Dal XIII secolo i dipinti su tavola venivano realizzati utilizzando materiali e tecniche comuni, in particolare il supporto era in legno preparato con gesso e colla, la pittura era a tempera all’uovo (tuorlo), facendo molto uso di dorature. Qualche variazione si trovava a seconda del luogo di produzione. All’inizio del XV secolo Cennino Cennini scrive in volgare Il Libro dell’Arte che, riprendendo la tradizione giottesca e le procedure dei pittori del XIV secolo, risulta fonte primaria per conoscere le procedure utilizzate nella realizzazione delle icone. Si tratta del primo trattato monografico sulla produzione e le tecniche artistiche; gli specialisti considerano l’opera momento di passaggio tra l’arte del Medioevo e quella del Rinascimento; per una sorta di modestia retorica, come pittore Cennini si definisce “piccolo maestro esercitante nell’arte di dipintoria”. Oggi, grazie alle indagini artistiche scientifiche e allo studio del Libro di Cennini, siamo in grado di conoscere nel dettaglio le originarie tecniche usate nella realizzazione di icone su tavola e riproporle nella produzione contemporanea utilizzando gli stessi procedimenti e materiali.

La scelta della tavola e la collatura con colla di coniglio

La prima operazione che l’artista deve fare è la scelta della tavola sulla quale realizzare l’opera. Il supporto ligneo non deve avere troppi nodi, essere stagionato sufficientemente affinché non si imbarchi o si deteriori, preferendo quello non resinoso e il cui taglio sia auspicabilmente quello del tronco più centrale che garantisce solidità e robustezza. Il legno preferito dagli artisti è il tiglio perché molto omogeneo, tenero e quindi facile da lavorare; tuttavia, a seconda dei luoghi vengono usate altre essenze come la quercia, il noce, l’abete, il cipresso e il pioppo. Fatta la scelta della tavola si procede con la scartavetratura utilizzando della carta abrasiva per renderla liscia. Il successivo passaggio è la collatura. Per realizzarla prima si prepara la colla di coniglio, un prodotto naturale con alto potere adesivo ed indurente, ottenuta dalle pelli di coniglio (cascami), venduta sotto forma di fogli, di grani o di pagliuzze. La colla viene preparata il giorno prima miscelando un misurino di colla di coniglio e nove d’acqua. Il giorno successivo la colla diventerà gelatinosa e si attaccherà al barattolo, questo vorrà dire che è utilizzabile. La colla andrà scaldata in un pentolino prima di essere impiegata, quando sarà ben calda, bisognerà levarla dal fuoco e stenderla sulla tavola con un pennello largo. Con pennellate incrociate la colla dovrà essere applicata su entrambi i lati della tavola.

Tela di cotone, incamottatura e gessatura

Per procedere con l’incamottatura occorre prima preparare una tela di cotone (preferibilmente di lino) bagnandola in acqua e lasciandola asciugare. La tela verrà tagliata di una misura leggermente più grande della tavola per poi eseguire la posa. L’incamottatura consiste nell'incollare la tela sulla tavola in modo da creare un fondo sul legno, proprio per renderlo più morbido e per evitare screpolature e deformazioni. La tela viene ben stesa sulla tavola e con un pennello viene passata la colla di coniglio, anche sui bordi. Gli strati preparatori sono realizzati dalla gessatura fatta con otto mani di gesso di Bologna setacciato e unito alla colla di coniglio. La prima mano deve essere più liquida fino ad arrivare all’ultima mano più densa. Ogni strato viene accuratamente scartavetrato. Senza dimenticare il minimo particolare, Cennini insegna “il modo di quelli che sanno l’arte”: dalla scelta del legno, a come incollare le varie assi, a come coprirne le linee di connessione con strisce di tela di lino (impannatura), a come trattarle e prepararle alla pittura con sette-otto mani di gesso e colla fino a ridurle alla bianchezza e alla levigatezza dell’avorio.

Il disegno preparatorio, la tecnica dello spolvero e le incisioni

Una grande importanza viene data alla fase del disegno preparatorio che, normalmente, viene realizzato separatamente e quindi riportato sul supporto secondo una delle tante tecniche tradizionali. In particolare, la tecnica dello spolvero è stata largamente usata dalla fine del Medioevo al primo Rinascimento. Questo procedimento utilizza un disegno realizzato su carta (prototipo), i cui contorni vengono bucherellati con un punteruolo in maniera da permettere il trasferimento del disegno sulla tavola preparata, facendo passare attraverso i fori una polvere colorata come il nero fumo o la terra d’ombra naturale, sulla cui traccia si perfezionerà poi il disegno. Togliendo il foglio e soffiando sulla tavola viene eliminato il pigmento in eccesso per poi ripassare con una matita i perimetri del disegno. Il successivo procedimento consiste nell’incidere la tavola direttamente sullo strato preparatorio sul quale è stato trasferito il disegno. Si incidono alcune zone per dividere le parti che verranno dipinte da quelle che riceveranno l’oro. Ad esempio, lo spazio di una aureola, prima della doratura, viene lavorato battendo con un punzone ad intervallo di 1,5 cm lungo tutto il perimetro realizzando un motivo di punti in sequenza, sempre nello spazio dell’aureola si andrà poi ad incidere una raggiera dall’alto verso il basso. Completata così la figura arricchendola di una leggera ombreggiatura con acquerello, i contorni vengono incisi con un ferro appuntito (agugella), individuando le zone per la pittura e quelle da dorare. In queste ultime, dopo aver steso come fondo il bolo (più precisamente il bolo armeno), si applica l’oro in foglia (lamine sottilissime ottenute dai battiloro), successivamente lucidato, ovvero brunito, servendosi di un dente di animale, spesso di cane o lupo (brunitoio). Con questa operazione l’oro assume un colore particolarmente caldo, caratteristico, simile a quello del bronzo, da cui il termine brunitura.

