L’atto del mangiare è un polo di attrazione nel quale convergono sia bisogni materiali sia impulsi carichi di significati inconsci ed emozionali. Esso esprime una sintesi tra forme arcaiche di antagonismi, una forza che spinge il destino dell’uomo nell'eterno conflitto degli opposti. Tale sviluppo, che si rivela un potente mediatore di processi di identificazione, soggiace alle spietate leggi biologico-esistenziali che regolano l'equilibrio tra la vita e la morte, tra il vuoto e il pieno, tra il bisogno e la sazietà.

In questo contesto, le piante oltre a rappresentare una fonte di sostentamento, si caricano di forti valenze simboliche. Basti pensare alla vegetazione vissuta come emblema di rinascita oppure all'albero nella sua accezione primitiva più elevata: al tempo stesso immagine e asse dell'universo (imago mundi e axis mundi). Questo legame profondo genera nell'uomo il contrasto tra un sentimento di appartenenza viscerale e un desiderio di dominio. Non è un caso che l’addomesticamento dei vegetali, tramite la pratica dell’agricoltura, ha segnato una delle tappe fondamentali dell'evoluzione umana: il passaggio da una condizione nomade, fondata sulla raccolta e la caccia (immediatezza e spontaneità), ad una stanziale, all’insegna dell’agricoltura e dell’allevamento (ragione e passività).

Questa grande trasformazione socio-culturale, iniziata 10.000 anni fa quando i nostri antenati hanno deciso di superare i limiti imposti dalla Natura, cominciando a produrre il nutrimento di cui avevano bisogno, ha portato i suoi frutti in tempi rapidi ed inattesi. Il progressivo sviluppo delle azioni umane ha aperto la strada a due grandi rivoluzioni, quella urbana e quella industriale. Tali cambiamenti sono tutt'ora in atto, resi ancora più veloci dalla continua innovazione tecnologica. L'apice di questo processo di crescita avviato dai paesi industrializzati, trova la sua piena affermazione nel fenomeno della globalizzazione che ha profondamente cambiato gli equilibri tradizionali.

Ampi territori del nostro pianeta sono stati e sono tutt’ora sottoposti a massicce deforestazioni per lasciare spazio alle colture intensive. L’estendersi dell’erosione e della desertificazione del suolo, l'uso massiccio di fertilizzanti, erbicidi e pesticidi e il conseguente aumento dell’inquinamento delle acque e del cibo (con i tutti i rischi che ne possono derivare), sono solo alcune delle problematiche direttamente o indirettamente legate allo sviluppo dell’agricoltura tecnologicamente avanzata. Senza dimenticare la preoccupante diminuzione della biodiversità vegetale, animale e alimentare, dovuta alla massificazione incontrollata delle colture e degli allevamenti intensivi. Da una parte rimane il ricordo delle generazioni passate, perennemente assillate dalla fame e dalle ristrettezze economiche, dall'altra emerge una società moderna opulenta, afflitta dall'eccesso di cibo e dalle patologie alimentari.

Nella società moderna siamo condizionati da una serie filtri istituzionalizzati; la struttura organizzativa del lavoro, le logiche economiche, l'industrializzazione alimentare, l’eccessiva quantità e scarsa qualità dei cibi, condizionano le scelte alimentari e portano, nei confronti della natura, a un senso di distacco e di estraneità. L'uomo vive la contraddizione di essere un animale onnivoro, costantemente a cavallo tra due poli, quello della paura del nuovo (neofobia) e quello della tendenza al cambiamento, alla novità (neofilia). Questo sottile conflitto tra conosciuto e inedito, diventa un paradosso quando ci si approccia alla riscoperta delle tradizioni e delle usanze gastronomiche del passato. Nella società moderna il cibo industrializzato è già parte del conosciuto, patrimonio di una nuova generazione più incline alla chimica degli aromi artificiali, dei esaltatori di sapidità e dei grassi idrogenati che alla naturalezza di un piatto di erbe condite con dell'olio extravergine di oliva.

Al contrario, chi vive in contesti rurali arcaici, dove ancora sopravvivono le radici di un’antica cultura, ricorre a risorse alimentari naturali e si serve di una gastronomia caratterizzata dalla semplicità delle preparazioni e dalla ritmicità delle stagioni. Le esigenze vitali della natura impongono un'organizzazione sociale solidale con la periodicità del sole e della luna, del caldo e del freddo, della semina e del raccolto. Ė la dicotomia tra domestico” e “selvatico”. Nel primo caso gli alimenti, vincolati alla coltivazione e alla produzione su larga scala, diventano esclusivamente merce e oggetto di largo consumo, nel secondo il cibo è espressione di sobrietà ed è legato ad un’economia su scala locale e di frugalità volontaria.

La storia e la tradizione alimentare di una comunità è il faticoso risultato di tentativi, di scelte, di conoscenze tramandate di generazione in generazione; un sapere antico che ha saputo trasformare i momenti scaturiti dalla scarsità di cibo, dall'ansia e dalla paura della fame, in occasioni e valori gastronomici. Ė un legame che unisce in maniera indissolubile piante, uomini e animali, in un continuum spazio-temporale atto a integrare e rafforzare il benessere di un territorio.

Un fenomeno sociale molto interessante è il progressivo incremento del turismo ecologico ed enogastronomico, legato al proliferare di feste e sagre di paese, alla riscoperta dei prodotti locali, delle cucine popolari e alla riabilitazione dei ricettari tradizionali. Tale atteggiamento è in palese contrasto con un modello di alimentazione industrializzata, fondato sulla rapidità e standardizzazione dei processi di lavorazione, dove il cibo è ridotto a semplice consumo a discapito della genuinità degli ingredienti e della varietà dei sapori.

Una nuova visione ecologica del mondo, in contrasto con un “antropocentrismo razionale”, che pone l'uomo al di sopra della natura, riconosce che i sistemi viventi operano come totalità, come un insieme organico di elementi interconnessi, all’interno del quale la simbiosi tra uomini e piante è una componente integrante e indispensabile per garantire l’equilibrio degli ecosistemi nella biosfera.

Uomini ed erbe appartengono alla stessa sfera esistenziale, dalla quale emergono un insieme di conoscenze e di consuetudini che vanno oltre la storia e le tradizioni, attraverso una pratica che permette di conciliare la gastronomia con i valori salutistici.

Nel variegato mondo vegetale uno spazio del tutto particolare è occupato dalle erbe e dai frutti selvatici commestibili, i quali possiedono una serie di requisiti volti ad accrescere la loro importanza. Infatti, oltre alla gradevolezza del gusto e del sapore, queste piante possono vantare una serie di requisiti positivi, tra cui:
• distribuzione geografica costante
• facile reperibilità
• risparmio economico
• stagionalità
• freschezza e genuinità
• ridotto apporto calorico (ad esclusione dei semi oleosi)
• legame con le tradizioni alimentari locali
• alto valore nutrizionale dovuto all'abbondanza di fitocomposti che esercitano un effetto benefico sulla salute.

Testo di Maurizio De Massimo

Per saperne di più leggi: Ritorno alle radici