Nel cuore della città dei Medici, a due passi dal Palazzo della Signoria che fu loro dimora, attiguo a via Ghibellina dove Michelangelo e Giovanni da Verrazzano hanno avuto i natali, inaspettata appare una trattoria con un'insegna che reca la scritta sul marmo bianco Pizzicheria e Canova dei vini, un'insegna che ricorda storia, tradizione, botteghe fiorentine…

Firenze, qui ospita un tempio del gusto e del buon bere, La Trattoria del Francescano e La Cantina del Francescano, in una piazza che è tutto un rincorrersi di marmi bianchi, riccioli e volte, cuspidi e voli di piccioni, con la statua di Dante statica e assorta, filo conduttore fra la cucina classica e rivisitata, e trent'anni di lavoro; il locale fondato da Alberto Bernardoni, “storico” della ristorazione, ha creato qualcosa di unico, una cucina innovativa ma anche ripetitiva, mai banale, che oggi rappresenta un primato fiorentino nel gusto e nella tavola. Forse il piacere del gusto è racchiuso nell’emozione che suscita, un’emozione che attraversa la storia cittadina, che giunge da esperienze personali e culturali.

Antony Quinn, una montagna di simpatia, Paloma Picasso, Zeffirelli, Vittorio Gassman, bellissimo e altero, il trio dei toscani Panariello, Conti e Pieraccioni, un Benigni surreale nella sua ironia, l’elegante Giorgio Armani, i miti della Fiore Mario Gomez, Batistuta, Rui Costa e Giancarlo Antognoni, l’imprenditore Marciano di Guess, i Fratini della Rifle, i Della Valle, la fiorentina Martina Stella, Alessandro Gassman, Amy Stewart… Trent’anni di personaggi ma anche di gente comune, per un rito antico, la tavola del Francescano.

Sono passati 30 anni da quando la trattoria ha tirato su il bandone, una botteghina che è andata via via ingrandendosi, con la stessa insegna, la sicurezza di gustare una fiorentina e tutto un mondo di sapori toscani, il pane di campagna, l’olio, il vino. E su tutto l’entusiasmo e il sorriso del patron per eccellenza, l’enfant prodige della ristorazione fiorentina, Alberto Bernardoni, figlio d’arte; gli esordi Da Ganino, affiancato dalla famiglia, poi, come succede nelle famiglie quando si cresce, Roberto in America, gli altri in giro per il mondo; Alberto fonda il Francescano e, dopo 30 anni è sempre al timone, affiancato da Leonardo Scuriatti, scuola di Leonardo Romanelli, anche lui talentuoso patron, pieno di iniziative ed entusiasmo, che afferma il Francescano come una delle migliori cucine della città e d’Italia.

E oggi, dopo 30 anni esatti dalla nascita del locale, brilla in cucina la stella Michelin di Alessandro Panzani, proprio per dare una nuova impronta, più moderna e creativa, rivelandosi uno chef irriverente e arguto, pieno di curiosità. Laurea in matematica, esperienze da Vergè in Francia al ristorante Moulin de Mougins, al ristorante Aubergine a Francoforte, all’enoteca Pinchiorri, da Siro Maccioni al Le Cirque di NY, da Rebuchon e alla Torre d’Argento a Parigi, da Marchesi a Milano e al Pianeta Terra a Roma, e poi L’Antica Posta di San Casciano, l’Arlecchino a Seul, da Santin a La Cassinetta di Lugagnano, al Pescatore a Canneto sull’Oglio, all’Osteria dell’Olio di Firenze, da Giannino a Milano e al Gallura in Sardegna, e dopo un girovagare tra Denver e Baltimora, Los Angeles e Buenos Aires, Sidney e Kobe, Mosca e Honk Kong, Londra e Lisbona, finalmente di nuovo a Firenze.

Lo chef Alessandro Panzani, sempre sorridente e pieno di entusiasmo, afferma: "La nostra città è il cuore di un territorio vasto e affascinante, noi fiorentini la storia di Firenze si racconta a tavola, fra ricette vecchie e tramandate, l’eterno ripetersi delle stagioni del vino, il verde dell’olio, la pasta, il pane, la fiorentina... Firenze parte dal cibo per raccontarsi, per narrare la sua storia attraverso la cucina”. Famoso dovunque ha esercitato il suo talento sempre in giro per il mondo, sia per curiosità che per apprendere nuove metodiche; è in pratica un giocoliere, passa dalla cucina alla sala, lascia i fornelli per accogliere il cliente con grande senso dell’ospitalità; è un gourmet d’altri tempi, e come in un affascinante viaggio, ci parla, spiega e condivide con allegria e passione la voluttà dei sapori, il suo senso dei profumi, degli abbinamenti, dell’estetica e del colore: “ne ha fatta di strada Il Francescano, nato con Alberto Bernardoni come trattoria, una botteghina, come si dice a Firenze, trasformata oggi con un sapiente restauro in un locale bellissimo, caldo, importante, con una pregevole cantina, che continua ad essere il crocevia di tutti gli artisti che si fermano nei teatri cittadini, dei calciatori, di importanti cene private, di frenetici eventi per Pitti”.

