Pisa. Un cugino "ciccione" del Bosone di Higgs forse si nasconde nel nostro Universo, in mezzo a quella "zuppa primordiale" da cui noi stessi siamo nati. Lo hanno intercettato gli schermi di Atlas e Cms, due dei grandi rivelatori collegati al superacceleratore Lhc del Cern, potenziato e nuovamente in funzione dal giugno scorso. È una particella fino ad oggi sconosciuta, con una massa sei volte maggiore del Bosone, che sprigiona una forte energia e poi decade dando origine a due fotoni, quanti di luce di natura nucleare.

È una strana famiglia quella della materia che ci circonda, piena di scontri, dissidi, unioni e divorzi per buona parte ancora misteriosi. Ma il Modello Standard, quello con cui fino ad oggi siamo riusciti a spiegare la nascita dell'Universo a partire dal Big Bang, è completo con il Bosone di Higgs: non c'è più posto per altri parenti, né vicini né lontani. La nuova particella apparsa improvvisamente a dicembre è dunque il segnale che abbiamo superato le colonne d'Ercole e siamo entrati nel mondo sconosciuto. "Aumentando l'energia dello scontro tra protoni all'interno di Lhc e portandandola da 8 a 13 ter è come se avessimo aumentato l'esplorazione da San Gimignano all'Europa intera. Quindi adesso stiamo esplorando una regione completamente nuova", sottolinea Sergio Bertolucci, vicedirettore generale e direttore della ricerca del Cern fino a dicembre scorso e oggi presidente della Commissione Grandi Rischi. Aggiunge Guido Tonelli, tra i ricercatori che hanno scoperto il Bosone di Higgs e docente al dipartimento di fisica dell'Università di Pisa: "Se non appare niente di nuovo vuol dire che il Modello Standard regge anche ad energie più alte. Se invece vengono fuori particelle non previste, allora significa che quella spiegazione non è completa e che dobbiamo rivedere la nostra concezione del mondo".

Il fatto è che il Modello Standard, pur funzionando benissimo, non riesce però a spiegare alcuni fenomeni che osserviamo. Finora abbiamo scoperto che il nostro Universo è nato da un puntino infinitamente piccolo e che prima del Big Bang, 13,7 miliardi di anni fa, non esistevano né lo spazio, né il tempo. Sappiamo anche che, così come è nato, l'Universo avrà una fine, anche se non conosciamo né quando, né come. Abbiamo la certezza dell'esistenza di altri miliardi di galassie con cui non potremo mai interferire e nessuno esclude la possibilità che siano popolate da esseri viventi. Siamo poi riusciti a scoprire le particelle elementari che lo compongono, 16 in tutto, più la famosa 'particella di Dio', cioè il Bosone, vale a dire la 'colla' che le unisce. Ma le nostre conoscenze si fermano qui, ad appena il 4 per cento della materia di cui è fatto l'Universo. Come spiegare allora quella materia che non emette, né assorbe luce, emersa attraverso fenomeni di tipo gravitazionale?

Sappiamo che c'è, ma non si vede e per questo è stata chiamata materia oscura. Sappiamo anche che esiste una "dark energy", ugualmente non inclusa nel Modello Standard. Per questo il possibile "cugino ciccione" del Bosone di Higgs, apparso velocemente nel corso di due esperimenti di fine anno, ha messo in allerta i fisici. Tutto è successo in quel cerchio di 27 chilometri a cento metri di profondità nel sottosuolo del Cern, a metà tra la Svizzera e la Francia, dove fasci di particelle si scontrano come su un ring a 272 gradi sotto zero riproducendo per un tempo brevissimo e per un volume piccolissimo il primordiale Big Bang. Le potenti macchine digitali dei rivelatori scattano allora milioni di foto al secondo e inviano le più promettenti sugli schermi dei ricercatori.

Lei, la 'particella strana', non c'era nel mondo conosciuto fino a ieri. È apparsa solo quando la potenza dello scontro è aumentata portandoci in campi inesplorati. Ma è ancora troppo poco per gridare alla scoperta. "La ricerca richiede pazienza", ammonisce da sempre la direttrice del Cern, Fabiola Gianotti. Però ora che il superacceleratore è di nuovo in funzione dopo una pausa di un paio di mesi servita a implementare ancora di più l'energia dello scontro tra particelle, l'attesa è al massimo. "In questi giorni Lhc ha ricominciato a funzionare con un piccolo fascio di protoni. Bisogna attendere alcune settimane prima di arrivare alla massima potenza e comunque non avremo risultati effettivi fino all'estate", afferma il professor Tonelli, il quale getta un po' d'acqua sul fuoco. "Non sono ancora troppo convinto dell'esistenza di quella particella", dice. "Potrebbe anche essere una fluttuazione. Ma se i prossimi esperimenti ce la confermeranno, allora dovremo riscrivere tante cose del nostro Universo".

"Se quella particella esiste", sottolinea il professor Bertolucci, "Non decadrà solo in due fotoni. Fino ad oggi abbiamo visto un movimento dietro un cespuglio. Non si può escludere che sia stato soltanto il vento a muoverlo. Se invece c'è un 'animale', allora dobbiamo andare a scoprire che animale è, qual è la sua forma e la sua lingua. Questo ce lo potrà dire solo l'esplorazione sperimentale che con una nuova rivoluzione potrebbe superare e inglobare il modello precedente, spostando in avanti le Colonne d'Ercole".

Intanto si è già cominciato a pensare a un acceleratore di particelle ancora più potente di quello del Cern, perché se la scoperta fosse confermata si aprirebbero nuovi scenari per la conoscenza dell'Universo. A Roma, nel corso del convegno Annual Meeting of the Future Circular Collider, è stata mostrata un'immagine: un presepe con la cometa. E la cometa è disegnata con il simbolo con cui i fisici delle particelle descrivono i due fotoni. Segno che proprio quei due fotoni potrebbero indicarci la strada del futuro.