Nel 2012, quando la tecnologia pervade ogni campo della vita e del lavoro, c’è ancora chi si dedica a mestieri artigianali antichi come la penna intinta nel calamaio e l’illuminazione a candele. Mestieri antichi come il cembalaro, in questo caso, perché chi ricostruisce tale strumento a tastiera, nato nel sedicesimo secolo, lo fa per ridonare le giuste sonorità alla musica di epoca rinascimentale e barocca, immergendosi nelle antiche tecniche di lavorazione del legno. Solo immedesimandosi nella sapienza costruttiva del Cinquecento, del Seicento e del Settecento, i secoli d’oro per il clavicembalo, è possibile, oggi, riascoltare la musica così come la udivano le orecchie dell’epoca. È questa la filosofia di Marco Brighenti, parmigiano classe 1971, uno dei pochissimi italiani che hanno fatto dell’arte cembalaria la propria vita. Durante gli studi al liceo scientifico è nata la sua passione per la musica antica. Quindi la scelta di laurearsi in musicologia a Cremona, terra di liutai universalmente noti, come Antonio Stradivari. Tuttavia Brighenti non ha iniziato a costruire violini, bensì strumenti a tastiera ben più rari.

Com’è nata la decisione di costruire proprio questo tipo di strumenti?
Io sono musicologo e sin da ragazzino ho una grande passione per la musica rinascimentale e barocca. Gli strumenti a tastiera dell'antichità e il repertorio musicale scritto per essi mi hanno sempre affascinato. Unito a ciò, c'è la mia attrazione per il lavoro manuale di precisione. C'è stato un momento nella mia vita in cui ho voluto provare l'avventura di fondere assieme queste due passioni. Ovviamente però all'epoca non potevo avere la certezza di riuscire a trasformare questo sogno in un lavoro.

C’è un lato nostalgico nella scelta di fare questo mestiere, che consente uno stile di vita meno frenetico, più consono ai tempi naturali di stagionatura del legno?
Nostalgico nel senso di “rimpianto dell'epoca d'oro dell'artigianato” non posso dirlo, in quanto è un periodo storico finito prima che io lo potessi gustare. Però, fra le motivazioni che mi hanno reso così appetibile questa attività, c'è certamente la mia predilezione per un lavoro “intimo”, per il contatto con la materia grezza e con le antiche tecniche per trasformarla in un prodotto artistico, esteticamente appagante.

Qual è il repertorio che si può suonare sul clavicembalo?
Il repertorio musicale per questo strumento è veramente sconfinato. Il periodo d'oro del clavicembalo va dall'inizio del 1500 alla fine del 1700. All'interno di questo arco di tempo troviamo una grande varietà di stili, a seconda delle nazioni (Italia, Francia, Inghilterra, Olanda, Spagna, Germania...), delle epoche e dell'estro dei singoli autori che hanno costellato un'Europa musicalmente ricchissima. Il clavicembalo oltretutto non era solo strumento solistico ma era anche utilizzato per effettuare quel particolare tipo di “accompagnamento” musicale detto “basso continuo”. In questa veste esso veniva impiegato anche all'interno dell’orchestra barocca e dei gruppi cameristici. Per esempio anche nelle famosissime Quattro stagioni di Vivaldi, la presenza del “basso continuo” è prevista.