Dunque il locale si è modificato, allargato fino a creare La Cantina de Il Francescano, sale illuminate da mille candele, atmosfere affascinanti, marmi rosa e specchi che duplicano, riflettono, dilatano gli spazi, l’insegna sempre al suo posto, ma il vecchio bancone ha lasciato il posto a un elegante banco di marmo, belli i tavoli, tovagliati di lino hanno preso il posto della carta gialla, fiori dovunque, trionfi di pomodori pachino rossi appesi agli schidioni in ferro, il ripetersi di ricette e di piatti che hanno conquistato personaggi di passaggio.

Alessandro, raccontaci la tua cucina al Francescano

Il pane, l’olio, i fagioli, la chianina, il coniglio e il piccione, ma anche il baccalà, il tartufo, le bufale e il prosciutto, e poi la verdura fresca, appena colta dai contadini dei dintorni, ancora se ne trovano, la mia è la voglia di accostare, stupire anche, ma la Toscana rimane sullo sfondo, è il mio punto fermo. Tanto la cucina di grande qualità è il segreto di Pulcinella, il segreto sono le materie prime che adopero per gli abbinamenti, che fanno parte della mia creatività, è come un mosaico, tassello dopo tassello io creo il piatto finale che ha le mie caratteristiche, si riconosce dall’impronta.

Ami preparare la pasta fatta in casa?

La pasta fresca e il pane, nella mia cucina, hanno una importanza primaria; in definitiva la cucina toscana era una cucina dei poveri, io sono affascinato dalla manualità, dai gesti, è quasi un rito quello dell’impasto, le mani, il gesto di affondarle nella pasta molle e tenera, compiono quasi un gesto voluttuoso.

Ti senti un po' artista?

Artista lo sono sicuramente, anche se l’artista possiede un granello di follia, come diceva Emily Dickinson, ma la mia è arte nella presentazione, un piatto deve avere anche un bel senso estetico, in definitiva è il primo impatto quando lo presenti.

Il tuo staff?

Lo staff è tutto, è fatto di gesti, occhiate, complicità; ogni piatto, anche se sembra ripetitivo, è una creazione, non è un fatto meccanico, ma creativo, e i ragazzi della brigata sono attori come me, interpretano il copione e ci mettono del proprio.

E i tuoi piatti?

Tutto è fantasia, il mio segreto è che in cucina davanti a una montagna di prodotti freschi del mercato io mi diverto, ogni cosa per me è viva, vitale, pronta per essere abbinata, coinvolta da altri sapori, senza per questo perdere autenticità.

Cos’è la stella Michelin per te? Ride Alessandro Panzani e ti coinvolge nella sua talentuosa follia.

E' come fare l’Università e diventare dottori con 110 e lode: noi chef, parlo di quelli bravi, con il talento si nasce, ma non basta, si continua a studiare, informarsi, creare e provare, il nostro è un viaggio senza fine, non siamo mai arrivati, c’è sempre qualcosa da scoprire... e oggi voglio scoprire come Firenze sia prima al mondo per arte e cucina, ma forse è una scoperta che ho già fatto!

Ricetta d'autore

Baccalà mantecato soffice stufato al pepe rosa

Ingredienti:
600 gr di filetto di baccalà pulito e dissalato (si privilegia il baccalà delle Isole Faroe)
pepe rosa
3 cucchiai di olio evo
½ bicchiere di vino bianco secco
120 gr di parmigiano
panna fresca q.b.

Preparazione:
Dopo essersi accertati che il baccalà sia completamente dissalato e dopo averlo pulito dalla pelle ricaviamo 4 tranci da 150 gr l’uno, sistemiamoli in un foglio di carta d’alluminio e poniamoli nel congelatore. Mantechiamo con una frusta l’olio, il vino bianco, il parmigiano con la panna inserendola a filo fino a ottenere una crema omogenea. Un'ora prima togliamo il baccalà dal congelatore e lo facciamo stemperare a temperatura ambiente. Quando sentiamo che si sta ammorbidendo apriamo l’involucro e senza disperdere il liquido mettiamolo a pezzettini dentro il composto con la panna. Con la spacciatrice, con un movimento dal basso verso l’alto, e continuando a versare la panna a filo, montiamo il composto fino a ottenere una spuma. Aggiustiamo leggermente il sale e riponiamo tutto in frigo. Al momento di andare in tavola passiamo velocemente in forno a gratinare aggiungendo sopra dei grani di pepe rosa.

Per maggiori informazioni:
Il Francescano e La Cantina de Il Francescano
Via Largo Bargellini , Piazza Santa Croce, Firenze

Crediti fotografici: Fabrizio Gaeta