Roberto Kusterle, con I segni della Metembiosi, mette a confronto la sfera umana a quella animale in un gioco, questa volta, ancora più viscerale, costruito attraverso intrecci misteriosi. Mondi per certi versi così simili e anche profondamente distanti che, l'artista sfida in questo incastro di luci ed ombre.

L'autore riesce finalmente a fondere completamente la natura dell’uomo con quella dell’animale, in una vicinanza indolore dove pare inesistente il confine tra i due e percepibile la compenetrazione totale ed effettiva. Il fotografo goriziano riesce ad esprimere questa comunione di sensi in un lavoro ambizioso ottenuto accostando le tecniche digitali agli affezionati elementi naturali. Il corpo, riproposto in questa vicinanza quasi arcaica alla sfera animale, diventa contenitore e sostenitore della bestialità. Si innesca un dialogo inedito e magico tra le parti, dove i frammenti della natura tutta, l'albero, la foglia, il cespuglio, costituiscono i pixel dell'immagine fotografica, di cui l’uomo diviene parte integrante.

L'umano è quasi disumanizzato e portato fuori dalla sua palpabile corporeità e la texture usata serve a creare questa distanza tra la parte viva del corpo e un'altra condizione che non è sicuramente la morte, bensì la sensazione delle membra. L'artista crea una linea tra il corpo, l’animale e l'universo in una fusione dove il mondo non può essere che aperto a tutto questo.

Diversamente da come appare, il corpo non è vuoto, non è mummia: non è devastato dalla natura e risucchiato dall'energia animale bensì calato in una profonda trasformazione, in cui noi lo avvertiamo come bloccato in una fase di passaggio obbligatoria, prima di esprimere la natura più autentica e innocua, ormai persa dell'uomo. Contrariamente, l’animale è importato in un corpo umano smembrato in cui i sensi e i sentimenti si mescolano in uno stato vitale di completo abbandono, a tratti inquietante e incomprensibile. L’innesto tra le parti è sicuramente facilitato meccanicamente dai pixel utilizzati dall'artista, ma l'aiuto più grande lo dà l'uomo con la sua propensione nei confronti del mondo animale purtroppo sconosciuto.

La prova del fatto che in questo ampio lavoro (39 opere) si celebra la vita, e ancor di più la pulsante energia che l'universo ha bisogno di esprimere, è L'incontro nel bosco, un lavoro di forte impatto emotivo in cui si evoca il tema della riproduzione, mediante il gioco di contrapposizione tra i sessi, uomo-cervo e donna-cerbiatto, dove ancora la parte del corpo umano diventa animale e la parte della donna appare per metà ancora viva per modificarsi e diventare pelo animale. I corpi ormai stanchi, esprimono il rifiuto della propria condizione mediante questa pelle strappata, mutata e desiderosa di indossare quella nuova... Quella primordiale.

L’artista, calato nelle vesti di un chirurgo ha operato attraverso un'ibridazione per permettere l’incastro tra le parti in un viaggio di accettazione indolore. L’uomo ha bisogno di ritornare alla sua forma iniziale per potersi salvare, e l’animale a sua volta ha bisogno di trovare la sua libertà attraverso la protezione umana, in uno scambio di forze e debolezze in cui l’universo sia equilibrato e privo di distanze. Prima di giungere ad un compromesso è opportuno creare un momento di dialogo e conoscenza; ed è quello che accade in questo momento di massimo raccoglimento prima dell'atteso rinvigorimento.

Testo di Teresa Alberico