Trasferitosi a Napoli negli anni Cinquanta per intraprendere gli studi di architettura, Riccardo Dalisi (Potenza, 1931) si distingue sin da subito per una versatilità che lo porta a far convergere continuamente arte, architettura e design al punto da non distinguere più il campo d’azione delle singole discipline. Tra i primi a formulare il concetto di sostenibilità applicato al design industriale, Dalisi utilizza per le sue sculture e oggetti di design materiali poveri quali cartapesta e poi latta, rame, ferro, ottone, che acquistano preziosità nel processo di modellazione e trasformazione artigianale. Ogni oggetto, sia esso destinato alla produzione industriale o al circuito dell’arte, si fa portavoce di una sensibilità personale che attinge alla tradizione napoletana, tanto nelle forme quanto nelle modalità di realizzazione.

Nei primi anni Settanta Dalisi propone, attraverso i suoi scritti teorici e i laboratori avviati con i bambini del sottoproletariato del Rione Traiano, un modello di architettura partecipata, dove l’esercizio della creatività diviene lo strumento privilegiato attraverso il quale attuare le trasformazioni sociali. Al museo Madre è esposta la documentazione relativa al progetto di “architettura d’animazione” a Traiano, con cui Dalisi coinvolge attivamente i giovani abitanti del quartiere nella progettazione di strutture per il territorio stesso, stimolando processi di collaborazione e senso di appartenenza alla comunità. Insieme alle fotografie sono presenti i modellini dell’artista, strumenti didattici finalizzati ai laboratori ma anche oggetti dotati di una propria autonomia estetica.

Negli stessi anni Dalisi è tra i fondatori del movimento dei Global Tools (1973-1975): architettura e design radicale divengono espressione di una strada alternativa al razionalismo e alla monumentalità novecenteschi, a vantaggio della creazione di strutture e oggetti realizzati con materiali leggeri, talvolta effimeri, che suggeriscono un ritmo di vita biologico. A partire da questa esperienza, l’artista approderà al design ultrapoverissimo: “manuale, semplice, provvisto di contenuti di schiettezza, genuinità e diretto sentire”, come scrive l’artista. Alla manipolazione della materia povera nelle sue forme più diverse si accompagna sempre il disegno, mezzo dove si incontrano libertà creativa e progettazione. Proprio nei disegni, di cui sono esposti alcuni esempi antecedenti all’esperienza di Traiano, convergono le diverse anime di Dalisi: l’architetto e l’artista, il teorico e il designer, l’operatore didattico e l’inventore di forme e motivi inediti.