From Gulf to Gulf to Gulf è l’ultimo film documentario realizzato dal collettivo indiano CAMP, fondato a Bombay nel 2007 da Shaina Anand e Ashok Sukumaran, compagni di lavoro e di vita.

Dopo la scoperta presso il FID Marseille e un rapido giro del mondo (dalla Viennale al Doc Lisboa, dal London Film Festival all’Ann Arbor Film Festival e l’Images festival di Toronto), Milano si è offerta come nuovo punto d’approdo per le opere del collettivo, presentando, presso gli spazi Careof/Fabbrica del Vapore e il cinema Palestrina, la rassegna Tales from the Networked Neighborhood: The cinema of CAMP. Prima di una serie di “residenze da curatore” organizzate dalla Fondazione Pini con il titolo RES “Residenze per giovani curatori e organizzatori” e in collaborazione con Filmmaker, la rassegna, curata da Vassily Bourikas, ha presentato per la prima volta in Italia cinque opere del collettivo e offerto la possibilità di un confronto diretto con uno dei due autori, Shaina Anand.

Le tematiche sulle quali il loro operato si articola sono molteplici e tra una proiezione e l’altra si è avuto il tempo di discutere approfonditamente e dissipare eventuali dubbi o curiosità. "Abbiamo avuto un’opportunità unica, molto diversa dalla presentazione museale, di immergerci nella filmografia completa di CAMP" dichiara il curatore Vassily Bourikas. "E abbiamo avuto tempo in abbondanza per discuterne con uno degli autori. L’evento ha permesso al pubblico milanese di iniziare a esaminare il processo creativo di CAMP e di arrivare alla conclusione che i loro documentari precedenti sono allo stesso tempo grande cinema e grande arte".

CAMP sviluppa un lavoro complesso che articola armonicamente la geopolitica, la tecnologia, l’etnografia e l’estetica, ragion per cui le loro opere hanno ottenuto molteplici riconoscimenti non solo nel panorama cinematografico ma ancor prima nel mondo dell’arte. Quest’ultimo e le libertà che esso concede permettono al collettivo di esprimersi apertamente senza dover sottostare a un qualsivoglia limite produttivo. Questa indipendenza determinante si rivela attraverso le modalità creativo-espressive e i processi di condivisione autoriale: ogni progetto è politico e si svincola dalle comuni modalità di rappresentazione della tematica sociopolitica analizzata, rendendo gli stessi protagonisti/soggetti autori attivi del processo creativo. La forma assume di volta in volta una pregnante connotazione significante, conciliando l’arte con la sperimentazione tecnologica, allargando il panorama delle tematiche a una moltitudine di interconnessioni complementari.

Nel film Al Jaar Qabla Al Daar – The Neighbour Before the House (2009-2011) si tratta il tema del conflitto israelo-palestinese ovviando al pietosismo suscitato dalle comuni interviste alle vittime più o meno dirette attraverso un'operazione formale e concettuale disarmante nella sua forza e semplicità. Il collettivo ricerca otto famiglie nei sobborghi di Gerusalemme/Al Qud disposte a installare telecamere CCTV (a circuito chiuso) sopra i propri tetti, concedendo loro una piena libertà nell’utilizzo dello strumento. Ogni famiglia guida la videocamera osservando le riprese in diretta dai televisori installati dentro casa, diventando autrice, commentando e illustrando dettagli intimi della città, checkpoint, avvenimenti.

Da questi punti di vista inusuali, formalmente e concettualmente, si sviluppa una plurinarrazione intima e accurata, durante la quale ciascuna famiglia illustra le cause del proprio dissenso attraverso le immagini vincolate dai limiti del mezzo. Vi è una famiglia espropriata della propria casa e costretta a rispettare una distanza di 150m da essa che con l’ausilio della videocamera di sorveglianza cerca di penetrare all’interno della propria ex abitazione e di individuare i volti dei membri della famiglia israeliana insediatavi. Solo attraverso le voci e l’ostentata volontà di avvicinamento concessagli dallo strumento, e dunque mediante una sottrazione visiva che non ci concede di vedere i volti e le espressioni, si genera una forza emotiva dirompente.

Assistiamo dunque a una progressiva scomparsa dell’autorialità a favore della collettivizzazione del processo creativo. I materiali realizzati dalle famiglie, come gli altri provenienti da ulteriori lavori, convergono poi nella condivisione presso l’archivio online Pad.ma, rinascendo sotto altre forme, dando vita a nuovi processi/progetti creativi.

Nell’ultimo film From Gulf to Gulf to Gulf (2013) il collettivo approfondisce la tematica delle estenuanti tratte commerciali via mare dal Golfo di Kutch alla Somalia. Nel corso degli anni sono stati dapprima collezionati una serie di filmati realizzati dai marinai stessi durante le tratte, spesso girati con l’ausilio di cellulari e scambiati come merci di porto in porto. Successivamente Shaina Anand e Ashok Sukumaran hanno incontrato personalmente dei marinai chiedendo loro di documentare i loro viaggi, decentrando dunque l’autorialità nelle loro mani. Da questo articolatissimo processo nasce un film corposo, brulicante di punti di vista e immagini differenti: i filmati, spesso accompagnati da canzoni giustapposte dai marinai stessi, ci conducono da sterminati cantieri navali agli sconfinati orizzonti dell’Oceano Indiano, solcando il mare e ingannando il tempo sui ponti di coperta di navi instabili stracolme di merci.

La politicità delle opere di CAMP permea dunque della tematica il processo creativo, innovando i linguaggi e sperimentando nuove modalità di documentazione/rappresentazione, attraverso l’ausilio fondamentale delle tecnologie, facenti parte anch’esse di un cambiamento socio-politico sostanziale.