Il farmacista di Norimberga Basilius Besler trascorse buona parte della sua vita (1561 - 1629) nella cura del giardino dell’arcivescovado di Eichstätt, vivace centro culturale e religioso dei dintorni di Monaco di Baviera.

Il potente Arcivescovo Conrad von Genningen gli aveva infatti affidato l’incarico di arricchire quell’orto botanico fino a farlo diventare il più prezioso e il più celebre di tutta la Germania. Era importante riuscire ad avere, anche grazie al clima collinare favorevole, un giardino che offrisse dei fiori in ogni stagione, per creare una “camera delle meraviglie naturale”: la collezione sarebbe stata così più vasta e originale affiancando la raccolta di “artificialia”, composta di oggetti particolari ed originali provenienti da ogni parte del mondo.

I luoghi di origine delle piante del giardino di Eichstätt erano molteplici. Oltre alla flora europea orticola e spontanea, a quella mediterranea ed endemica, erano presenti un nutrito numero di piante esotiche, americane (Nicotiana, Opuntia, Agave) o africane (agrumi e Aloe) e una copiosa varietà di tulipani da poco arrivati dalla Turchia. Particolare riguardo venne riservato alle quattrocento piante medicinali, ma forse le collezioni più strabilianti erano quelle di Rose antiche e Lilium, ricche di profumi, nuove forme e colori.

Nei primi anni del Seicento Basilius Besler ricevette l’incarico più impegnativo: realizzare un’opera che descrivesse le piante dell’Hortus di Eichstätt, dando alle stampe il più grande ed importante libro di fiori di tutti i tempi. Nacque così l’Hortus Eystettensis, pregevole florilegio, in folio imperiale, di 367 tavole ottenute da incisioni su rame, con la magistrale raffigurazione di 1084 piante.

Sul “verso” di ogni pagina compaiono le descrizioni scientifiche in latino ed i riferimenti bibliografici ai botanici più importanti dell’Europa del Cinquecento. Per la realizzazione delle figure floreali, Besler si servì della maestria dei più importanti disegnatori e incisori: per citarne alcuni W. Kilian, J. Leipold, H. Lederer, S. Raeven, che lasciarono timide firme o monogrammi fra le radici delle piante o nei sontuosi frontespizi.

La divisione di base dell’Hortus Eystettensis corrisponde alle quattro stagioni (chiamate classi), a loro volta divise in ordini. Gli ordini contengono raggruppamenti eseguiti con diversi criteri che possono essere morfologici o di fioritura.

Le figure sono raggruppate a due, tre, fino al massimo di sette per tavola. Soltanto alcune piante, quelle considerate più importanti, hanno diritto da sole alla piena pagina, come la Flos Solis o la Colus Iovis o persino a due pagine come la Martagon Imperialis. Nell’impaginazione, l’apertura spetta all’inverno con 7 tavole; più copiose la primavera con 134 e l’estate con 184 tavole. Chiude l’autunno con 42. Un magnifico frontespizio generale e i quattro frontespizi delle stagioni arricchiscono l’opera, offrendo festoni pendenti di fiori e frutti, un tripudio di vegetazioni, animali, alambicchi, rettili e pietre e altri arnesi della spezieria.

E’ certo che la prima edizione del 1613 ebbe una tiratura di 300 esemplari, in parte a colori, e che c’è stata una seconda edizione nello stesso anno e due ristampe successive e, per ultima, quella del centenario nel 1713. La scellerata distruzione delle lastre di incisione avverrà a Monaco nel 1817, per permettere così all’editore di ottenere una costante rivalutazione dell’opera nel tempo.

Viaggiando da una capitale all’altra sono riuscito a consultare sette dei pochissimi esemplari a colori rimasti, incontrando non poche difficoltà per essere autorizzato a sfogliarli: le copie conservate a Eichstätt e nella Biblioteca del Museo di Storia Naturale di Parigi sono ancora splendide.
In tutti gli esemplari campeggia la singolare ed austera figura di Basilius, con in mano la più semplice e profumata delle piante medicinali che ricorda il suo nome: il basilico.

In collaborazione con: www.abocamuseum.it