Pochi anni fa, nel 2014, una grande antologica ospitata presso lo Stadtmuseum di Monaco di Baviera ha portato alla riscoperta di Hermann Landshoff, fotografo molto attivo e molto apprezzato tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento. Il suo nome, nonostante sia stato a lungo il più importante tra le pagine patinate delle migliori riviste di moda, era stato, col tempo, quasi completamente dimenticato e ancora oggi non è noto al grande pubblico quanto meriterebbe. Landshoff aveva, infatti, un dono raro: quello di mettere in luce ed esaltare l’eleganza naturale delle modelle.

I suoi scatti, quasi sempre ambientati all’aperto, in riva al mare o nei parchi e tra i monumenti di Parigi o New York, hanno sempre qualcosa di originale che li rende unici. Sembrano rubati, nella spontaneità e nella dinamicità delle loro prospettive sghembe. Le ragazze davanti all’obiettivo si muovono con grazia, anche in groppa a un cammello, anche se giocano a tennis, fanno le capriole sulla spiaggia, si rincorrono in bicicletta o sui pattini a rotelle. Non sono divinità cadute sulla terra, la loro è una bellezza possibile, semplice e raggiungibile. Nelle immagini e nelle pose c’è sempre una leggera nota di autoironia come nelle figurine affascinanti e armoniose che tengono al guinzaglio due grandi cani barboni sul tetto dei grandi magazzini Saks Fifth Avenue, immortalate in un sofisticato gioco di bianchi e neri con lo sfondo dello skyline di Manhattan.

Insieme alle fotografie di moda, Landshoff realizza anche molti ritratti: Peggy Guggenheim, Marchel Duchamp, André Breton, Max Ernst, Albert Einstein e una giovanissima Lauren Bacall. Fotografa anche la poetessa Sylvia Plath: è seduta su un sofà con una rosa in mano e uno sguardo triste e intenso. E posano per lui anche molti colleghi come Irving Penn e Richard Avedon, che anni dopo dirà di dovere tutto agli insegnamenti di Landshoff e al suo stile. Uno stile nato da una combinazione ampia e felice di elementi. A cominciare dalla sua nascita, avvenuta a Monaco nel 1905, da una famiglia di origini ebraico-americane, colta e benestante: il padre era un musicologo di fama internazionale e la madre, un'affermata cantante della Royal Court Opera. Cresce quindi, in un ambiente dove sono di casa la musica e la cultura e amici illustri come Thomas Mann, Rainer Maria Rilke e Max Reinhardt. La sorella maggiore, Ruth, diventerà una delle principali promotrici dell'arte concettuale statunitense e la cugina, una nota attrice. Hermann si orienta verso le arti grafiche ma con l’ascesa di Hitler è costretto a emigrare.

È a Parigi dal 1936 al 1939 e qui con Femina e Vogue France e poi a New York, dove lavora per il leggendario art director Alexey Brodovitch e per riviste di moda come Harper Bazaar, Junior Bazaar e Mademoiselle, e dove rimarrà fino al 1986, anno della sua morte. La rinascita avverrà molti anni dopo, nel 2012, quando Andreas Landshoff dona allo Stadtmuseum di Monaco di Baviera l’intero archivio del padre composto da 3600 stampe originali, molte delle quali esposte nella grande retrospettiva che ha salvato il grande fotografo da un imperdonabile oblio.