Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha una lunga vita. Ideato e realizzato dal 1990 dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche che ha sede a Treviso è un progetto di ricerca e di cura dedicato a un luogo particolarmente denso di valori di natura, memoria e invenzione. Tra le innumerevoli attività di studio e di ricerca e di sperimentazione, uno degli esiti più originali di oltre un trentennio di esperienze compiute è il Premio Internazionale per il Giardino, frutto del lavoro di un Comitato scientifico e di gruppi di lavoro specifici che variano per ogni edizione. La sua peculiarità è quella di rappresentare un progetto concepito come ricerca dedicata a un luogo e alle figure che mostrano sia la cura responsabile, sia il legame con il valore contemporaneo del governo del paesaggio. Questa ricerca è riconoscibile come discussione itinerante che, partendo da una prima tappa nella quale si converge in direzione di un’area geografica e tematica, in ogni edizione esplora e si confronta in modo tangibile con il luogo prescelto, un compendio rurale, un parco, un orto o un giardino, uno spazio urbano, un memoriale o un bosco del quale il Premio ha il compito di raccogliere, approfondire e diffondere la conoscenza.

Nel 1990 il primo luogo designato è stato il Sítio Santo Antônio da Bica Barra de Guaratiba, Rio de Janeiro, Brasile e nel 1992 è stato Sissinghurst nel Kent, Regno Unito per la casa e il giardino di Vita Sackville-West e Harold Nicolson. Tra landscape di altissimo impatto, siti e monasteri, reperti e boschi nel 2012 è stata la volta del Bosco di Sant’ Antonio in Abruzzo e poi si continua a viaggiare attraverso i paesi del mondo alla scoperta di altri luoghi incredibili per cura e bellezza per approdare nel 2016 nelle Foreste dei meli selvatici del Tien Shan, tra le montagne celesti del Kazakistan. In un crescendo di suggestioni il 2019 assegna il Premio al Natur Park Schöneneberger Südgelände e la natura urbana berlinese in Germania, per riconoscere l’unione tra la città e il suo paesaggio, frutto dell’incontro tra ecologia, ricerca estetica e aspirazioni sociali.

E la trentatreesima edizione del Premio Internazionale, in onore di Carlo Scarpa (1906-1978), architetto e inventore di giardini è dedicata all’Espacio Escultórico nel Pedregal de San Ángel a Città del Messico, un paesaggio arcaico e contemporaneo che tra le fessure di roccia lavica e i moduli scultorei di un’enigmatica opera d’arte, ingloba una storia millenaria. Si tratta proprio di un’opera d’arte collettiva che emerge dalla superficie lavica e sulla quale nel secolo scorso a partire dalla fine degli anni quaranta sorgono e si sviluppano nuovi quartieri e in particolar modo un’intera città universitaria, la UNAM (Universidad Nacional Autònoma de México). Un anello dentato, composto da 64 prismi di cemento che poggiano su una base circolare del diametro di 120 metri circoscrive un brano di suolo lavico, così da rendere manifesta la potenza espressiva del paesaggio ma anche la sua condizione mutevole e fragile. Come descrive Mario Schjetnan, architetto e paesaggista messicano: “Torno a visitare l’Espacio Escultórico della Città Universitaria in una limpida mattina di settembre, nella stagione delle piogge a Città del Messico.

Man mano che mi avvicino dall’ingresso, la mia immersione avviene gradualmente, attraverso uno stretto camminamento che attraversa e taglia la Reserva Ecológica del Pedregal de San Ángel, tra cactacee e fichi d’india con i loro frutti, piante erbacee come cosmee e dalie in piena fioritura, erbe gialle e piccoli fiori bianchi; felci e orchidee, oltre alle succulente che stanno per fiorire con i loro fusti eretti. Palo azul, tepozán blanco e palo loco, oltre ad alcuni alberi di pirul. Una biodiversità vegetale che meraviglia ed entusiasma. La mia prima sensazione è quella di un luogo abitato dal silenzio, di grande tranquillità e pace grazie all’assenza del frastuono urbano di una Città del Messico complessa, a volte caotica e sempre intensa”. E in prossimità dell’anello la sua sensazione di sorpresa diventa manifesta: “Al mio arrivo all’anello, torna a sorprendermi la sua corona di elementi triangolari in cemento, con gli stretti interstizi o feritoie, attraverso cui entro nel grande spazio circolare.

Qui si apre l’intero Universo, in un’autentica sorpresa molto vicina al sentimento di sublimità. Il forte contrasto tra l’ordine e la regolarità dei prismi triangolari fissati su una grande piattaforma che crea un cerchio di 120 metri di diametro, che contiene uno spazio vuoto, una conca di lava vulcanica, una massa magmatica rappresa di enorme forza tellurica, un mare di lava”. Per Mario Schjetnan “L’Espacio Escultórico è un orologio solare che segna il passo del tempo e la traiettoria del sole. Tuttavia, e contraddittoriamente, vi è un senso di tempo stagnante, alla maniera dei giardini zen, che invitano alla contemplazione, all’introspezione e alla riflessione, in breve: alla meditazione”. Ma il richiamo all’arte è definitivo “Davvero non avevo mai visto un intervento di land art così potente e così forte”.