churburg dunque si distacca notevolmente nel suo stile dalle strutture architettoniche tipiche della Val Venosta, risultando proveniente da zone climatiche più miti, in particolare da territori posti più a meridione della penisola italica.

L’intera decorazione pittorica della loggia di Castel Coira risulta con molta probabilità, dal punto di vista delle arti visive, l’elemento di maggiore fortuna e spettacolarità di tutta la rocca. Rimasta conservata in quasi tutte le sue parti in uno stato più che discreto, viene definita dallo storico d’arte altoatesino Leo Andergassen come «una tra le più compatte concezioni programmatiche profane del secolo XVI». Le pitture sono databili molto probabilmente intorno all’anno 1580.

Il programma iconografico dei dipinti all’interno del loggiato, che si estendono sulla volta e sulle pareti, tratta i seguenti temi: memoria e glorificazione degli antenati della dinastia Trapp, metafore dell’antichità utili all’educazione giovanile aristocratica, modelli spirituali identificabili con eroi, statisti, pensatori romani e personaggi biblici e infine immagini concettuali di morale e costume espresse attraverso allegorie e immagini fiabesche che trasmettono chiaramente vizi e virtù che ogni uomo incontra durante il suo percorso di vita.

Abbiamo notato che le colonne di marmo del loggiato rappresentano, attraverso vari stemmi, le unioni matrimoniali della famiglia Trapp per un determinato periodo. Questo messaggio di alleanza è continuato, se non arricchito, dalle grandi pitture della volta seppur in forma diversa. Spetta dunque all’intera superficie del soffitto del porticato il compito di glorificare la memoria degli antenati dell’intera dinastia dei Trapp e dei lori avi, i signori di Matsch. Si tratta di un maestoso albero genealogico dipinto sotto forma di pianta da frutta cretese, che con le sue ampie ramificazioni, le foglie e i frutti si estende a tutte e quattro le ali del cortile seguendo le linee genealogiche della casata dei Matsch e dei Trapp. Il tetto di foglie e frutta rappresenta un motivo naturalistico molto in voga nel Rinascimento e integra la natura nell’architettura del loggiato. Il particolare dei costoloni dipinti diversamente interrompe la finta natura sulla volta, ma sottolinea la struttura architettonica ricordando il lontano gotico. Per quanto riguarda il programma iconografico delle pareti troviamo dipinti su un basamento rosso-bianco, che nei colori ricorda lo stemma dei Trapp, un susseguirsi di aforismi in latino, animali tratti dalle favole di Esopo, delle creature favolose e infine immagini di buffoni di corte.

Gli aforismi in lingua latina sono in totale ventiquattro e sono posizionati all’interno di cartocci rettangolari dipinti con drappeggi e guarnizioni di nastri che ornano le superfici semicircolari delle pareti. Queste iscrizioni provengono dai testi di noti filosofi greci come Aristotele, Eraclito e Talete, da storici greci come Teopompo, dal drammaturgo greco Tespi, ma anche da poeti romani come Ovidio. Sono inoltre presenti frasi dei Padri della Chiesa come Basilio ed Evagrio e persino delle citazioni bibliche tratte dal Libro del Siracide. Come accennato precedentemente sulle pareti del loggiato, esattamente poste sotto le iscrizioni degli aforismi in latino, trovano spazio diverse scene di animali tratti dalle favole di Esopo e Fedro.

Queste rappresentazioni fanno da ammonimento contro ogni attività smodata e di perdizione. Animali quali scimmie e uccelli attraverso le loro azioni riprovevoli ci mostrano un mondo contaminato dall’errore e dai vizi. Tutte queste illustrazioni sono divise da vasi, frutta, fruttiere e altri oggetti di uso quotidiano magistralmente dipinti come nature morte. Fonte di ispirazione per questo tema fu ovviamente la versione latina delle favole di Esopo, ma sicuramente influenzò tale decisione anche l’edizione tradotta in tedesco delle favole eseguita da Heinrich von Steinhöwel verso la metà del Quattrocento e pubblicata nel 1476/77 accompagnata da 195 stampe xilografiche che fungevano da illustrazioni. Tutte queste raffigurazioni potrebbero ispirarsi a delle pitture di animali che risalirebbero a un periodo precedente. Il riferimento è alle grottesche presenti nell'ala nord del castello di Ambras nei pressi di Innsbruck. Trasformato dal principe tirolese Ferdinando II nel più importante edificio tardo rinascimentale del Tirolo, fu una importante fonte di ispirazione per la nobiltà che risiedeva in tutta la regione. Altro illustre esempio è ricavabile dalla sala da pranzo del cardinale Bernardo Cles, la cosiddetta Stua de la famea, presso il castello vescovile del Buonconsiglio di Trento. In questo luogo, nel 1532, il noto pittore Dosso Dossi dipinse dieci favole di Esopo caratterizzate da vasti e lussureggianti paesaggi.

Un tema iconografico piuttosto raro e insolito è sicuramente la sequenza di immagini di buffoni nell'ala sud di Castel Coira. Partendo da sinistra un giullare, caratterizzato dal tipico abito buffonesco colorato con campanellini, cova delle uova in una cesta che si schiudono liberando dei piccoli giullari vestiti allo stesso modo del padre. Essi cominciano a saltellare sventolando i loro berretti, ma appena sono divenuti più grandi vengono afferrati da una coppia di genitori, misurati e riposti in un sacco insieme ad altri buffoncelli. L'intero programma iconografico della loggia del castello consiste, come abbiamo già detto, nel rendere omaggio agli antenati e nell'educazione dei giovani. La scena buffonesca è riferita proprio a quest'ultimo tema. Come scrive Leo Andergassen all’interno della sua opera riguardante le pitture della loggia della Churburg: « la cova ha a che fare con la cura dei lattanti che ben presto acquistano indipendenza e diventano adolescenti.
Ed è qui che entra in ballo l'educazione: i genitori rincorrono i figli, li prendono, li fanno le misure per bene e li rinchiudono nel sacco, ma, ahimè, tutto sembra inutile!»Risulta ormai chiaro che il piano iconografico delle pareti della loggia prevedeva una finalità fortemente didattica «che esaltasse il senso della famiglia, l’intelligenza e la moderazione, non era una rarità al tempo e lo dimostrano gli aforismi probabilmente coevi presenti nella cosiddetta Galleria dei Filosofi di Castel Mareccio a Bolzano, nella residenza Jöchelsthurn a Vipiteno e nell’Antiquarium della Residenza di Monaco».

Per le citazioni e per ulteriori approfondimenti:
L. Andergassen, Churburg. Storia, struttura ed arte (1991), trad. it. di H. Hofer, Monaco e Zurigo, Schnell & Steiner 1992.
H. Stampfer, Castel Coira. Cultura dell’abitare e armeria (2009), trad. it. di R. Ravignani e E. Wiesmann, Regensburg, Schnell & Steiner 2009.