Loris Elio Sardelli
Collabora con Meer da settembre 2014
Loris Elio Sardelli

Nasco otto mesi, tre settimane e quattro giorni prima del 18 giugno 1970 in quel di Genova.

Genova, città che mi ha dato i natali e che, più passa il tempo, più mi accorgo non essere meta nativa casuale, stante la sua natura di storica nobile ed equilibrata città di scambi, uovo fucina di nuovi pensieri e di nuovi respiri umani.

Della mia infanzia, ho vividi ricordi. Ricordo l’abbraccio materno ed il calore che mi profondeva; ricordo il viaggio all’Isola d’Elba e quel senso di libertà che assaporai in riva al mare giocando spensierato, nel suolo che aveva calcato le sofferenze di Napoleone Buonaparte; ricordo il rumore delle foglie croccanti di Via Giordano Bruno, al che, già allora, mi recavo solitario e consapevole del mio destino, dall’asilo alla scuola elementare nelle prime giornate di autunno; ricordo le spensierate estati passate a Priaruggia, immerso nel suo golfo a fare immersioni, alla ricerca di immaginari tesori, così come l’incontro con l’onde del mare infuriato, che, più fosse infuriato, più la mia passione aumentasse nonostante i patemi di mia madre che da riva osservava le mie peripezie marine.

E cresco, cresco con un padre severo ma giusto, cresco con l’amore di mia madre sempre disposta a mediare le mie esuberanze, cresco tra la scuola e il mare, cresco alla ricerca di amicizie eterne ed amori ideali. Da ragazzino, percorro i meandri dei vicoli, unendo gli uffici di garzonetto di farmacia, con quelli di un animo assetato di voci, di rumori, di profumi, di odori, di colori e di immagini in bianco e nero che solo i Caruggi genovesi hanno la prerogativa di donare. Ritengo aver sviluppato la passione per gli angoli nascosti delle vie dell’uomo, proprio in quei giorni spensierati, ove un passo oltre significasse cambiare radicalmente visuale, ove entrare in un portone insignificante alla vista esterna significasse incontrare un mondo architettonico fatto di meraviglie e stupore, significasse penetrare un mondo nascosto agli occhi dei più, ed a volte, anche schivo per le sue penombre.Vedevo, poco più che dodicenne, il flagello della droga portarsi via ragazzi colpevoli solo di essere sfortunatamente deboli. Io sì, posso scrivere di aver vissuto purtroppo una guerra, vedendo morire esseri umani sotto i miei adolescenziali occhi, nell’indifferenza dei passanti. Turbini, turbini di emozioni hanno accompagnato la mia adolescenza ed hanno nutrito il magma del mio essere loris elio. A corollario del classico detto mens sana in corpore sano, il nuoto con il suo silenzio, le arti marziali, nello specifico il karate, con il suo equilibrio e controllo. Inoltre e altresì, le vacanze in Friuli ogni anno, nel medesimo periodo agostano; vacanze occasione di riordino nella pace della campagna pordenonese, alle sorgenti dei fiumi che la cingono, alla musica delle cascate del fiume Gorgazzo proprio frontali alla Locanda che si sceglieva per trascorrere quei momenti di riposo.

All’età di diciassette anni il trasferimento in Friuli; un’occasione unica, poter visitare e continuare i miei studi presso le tanto amate sorgenti del fiume Gorgazzo; un’occasione unica poter entrare dentro di me aiutato dalla pace che mi circondava. E qui Stacco da Terra, raccolta da me ripudiata non ritenendola tecnicamente all’altezza delle mie aspettative. Così avverrà, coverò lettere, parole, versi, eccezion fatta per qualche raro sprazzo di scritto sui tovagliolini sottili di un bar, fino all’inizio dei miei viaggi.

L’Italia in lungo e in largo, Londra, Vienna, Varsavia, San Pietroburgo alla ricerca di un qualcosa, qualcosa che fosse lo svuotamento. Il «viaggio» è in me, è sempre stato in me, ed è un viaggio dentro di me. Scrivere poesie lo percepisco quale atto di sublimazione di un itinere. Sul finire dei viaggi il lavoro in banca dove inizio dalle fondamenta, ragazzo archivio, ragazzo fotocopia, ragazzo cassa, ragazzo di bottega. Ivi, cresco professionalmente fino agli odierni incarichi dedicati alle analisi sui meriti creditizi, dopo aver girato circa una ventina di ruoli, una ventina di luoghi, una ventina di uffici. Ivi, momento ancor più importante, conosco la mia futura moglie e conosciamo insieme le nostre due metà dell’animo unite, i nostri pargoli.

Arrivano gli studi Sanscriti, gli approfondimenti su Giordano Bruno, le appassionate letture di Neruda, Puskin, Montale, Apollinaire che divengono via via più consapevoli e, su tale cardine della consapevolezza quale lettore, un’idea si inizia ad incubare e ne descriverò più avanti. Nasce per cui Poesie di Strada che è raccolta nata come un esperimento. All'epoca, mosso da un fervore profondo ed inesauribile, avevo necessità di estraniarmi dalla realtà tangibile per arrivare ad "intravedere" l'eternità, per arrivare a toccare un pulviscolo de materializzato della nostra realtà; mi dissi quindi: “Quale ambiente strumento potrebbe essere di meglio della tanto decantata Second Life?” Fu così che nacque "Poesie di Strada" tra le boulevards di un'essenza avatar che camminando in SL incontrava, socializzava, componeva, anche istantaneamente, al suo AVI dirimpettaio di pixels.

Avanzando ed indietreggiando, salendo e scendendo, respirando, maturo la consapevolezza della energia dello strumento di cui dispongo: la poesia. Infatti la responsabilità di un poeta è grave, profonda e potente; non si riesce a mercificare tale aspetto, ci vuole coraggio da parte di tutti: poeti, editori, non ultimi lettori.

Maturo l’idea che la poesia risieda nel posto più vicino all'ombra mia, dove nero e bianco si toccano ed esplode un arcobaleno di colori. Maturo l’idea ombra che ognuno di noi sia tale nell’universalità del concetto, chi poi avesse più luce ne avrebbe più ombra, chi meno, meno ombra, in pura, naturale semplicità. Maturo la sperimentazione fonetica, nella convinzione che la nostra lingua attuale non sia più attuale, non sia più naturale, non sia più sufficiente ad esprimere la realtà «vivenda»; infatti, la condizione eterna dell’uomo raffrontata alla sua medesima condizione finita, è più lenta di ciò che viviamo, è più finita del finito che osserviamo. Cambio la mater, la misura, maturo «#leggiecrea», legame di azioni parole, teso ad aiutare un atteggiamento: quello di penetrare la lettura, di non “galleggiare” il testo, di affrontare uno scritto secondo il semplice principio dignitario di porsi in ascolto con se stessi e con chi scriva.

Siamo infatti noi i primi creatori di una forma d'arte, di un volo. Maturo, scardinandolo una volta di più, Loris Elio Sardelli.

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