Dove si può imparare questo mestiere?
A differenza degli strumenti di liuteria, la cui tradizione costruttiva non si è mai interrotta dall'antichità fino ai giorni d'oggi, per quanto riguarda gli strumenti della famiglia del clavicembalo c'è un secolo “buio”, l'Ottocento. In questo secolo è andata persa la memoria di un'arte costruttiva. Ciò comporta che, oggigiorno, non esistano vere “scuole di costruzione” paragonabili alle scuole di liuteria. A inizio Novecento nacque un interesse nei confronti del clavicembalo ma i primi tentativi di ricostruirlo furono alquanto grossolani e fantasiosi, ottenendo delle specie di “pianoforti” con le corde pizzicate. L'idea di imitare gli antichi strumenti originali è più tarda e, per molti versi, è ancora in fase di arricchimento. Strumenti antichi si possono trovare in musei o in collezioni private: alcuni di questi sono arrivati a oggi in buone condizioni ma di solito, per tornare a suonare, hanno bisogno di un restauro. In questa occasione spesso vengono smontati, ed è possibile anche studiarli, fare misurazioni delle parti interne, fotografie etc. Ogni nuovo restauro di un clavicembalo apporta importanti informazioni sulle tipologie di strumenti, sulle caratteristiche costitutive, sulle tecniche costruttive adottate dagli antichi, sui materiali e sull'estetica del suono ricercato. Per questo motivo la conoscenza di questi strumenti a tastiera è un “work in progress”. Imparare a costruire clavicembali è quindi un percorso molto individuale, fatto di studio dei resoconti di restauro, degli scritti di organologi e di disegni tecnici ma anche di confronto con altri artigiani del settore e di interazione col mondo degli esecutori. Io ho avuto la fortuna di poter partecipare anche a diversi corsi e seminari di costruzione e di restauro.

Come si fa per imparare a lavorare il legno?
Imparare a lavorare il legno è prima di tutto conoscere un materiale vivo, che riserva mille spiacevoli sorprese a chi tenta di dominarlo senza saper prevedere il suo comportamento nel tempo. Personalmente ho imparato a utilizzare i macchinari da legno grazie all'aiuto di un falegname in pensione che mi ha preso sotto la sua ala, ho letto tutta la letteratura sull'argomento che sono riuscito a procurarmi, anche libri sei-settecenteschi sugli attrezzi e le tecniche di lavorazione e decorazione del legno. Molto ho imparato da un anziano restauratore di mobili che sa usare in modo sopraffino gli antichi attrezzi a mano e gli antichi collanti. L'incontro con questa splendida persona ha dato una svolta importante al mio percorso formativo, facendomi scoprire come spesso la lavorazione a mano sia più precisa, più versatile oltre che più piacevole di quella a macchina.

Ci sono però dei macchinari moderni che aiutano il lavoro?
Anticamente molte operazioni di taglio e rettificazione del legno grezzo erano inevitabilmente effettuate a mano. Oggigiorno esistono macchine che permettono di compiere queste operazioni più velocemente ed economicamente ma il limite di tali macchine è la precisione. Io opto per combinare la velocità di un lavoro grezzo effettuato a macchina, con la precisione e la bellezza di una successiva finitura effettuata a mano. Una pialla a mano ben affilata è in grado di asportare trucioli di legno sottilissimi, fino a un quarto dello spessore di un foglio di carta comune. Questo consente di portare un pezzo di legno esattamente alle dimensioni necessarie, con la massima precisione. Anche l'uso dei collanti antichi a base di collagene tratto dalla pelle o dalle ossa animali, è estremamente vantaggioso ma necessita una certa esperienza. Queste sostanze producono incollaggi forti e duraturi nel tempo e hanno anche il vantaggio di essere “reversibili” (cioè scollabili) nel caso lo strumento, dopo anni di uso, richiedesse riparazioni o restauri.

Oltre al legno quali altri materiali si devono saper lavorare?
Il numero di materiali utilizzati in un laboratorio come il mio è ampissimo: metallo, pergamena, pelle, tessuti, feltro. Ovviamente, la decorazione di uno strumento con tecniche originali comporta il contatto con un mondo intero di materiali affascinanti: pigmenti, gomma arabica, resine naturali, foglia d'oro, cera d'api, olii essiccativi, olii essenziali, gesso...

Nel percorso per imparare a costruire questi strumenti, ci sono stati momenti di scoraggiamento?
Momenti di difficoltà e di scoraggiamento non sono mancati, soprattutto all'inizio del cammino. Tutto era un problema, spesso apparentemente insormontabile. Ricordo come si ruppe la tavola armonica della mia prima creatura; ricordo i primi tentativi fallimentari di curvare il legno per dargli una forma ben precisa. Ovviamente ognuno di questi momenti creava in me un istante di spaesamento e mi chiedevo se avesse senso proseguire il cammino. Anche il falegname che per primo mi ha insegnato a usare i macchinari rimase inizialmente perplesso nei confronti del percorso che stavo facendo. Questo artigiano, che aveva appreso la falegnameria in bottega sin da bambino, guardava me già trentenne e scrollava la testa, come se l'impresa fosse disperata. Non era esattamente incoraggiante. Cambiò idea quando vide il mio primo strumento finito.

