Vidi Shinobu per la prima a Milano, nel 97. All’epoca frequentavamo entrambi la Comuna Baires, un teatro/scuola di recitazione/luogo di aggregazione alternativo, io come socio sostenitore, lei come attrice musicista. Affascinato dal suo talento e dalle sue capacità di polistrumentista la invitai a comporre un brano musicale per dare lustro a una mostra di mie opere pittoriche: accettò senza esitare e venne nel mio atelier dove tradusse di slancio in suoni le cromìe dei miei paesaggi. Mai prima nella vita ero stato testimone della genesi della musica. Ne fui onorato. E fu quell’esperienza a suggellare la nostra amicizia. Molto tempo è passato da allora. Determinazione e disciplina, non solo il talento, hanno trasformato l’acerba musicista di allora in una compositrice e interprete raffinatissima. Un esempio anche per molti giovani che sognano di dedicare la propria vita alla musica .

I tuoi primi ricordi. Immagini e suoni della tua infanzia a Kyoto.

Le prove di ensemble con i miei genitori e le serate trascorse a casa davanti al giradischi ad ascoltare opere italiane, sinfonie, canti popolari. Il tempio scintoista vicino a casa, i giardini con alberi millenari dove trascorrevamo i nostri giorni a giocare. Lì viene venerata Uzume No Mikoto, la dea dell’Arte. Dal punto di vista astrologico è lei la mia dea protettrice. Una curiosa coincidenza...

Il tuo primo approccio alla musica giapponese

Mio padre mi ha insegnato molto presto le melodie e le parole. Quando capitava di viaggiare verso nord a visitare i suoi luoghi natii andavamo spesso alla sera in un locale chiamato Minyo Sakaba, il bar della canzone popolare. Lì si beveva sakè e si ascoltavano vecchi cantanti popolari. Mi piaceva molto l’atmosfera di quei posti…

La tua famiglia di origine è una famiglia di artisti...

Assolutamente si! Mio padre Katsuya è stato per tutta la vita cantante e attore, spesso su testi e scene create da lui. Con mia madre Itsuko hanno creato un ensemble di più di 30 elementi con il quale hanno fatto concerti in tutto il Giappone. Mia madre tutt’ora suona la viola mentre mio padre da quando è in pensione si dedica con passione alla pittura.

La musica classica europea vista dal Giappone. Differenze e punti di contatto:

In Giappone c’è sempre stata una venerazione per la musica classica europea. Ci sono certamente molte differenze rispetto alla tradizione giapponese, il modo di scrivere, le note e gli strumenti. Non mancano però i punti di incontro, l’estetica dei suoni per esempio o i temi trattati, quali l’amore, la nostalgia, la natura. Questi temi sono universali.

Quali sono i tuoi strumenti preferiti?

Sicuramente il violino, il mio primo grande amore. Poi il pianoforte e tutti gli strumenti acustici in genere... Se si tratta di musica giapponese accompagno i miei canti con il San- Shin, uno strumento tradizionale a tre corde con la cassa acustica ricoperta di pelle di pitone. Il San Shin si usa esclusivamente nel sud del Giappone, nella zona di Okinawa. Mi capita spesso di suonare anche il Shami-Sen, simile allo strumento che ti ho appena descritto ma con il manico più lungo e la cassa armonica ricoperta di pelle di gatto o cane. In tutte le rappresentazioni di Kabuki e teatro No e nelle esecuzioni di musiche sacre viene usato questo strumento.

Perchè hai scelto di venire a vivere in Italia?

Perchè senza ombra di dubbio è il paese che “ha fatto” la Musica. Quanti compositori, quanti musicisti, quanti cantanti sono nati qui! Ci sono poi molte cose che accomunano l’Italia e il Giappone. Una di queste è sicuramente il senso del bello. Qui si avverte che c’è questa sensibilità. Ho riconosciuto subito nell’aria la stessa vibrazione che già conoscevo nel mio paese di origine. Sono arrivata in Italia nel 1989, avevo 20 anni. Ho scelto Milano perché per studiare il bel canto quello era il luogo giusto.

Ho vissuto momenti duri e di solitudine che però mi hanno temprata. Andavo a lezioni di canto tre volte alla settimana, nel resto del tempo cercavo di fare pratica della lingua italiana. Che tempi! Oggi, dopo essere stata per un certo periodo musicalmente un po “ in sordina”, impegnata nella cura dei miei quattro figli, ho ripreso le redini della mia vita professionale : il 13 gennaio scorso ho debuttato come cantante al cine teatro Boccaleone di Bergamo interpretando la Badessa nell’opera Suor Angelica di Giacomo Puccini. Una esperienza resa possibile dalla bravura del Maestro e Tenore Danilo Formaggia che e’ riuscito con dedizione a ridare smalto alla mia voce, migliorando sensibilmente la mia tecnica e accrescendo la fiducia in me stessa.

Parallelamente sto sviluppando il progetto Oto- Dama che si può tradurre in L’Anima dei suoni, una rivisitazione di alcuni canti tradizionali giapponesi con sonorità occidentali, un’idea che ho sempre portato nel cuore. A questo progetto collabora una valente violoncellista di nome Yuriko Mikami..

Tradizione e innovazione, sei proprio giapponese!

La musica è uno spazio insondabile e misterioso e per questo terribilmente affascinante. Ho sempre provato una grande attrazione per la lirica e allo stesso tempo amato i canti tradizionali giapponesi. Coltivo da sempre il sogno di poter essere un giorno la Rosina del Barbiere di Siviglia di Rossini. Non meno importante è e sarà sempre per me la ricerca e la valorizzazione delle melodie tradizionali del mio paese. Devo riconoscere di avere una certa fascinazione per il rock anche se il genere appare un po' lontano dalle cose che faccio.. ci sono giorni in cui mi ritrovo a fantasticare, cercando di immaginare quale potrebbe essere il mio rock….

Come nasce una tua composizione musicale?

Parto da un frammento, a volte un piccolissimo frammento di melodia o di una frase. Poi attorno, con pazienza, costruisco, cercando di non tradire mai la direzione indicata dalla traccia originaria….

Voce, respiro, vita. Una riflessione sulla tua crescita vocale..

Le corde vocali sono un organo minuscolo, non si posso vedere. Quindi si lavora sempre affidandosi alle sensazioni provenienti dalle altre parti del corpo. Quando canto, creo una risonanza tra la mia voce all’interno e lo spazio esterno. Un’esperienza intima, emozionante. Una vera magia...

Qual’è il tuo rapporto con il silenzio?

Ho più rapporto con il silenzio che con tutto il resto. Il silenzio è una necessità ed è casa mia.

La musica porta in dimensioni senza tempo. Come ti trovi tu nel tempo reale, nella vita di tutti i giorni, in un mondo che cambia così velocemente..

Potrei risponderti che seguo il cambiamento invece di oppormi. E che amo la velocità del mondo moderno. Le mie composizioni musicali ispirate alla tradizione del mio paese non sono tentativi di ripetere un modello fisso, unico, al quale riferirsi fedelmente. Torno in Giappone quasi ogni anno e vedo bene che il mondo che ho lasciato quasi non esiste più. Non nella realtà almeno. La mia musica è dunque certamente nostalgia di qualcosa che non è più, allo stesso tempo è espressione della mia contemporaneità, di ciò che porto oggi, il concentrato di me stessa. La mia essenza...