Costruire con l'immagine fotografica memorie e identità, forme sensibili di una ritrattistica, storie di uomini, donne e bambini di diverse generazioni. Muovono su questa poetica e secondo quest’ottica i nuovi 55 ritratti fotografici di Shrin Neshat, presenti nel Museo Correr a Venezia dove è in corso la mostra dal titolo The Home of My Eyes (La casa dei miei occhi) che prosegue fino al 26 novembre.

Si tratta di un ciclo di ritratti realizzati tra il 2014 e il 2015 che immortalano persone diverse ma residenti nell’Azerbaijan. Un affresco corale quello della Neshat che risalta ancor più grazie a un allestimento che vede campeggiare al centro della parete, lungo l’intensa sequenza di immagini, la Madonna della Misericordia, una bellissima scultura lignea dipinta e dorata attribuita a Jacobello di Antonio da San Lio, che risale al 1430 ca.

Nata a Qazvin il 26 marzo 1957, l'artista e filmaker di origine iraniana di stanza a New York, è famosa proprio per i suoi ritratti e corpi di donne interamente ricoperte da scritte in calligrafia persiana. Tra le sue prime opere fotografiche da menzionare la serie Women of Allah (1993-1997) che esplora il tema del genere in relazione al fondamentalismo e alla militanza islamici, The Book of King e Our House Is on Fire (2013). Premiata alla Biennale di Venezia del 1999, nel 2009 ha diretto il suo primo cortometraggio Women Without Men premiato con il Leone d'Argento quale miglior regista al 66° Festival del Cinema di Venezia. E a Venezia, nella cornice del Museo Correr in piazza San Marco, si assiste così a una sequenza di persone che risultano ritratti sempre frontalmente, a volte anche a figura intera, quasi nell'intento a sostenere un dialogo o un incontro, lo stesso che necessariamente è possibile stabilire nell'ampia sala museale.

Sguardi allora come relazioni vive e concrete, come persone che vogliono dire qualcosa sulla vita e sulla propria storia, sull'identità e una memoria. Ma vivono in loro anche peculiari gesti delle mani tesi quasi a richiamare i dipinti religiosi dell'artista di origine cretese El Greco. L'Azerbaijan, del resto, ricorda a Neshat il suo paese d'infanzia, l'Iran. Ed è questo il motivo per cui l'artista ha instaurato con le persone del luogo un dialogo e una conversazione da cui sono emersi i concetti dell'identità culturale e della casa. Temi, questi, che, nella poetica shriniana, rientrano nelle stesse fotografie come relazione del rapporto testo/figura : infatti i testi dei ritratti di The Home of My Eyes sono tratti sia dalle risposte dei soggetti, che da poesie di Nizami Ganjavi, poeta iraniano del XII secolo che visse in quello che è oggi l'Azerbaijan. Anche così i ritratti fotografici e filmici di Neshat diventano l'indagine sugli stati psicologici ed emozionali dei soggetti. Come ad affermare una voce fuori campo, una testimonianza delle proprie vicende per le quali le persone ritratte diventano espressioni di nuove verità da trasmettere al mondo, o meglio, ad altri mondi.

E a complemento della rassegna è la video installazione dal titolo Roja, un filmato basato sul mondo onirico e i ricordi personali dell'artista , che esplora la nostalgia, i sentimenti e le tensioni tra passato e presente, tra identità e realtà.