Quando invece la decisione di farlo per mestiere?
Sicuramente il momento che ha dato una grande svolta è stato quando ho chiesto a Trevor Pinnock, uno dei più importanti clavicembalisti del mondo e direttori d'orchestra, di testare il terzo strumento costruito da me e dai miei due “soci” (all’epoca con me lavoravano anche mia sorella e un mio carissimo amico, Leonardo). Pinnock, che in quei giorni era a Parma per un concerto, acconsentì. La sua reazione fu entusiastica e, alla fine, comprò il nostro strumento. Immediatamente dopo quella vendita ne seguì un'altra “illustre”, a Fabio Biondi, il famoso violinista e direttore del complesso barocco Europa Galante. Penso che siano stati quei due successi così precoci a farmi decidere che valeva la pena di mettermi in ballo del tutto.

Quanto tempo ci vuole mediamente per costruire uno strumento?
Ogni tipologia di strumento può necessitare tempi diversi di produzione. Solitamente i tempi oscillano fra i tre e i sei mesi. Ovviamente tutto quanto riguarda il mondo della decorazione di un clavicembalo può rallentare anche di molto questi tempi.

Quante tipologie di strumenti costruisci?
La “famiglia” del clavicembalo comprende più strumenti diversi fra loro: il virginale, la spinetta, il claviciterio e il clavicembalo propriamente detto. Ognuno di questi strumenti ha avuto sensibili varianti a seconda della nazione di produzione e dell'epoca. Quindi potenzialmente la gamma di oggetti che un costruttore di cembali può affrontare è ampissima. Io costruisco alcuni strumenti dotati di caratteristiche sonore e meccaniche particolarmente interessanti per l'esecutore moderno ma sono sempre alla ricerca di nuovi disegni tecnici di altri cembali, nella speranza che qualche esecutore “ardito” mi affidi anche la costruzione di strumenti più insoliti. In ogni caso i miei strumenti sono copie fedeli di strumenti conservati in musei e collezioni private e, per realizzarli, impiego le antiche tecniche costruttive. Visto che la richiesta di questi strumenti nasce da un ambiente di musicisti che tenta di ricostruire la prassi esecutiva di un'epoca, credo che anche da parte del costruttore sia importante tentare di ricreare suoni e meccaniche quanto più simili a quelli originali.

Dove c’è più mercato per il clavicembalo: in Italia o all’estero?
Sicuramente il mercato più ampio e interessante è quello d'oltralpe. Germania, Austria, Svizzera, Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra... sono nazioni in cui la cultura musicale è molto più sviluppata che non in Italia. Qui la musica antica dà sbocchi lavorativi interessanti e premia il merito. Queste condizioni fanno sì che l'esecutore consideri l'acquisto di un cembalo “investire nel proprio lavoro” e non uno sfizio. Inoltre, un mercato nuovo che ho scoperto con piacere è quello giapponese. Il Giappone è una nazione che ha una grandissima curiosità e sensibilità nei confronti della musica occidentale e che comincia ad avere una buona conoscenza anche del repertorio antico.

Di solito chi è che acquista?
Studenti, concertisti, istituzioni. A esse si può aggiungere sporadicamente qualche appassionato che suona solo per diletto. Ognuna di queste categorie ha esigenze diverse. Lo studente solitamente cerca uno strumento economico e che consenta di suonarvi sopra più repertorio possibile. Il concertista cerca uno strumento particolarmente sonoro e bello esteticamente. Recentemente ho venduto uno strumento alla Haute École de Musique di Ginevra e, un altro ambito di lavoro sempre per le istituzioni, è quello del restauro. Al momento ho fatto solo un'esperienza importante in questo campo, il restauro di un piccolo virginale seicentesco per la Sovrintendenza ai beni artistici di Firenze e devo dire che, per un appassionato di questo lavoro, poche cose possono essere così emozionanti come far tornare a suonare uno strumento musicale dopo secoli di silenzio.

Per ulteriori informazioni: www.brighenti-harpsichords.com