Nulla di più evidente.
Sezione d'archivio ed estrapolazione: volumi, disegni, colori.
Isolamento dei medesimi in chiare formule espressive.
Nulla, all'apparenza, di più semplice.
2 Luglio 2012.
Creazione di un lessico che penetra la complessità della costruzione sartoriale.
In questa data Raf Simons apre al mondo il suo personale archivio immaginativo di Dior.
I risultati convertono la moda ad una riflessione colta, attraverso la partizione dello scibile compositivo e archivistico.
Da questo momento il dato personale di chi crea si innesta in quello universale di chi ha creato.
L'Haute Couture A/I 2012 segna la partenza di una nuova corrente interpretativa dello stile.

Dior nasceva, con il New Look, nel dopo guerra, per esigenze economiche, politiche e sociali, legate alla rinascita del tessile e dell'industria manifatturiera, messa in ginocchio dalla Seconda Guerra Mondiale.
I suoi codici stilistici erano per lo più legati agli ampi volumi delle gonne (corolle) e alle importanti metrature di tessuto impiegate.

Nel 2012, nel pieno di una crisi economica globale, ma che maggiormente ha investito l'occidente, è la stessa Maison Dior a chiamare Simons alla Direzione Creativa ed ufficializzarlo nell'aprile di quell'anno.
Per le stesse ragioni per cui nel dopoguerra si doveva tornare a sognare ora si deve rendere il sogno accessibile.
Non è una questione di costi effettivi, ma di messaggio: costi espressivi di un quadro oramai fuori tempo, per movenza e decoro, dal vivere corrente.
Simons si è fatto interprete dei codici costruttivi nord europei in quanto belga e in quanto connesso alla possibilità di dare rilievo al gesto e al segno.
La semantica di Simons, si è posta su di un vetrino e nell'occorrenza di un lirismo privo di sovrastrutture, ha indirizzato, dallo scranno più alto della Couture parigina, lo stile verso l'assoluto contenutistico.
I colori sono divenuti totali: monocromi che si mescolano per associazione e mai per sovrapposizione o mescola.
Decori baconianamente recintati in moduli degni delle migliori quadrerie dei primi '900. Volumi la cui identità si esprime nel tratto tagliente privo di soluzione di continuità; volumi a pannello che come pagine esprimono l'atto creativo.

Questo è il lessico che l'alto artigianato della Couture francese ha innescato con l'operazione Simons. Interdicendoci alla visione ostentata, regalandoci l'assoluta maestria di macchia e volume.
I giochi dei corpi, delle donne di Dior/Simons, si sono innestati nel decoro di un mondo che esige valore di concetto ed esecuzione.
La donna di Dior è la donna che è per sé e non per la Griffe.
Difficile immaginarlo, sino a poco tempo fa, ma la sua natura è contaminata da ciò che la può esaltare nel suo valore semantico.
Non segno come scritta, ma come composizione annessa al tempo reale.
Armonizzata al ritmo della natura che non cerca di essere migliorata, ma rispettata.

Dal giallo del sole, al rosso geranio, dal bluette al verde, a tutte le declinazioni delle metallescenze minerarie.
Se Monsieur Dior ha amato i fiori l'attuale suo interprete ne ha estratto la linfa.
Dei petali ne ha tratto veste, nervo e predicato...
Dalla curva ha servito il corpo e il corpo è servito alla curva.
Curve e colori sono serviti al disegno.
L'essenza del contemporaneo si spreme dal passato, ma è il “divenuto” che fa da marcatore del domani: verbo sempre aperto nell'oggi.
Dior ha con forza invertito il senso apparente della Couture per affrescare il cemento dei corpi che servono d'a-m-bito al domani.
Simons ne è l'“architetto” cantore.