I concerti di Bob Dylan non assomigliano mai a un album di ricordi. E’ impossibile andare a sentirlo dal vivo e trovarsi di fronte una lunga serie di brani classici, di pezzi notissimi che costellano una carriera ultracinquantennale. Sarebbe bene saperlo prima di comprare il biglietto, perché a volte chi ha aspettative di questo tipo resta deluso: anche quelle poche (quattro, cinque, sei al massimo) canzoni celebri infilate in scaletta e che tutti, dalla nonna al nipotino, conoscono, sono così trasfigurate che spesso serve tempo per riconoscerle, e qualche volta anche il tempo non basta.

E’ quello che è successo a Lucca il 1° luglio, nel concerto d’apertura del Lucca Summer Festival 2015. A sigillare la sua performance, Dylan ha cantato “Blowin in the wind”, forse uno tra i suo cinque pezzi più conosciuti, solo che l’ha così profondamente cambiata, dandole un’impostazione jazz, che molti non hanno capito che cosa stavano ascoltando.

Eppure il concerto di Lucca, come quello di Roma due sere prima, ha mostrato un Dylan in ottima forma, con una voce che, se non perde la tendenza al gracchio qua e là, ha saputo essere piena e rotonda come poche volte negli ultimi quindici anni. La questione sostanzialmente è questa: quest’uomo è perennemente in concerto (non per nulla il titolo dell’evento è Never Ending Tour), ha scelto da decenni di non portare in giro una manciata di greatest hits per autocelebrarsi, e continua ostinatamente a presentare quello che ha scritto negli ultimi anni e a riarrangiare ciò che arriva da tempi lontani. Personalmente è una scelta che apprezzo: la interpreto come la volontà ostinata di voler essere un artista che prova ancora a dire qualcosa con la sua voce attuale (in tutti i sensi), che farebbe meno fatica se presentasse ogni sera un revival di se stesso, e non attirerebbe le immancabili critiche che alludono a un suo scarso rispetto del pubblico (del tutto ingenerose) e al suo carattere poco incline al calore umano (del tutto giustificate).

Naturalmente Bob Dylan non è intoccabile, né perfetto (nel 2006 a Pistoia mi annoiò), e nel giudicarlo basta attenersi alla qualità musicale delle esibizioni, dimenticando le aspettative o i desideri, e magari considerando quali sono le sue abitudini. La qualità di Lucca è stata molto alta, con una band che funzionava alla grande, con un suono tagliato più o meno a misura dell’ultimo disco, “Shadows in the night”, quello dedicato a Frank Sinatra, da cui però ha pescato solo due brani (“Full moon and empty arms” e “Autumn leaves”, molto brevi ed intense). Le pietre miliari inserite nella setlist sono state quattro: “She belongs to me”, “Tangled up in blue” (interessante la riscrittura), “Simple twist of fate” (forse l’apice della serata) e “Blowin’ in the wind”. Per il resto, esauriente campionario di “Tempest” del 2012, (“Duquesne whistle”, “Pay in blood”, “Early Roman kings”, “Scarlet town”, “Soon after midnight”, “Long and wasted years”) il più convincente dei suoi ultimi lavori, ma anche la perla “Workingman’s blues #2” da “Modern times” del 2006 (così come “Spirit of the water”). Due i richiami a “Together through life” del 2009 (“Beyond here lies nothin’” e “Forgetful heart”) e uno a “Love and theft” del 2001 (“High water (for Charlie Patton)”). La chiusura con “Love Sick” da “Time out of mind” del 1993, cioè risalente a quando questo gigante della musica popolare aveva solo trent’anni di carriera alle spalle, ha un sapore quasi archeologico, in una serata del genere.

Prima di Bob Dylan, gli spettatori avevano avuto un riscaldamento non di poco conto: un’ora di Francesco De Gregori, che si è dimostrato brillante e motivato dall’aprire la serata al suo mito personale (“Voi tutti sapete quanto sono felice di essere qui stasera” ha detto, e poi ancora prima di andarsene “Vi lascio in buone mani”). Anche il suo concerto è stato ottimo, con qualche concessione in più alla lista di sogni del pubblico (da “Rimmel” a “La donna cannone”, da “La leva calcistica del ‘68” a “Niente da capire”, da “Buonanotte Fiorellino” a “Viva l’Italia”, solo per citare quelle che tutti potremmo canticchiare a memoria.

Una serata musicale splendida, insomma, sciupata in parte da una logistica molto approssimativa, che ha relegato un numero tutt’altro che esiguo di paganti in posizioni da cui non riuscivano a vedere praticamente niente, dopo averli costretti a fare lunghissime e ripetute code prima dell’entrata. La speranza è che l’organizzazione, che porta a Lucca artisti straordinari ogni anno, trovi una messa a punto per il resto del cartellone, appena aperto e molto lungo e importante.

Setlist Bob Dylan
  1. Things Have Changed
  2. She Belongs To Me
  3. Beyond Here Lies Nothin'
  4. Workingman's Blues #2
  5. Duquesne Whistle
  6. Waiting For You
  7. Pay In Blood
  8. Tangled Up In Blue
  9. Full Moon And Empty Arms
    Intervallo
  10. High Water (For Charley Patton)
  11. Simple Twist Of Fate
  12. Early Roman Kings
  13. Forgetful Heart (ttl)
  14. Spirit On The Water (mt)
  15. Scarlet Town
  16. Soon After Midnight
  17. Long And Wasted Years
  18. Autumn Leaves
    Encore
  19. Blowin' In The Wind
  20. Love Sick
Setlist Francesco De Gregori
  1. Il canto delle sirene
  2. Ti leggo nel pensiero
  3. Finestre rotte
  4. Viva l'Italia
  5. Il panorama di Betlemme
  6. La Leva Calcistica del '68
  7. La testa nel secchio
  8. Niente da capire
  9. Buonanotte fiorellino
  10. Sotto le stelle del Messico
    Encore
  11. La donna cannone
  12. Rimmel