Il bolo

Per dorare la tavola nei punti stabiliti dal disegno bisogna passare il bolo per poter applicare la foglia d’oro. Il bolo è un’argilla (proveniente dall'Armenia) polverizzata, lavata e poi impastata nuovamente e pigmentata nei colori giallo, rosso, nero. Il bolo armeno non contiene collanti per cui è indispensabile aggiungere della colla di coniglio in grani (in commercio si trova anche colla di coniglio pronta all’uso) per farlo aderire al supporto trattato. Il bolo armeno viene utilizzato come fondo per l’applicazione della foglia metallica nella tecnica della doratura a guazzo. Il bolo garantisce al doratore una base perfettamente omogenea dove applicare la foglia d'oro per poi eseguire la successiva brunitura con pietra d’agata. Il colore del bolo, inoltre, influenza la tonalità della foglia metallica che verrà applicata sopra di esso: il bolo rosso, restituisce dorature dalle tonalità più calde, mentre il bolo giallo più pallide mentre il bolo nero è più indicato come fondo per la foglia d'argento (sia vera che d’imitazione). Il bolo dovrà essere passato per quattro volte a partire da una preparazione più liquida ad una più densa per poi completare con la pietra d’agata la lucidatura della superficie. Per effettuare una doratura necessita: pennello e pennello da doratore, coltello da doratore, cuscino da doratore, tampone (batuffolo d’ovatta), acqua, uovo (solo l’albume), acqua, foglia d’oro.

Le fasi della doratura

Inizialmente con un pennello viene bagnata, con l’albume montato a neve e mischiato con acqua fredda, la porzione di bolo da dorare. Viene tagliata una porzione di foglia d’oro facendo attenzione durante la posa, aiutandosi con il pennello piatto e il coltello del doratore. Dopo la posa della foglia d’oro sul bolo si tampona con un batuffolo di ovatta per una maggiore aderenza. Necessita attendere una completa asciugatura per poi eliminare le parti in eccesso. Il risultato finale della doratura evidenzierà il motivo decorativo, ad esempio dell’aureola (punti e raggiera). Dopo aver eliminato i residui di foglia d’oro sbordante, se necessario si possono fare dei ritocchi.

Il colore

Dopo la doratura si passa a colorare la tavola iniziando, come consiglia il Cennini, dalle architetture o comunque dagli elementi dello sfondo e successivamente dalle vesti dei personaggi. I colori, preparati in piccoli recipienti nelle gradazioni dallo scuro al chiaro, vengono sempre temperati con rosso d’uovo (tempera all’uovo) pronti per la stesura. Il primo passaggio di terra ombra naturale serve per definire le ombre sul volto e sulle vesti.

Incomincia a dare il colore scuro, ritrovando le pieghe… e all’usato modo piglia il colore di mezzo e campeggia i dossi e i rilievi delle pieghe scure… poi piglia il colore chiaro, e campeggia i rilievi e i dossi del lume della figura. E per questo modo ritorna da capo alle prime pieghe della figura col colore scuro. E così, come hai cominciato, va’ più e più volte con detti colori, mo’ dell’uno e mo’ dell’altro.

(Cennino Cennini)

La brunitura e il verdaccio

Un momento importante per dare vividezza all’opera è la brunitura della foglia d’oro con l’uso della pietra d’agata che passata con delicatezza darà all’opera molta brillantezza. Alla base del volto viene steso un colore di tonalità terra verde detto “verdaccio” che si utilizza per la base degli incarnati; il verdaccio si realizza mescolando giallo ocra, un po' di nero, bianco di San Giovanni e una punta di rosso cinabro.

Pigmenti per le vesti, lo sfondo, pigmenti per gli incarnati

I pigmenti emulsionati con uovo e aceto per una migliore resistenza e conservazione sono: blu oltremare, verde smeraldo, bianco titanio, giallo ocra naturale, nero avorio, terra ombra naturale, giallo, rosso veneziano, terra rossa. I colori blu e rosso sono di frequente posati sulle vesti e sul manto della Madonna, mentre per realizzare gli sfondi su icone che raffigurano la Vergine si utilizzano spesso due colori, il blu oltremare unito al nero avorio per la parte superiore e il rosso veneziano per la parte inferiore. I pigmenti per l’incarnato maggiormente utilizzati sono: ocra gialla, terra ombra naturale, verde ossido di cromo, rosso veneziano, terra di Siena, nero avorio, bianco titanio. Sul volto, si stende sulle guance e sulle labbra un colore rosato (rosso veneziano e bianco titanio). Prima di stendere il colore sul volto e aver preparato un incarnato più chiaro, uno medio e uno scuro, si deve ripassare il disegno dettagliando tutti i tratti: occhi, naso, orecchio, contorno del viso, sopracciglia.

La simbologia

Nei passaggi di preparazione dell’icona si trovano linguaggi simbolici cristiani. Tra questi: la tavola è simbolo del legno della Croce, la tela rappresenta il sacro lino su cui fu impresso il volto del Cristo, il gesso è simbolo della pietra angolare che è Cristo, il vino acetato è simbolo del sangue eucaristico di Cristo, l’emulsione nell’uovo indica la Pasqua, la nuova vita in Cristo.