Orbene, alla luce di nuove indagini e approfondimenti, la storia delle Terme del Corallo di Livorno si riscrive e si cominciano e delineare dinamiche celate.

Tanto per cominciare le Terme del Corallo, complesso termale liberty, che Vittorio Sgarbi, recentemente dopo averle viste le ha definite una delle maggiori espressioni del liberty in Italia, furono rese inagibili dal settembre del 1968 a causa di un incendio divampato nella notte precedente all'inaugurazione, nella nuova veste, in discoteca. Le cause del rogo non furono mai accertate, si parlò di corto circuito, anche se rimane più facile immaginare scenari noir di rivincite e ricatti innescati tra frequentatori delle sale giochi e incontri di pugilato clandestini che si racconta si svolgevano nel sottosuolo del palazzo, proprio quello che vide scatenarsi un inferno di fiamme che divorò i tetti delle sale da lettura, bar e ristorante.

Il costo dei lavori per ripristinare i danni fu quantificato all'epoca, da professionisti intorno ai 20 milioni di lire ma la proprietà se ne infischiò del palazzo distrutto, forse così facendo si risolvevano da se i problemi connessi a quella coabitazione scomoda di frequentatori non allineati al quieto vivere.

Ma chi era proprietario delle Terme in quel periodo? Erroneamente si è creduto fosse la Coca-Cola poiché è di scoperta recente essa aveva dato in franchising dal 1945 la produzione alle varie società che si sono avvicendate nella proprietà del sito storico: la SIAM srl, prima e poi la SCAS queste ne erano le effettive proprietarie. Nel 1967 acquisisce tutto la STIB, ricordiamoci che nel 1968 cessa la produzione dei prodotti Corallo esportati anche in Arabia Saudita e che la scusa della mancanza di acqua è debole poiché tre anni prima si è trovata e incanalata la sorgente alla Padula del pozzo dell'Angelo che garantiva 40.000 liti di acqua giornaliera.

Quindi l'incendio, fu risolutore silenzioso di un bene ingombrante e non più necessario ai fini della produttività nel settembre del 1968? La Soprintendenza alle Belle Arti comunque nell'anno successivo mette sotto tutela le Terme.

La STIB quindi destina tutte le sue forze alla produzione Coca-cola. Tra la fine degli anni'80 e gli inizi dei '90 la produzione di Coca-Cola è di 1 milione di casse all'anno dove in ogni cassa alloggiano 12 bottiglie da 75 cl. Per un totale di 9 milioni di litri l'anno di prodotto. Se si pensa che per ogni litro di prodotto ne occorrono 10 per processi industriali connessi, si arriva 90 milioni l'anno di acqua utilizzata, meno male che era finita!!!

Da dove arrivava allora quest'acqua? Essa giungeva da tre pozzi: quello dell'Angelo alla Padula (periferia nord-est della città), quello sotto la proprietà di un Garage di vendita auto, ora supermercato sul viale Carducci e da quello di via Orosi e il resto? Se fosse stata solo acqua di sorgente, era una risorsa davvero grande! Le acque poi si racconta che venivano stoccate in due grandi serbatoi: uno sotto i magazzini Coca-Cola e l'altro nel seminterrato del palazzo centrale delle Terme, proprio al centro della superficie del piano stesso, ottenuto sigillando le porte delle stanze di cura e riempiendole d'acqua fino al soffitto.

Vi chiederete: e l'igiene? Nessun problema, per adattarle alle stesse tecniche di produzione mondiale, le acque venivano trattate fino a distillarle, rendendole così non solo asettiche ma anche prive di sali.
Quindi acqua in abbondanza da queste sorgenti che furono abbandonate nel momento in cui la Coca-Cola incorpora la STIB, diventando effettiva proprietaria del bene storico e produttivo nell'aprile del 1996, data in cui cessa la produzione e lo stabilimento livornese diventa magazzino di stoccaggio.

Fino ad allora anche il pozzo della Vittoria, lo storico pozzo presente alla inaugurazione del complesso termale, veniva tenuto sotto controllo e regimato con pompe per evitare che l'acqua salisse troppo di livello. Le acque sorgive minerali, infatti per il principio dei vasi comunicanti bagnavano i muri per capillarità, del piano terreno del palazzo della vecchia produzione, poi deposito, fino ad una altezza di quasi 2 metri da terra, questo accadeva nell'anno 2000 allorché si era smesso di svuotarlo.

Riassumendo, dalla STIB alla Coca-Cola Company, l'immobile storico fu ignorato nella sua valenza artistica. Poi la politica ha continuato a infierire con il piano strutturale della viabilità che vide costruire il cavalca ferrovia a strangolamento delle Terme deliberato da chi era poco avvezzo all'arte. Ma anche per una politica che forse a mio avviso non poteva permettere che un bene comune come l'acqua in un periodo di crisi idrica peraltro permanente in città, fosse solo a vantaggio dell'imprenditoria privata. Così bugie sull'acqua che non c'era più fioccavano e diventavano verità assodate, il disegno sembrava proprio fosse che le Terme dovevano sparire dalla vista e conseguentemente dall'idea d'impresa di altri.

Questo spiega forse il perché del cavalca ferrovia proprio lì, il perché di un mai intimato recupero di un bene inventariato e sotto tutela, nei tempi in cui poteva essere fatto e non dopo decenni quando oramai il degrado era troppo avanzato, oltre al perché i pochi tentativi d'intervento sono poi abortiti.