Fra i tanti pericoli, tecnici e sanitari, che incombono sugli equipaggi che affronteranno in un prossimo futuro nelle esplorazioni nello Spazio Profondo - appellativo con il quale si intendono viaggi prolungati oltre il protettivo campo magnetico della Terra dove, per intenderci, orbitano le stazioni spaziali - vi è la conservazione dell’equilibrio mentale e psicologico. Il controllo delle emozioni, infatti, è considerato il fattore di maggior rischio per i voli spaziali prolungati. Un pericolo preso in seria considerazione dalle agenzie spaziali, e che influirà in modo decisivo sulla scelta finale degli equipaggi che andranno su Marte e oltre.

Sulla Terra, se le persone si arrabbiano con il loro capo o collega di lavoro, possono sfogare le loro frustrazioni a casa o in palestra. Nello spazio, gli astronauti non possono permettersi di irritarsi gli uni con gli altri. Devono essere in grado di reagire rapidamente a questi stimoli negativi, e collaborare come una squadra, superando malumori o risentimenti. In questo processo, l’azione mediatrice delle donne è fondamentale, una qualità pressoché innata, che le Nazioni Unite hanno riconosciuto ufficialmente con la Risoluzione 1325 del 2000, nella quale si sancisce l’importante ruolo delle donne nelle azioni diplomatiche di mediazione. Una qualità che anche la NASA ha constatato, durante la presenza femminile a bordo della ISS.

Eppure, l’Agenzia sembra essere ancora "distratta" nei confronti delle donne astronauta, sebbene da anni i suoi protocolli prevedono la presenza delle donne nello spazio, con compiti e responsabilità parigrado agli uomini. Infatti, se ricordiamo quanto è accaduto a bordo della ISS nel 2019, quando si è dovuta annullare la prima passeggiata spaziale tutta al femminile, perché ci si accorse solo all’ultimo momento, che a bordo erano disponibili tute extraveicolari idonee solo alla corporatura più robusta di un uomo, qualche dubbio permane.

In ogni modo, la NASA ha preso molto sul serio la partecipazione delle donne nello spazio, non solo perché ha deciso che sarà una donna la prima americana a tornare sulla Luna col progetto Artemide, ma anche perché il primo equipaggio per Marte, sarà composto (presumibilmente) da quattro astronauti, due uomini e due donne, che dovranno essere coppie stabili, per evitare che a tutti i potenziali pericoli del viaggio, possa aggiungersi anche quello della (istintiva) competizione amorosa che una prolungata permanenza in un ambiente ristretto potrebbe nascere fra single.

L’adozione di un equipaggio parzialmente femminile, inoltre, comporta vantaggiosi risparmi nei confronti del “carico utile”, un fattore, quello del peso, costantemente critico nella pianificazione di una missione spaziale; dove più peso comporta necessariamente più carburante con un effetto domino che può portare a notevoli aumenti costi.

Da tempo i medici della NASA sono a conoscenza degli studi condotti sulla fisiologia umana da parte della Marina degli Stati Uniti, durante immersioni in profondità. Da questi studi è risultato che nelle operazioni subacquee sono da preferire le donne, perché avendo generalmente una corporatura più piccola consumano meno cibo e meno aria, oltre naturalmente a possedere, rispetto agli uomini, migliori capacità di socializzazione.

Inoltre, le donne tollerano meglio la vita in spazi ristretti, oltre a risultare, in generale, fisiologicamente più solide e resilienti degli uomini, sebbene siano più a rischio di contaminazione da radiazioni (cosmiche) proprio perché generalmente più minute dei maschi. La NASA ha potuto verificare queste qualità, ottenendo gli stessi risultati della Marina, sulle donne astronauta, sebbene la loro presenza nello Spazio sia ancora modesta rispetto agli uomini. Una tendenza che fortunatamente sarà presto invertita con le prossime missioni spaziali planetarie e interplanetarie.

Fin dai primi giorni del programma Mercury, la NASA ha raccolto i dati medici dei suoi astronauti, studiando le loro risposte fisiologiche al volo spaziale. Queste informazioni, raccolte e pubblicate dall’Agenzia nel 2014, mostrano il migliore adattamento alla permanenza nello spazio della componente femminile, nonostante il tasso delle donne che vi sono andate sia stato appena l’11% rispetto al totale degli equipaggi inviati. A sostegno del "fattore donna" inoltre, esistono molte altre ricerche che illustrano come siano più adatte degli uomini ai viaggi spaziali, sia fisiologicamente che in termini di consumi, un ruolo che secondo l’articolo di Nadia Drake apparso il 19 luglio 2019 su National Geographic, potrebbe diventare di loro esclusiva, lasciando ai maschi solo incarichi da comprimari.

Esistono, inoltre, diversi studi della NASA che suggeriscono d’inviare nello spazio equipaggi tutti al femminile, ma l’Agenzia ha sempre evitato questa opzione, nel timore che possa essere vista solo come una trovata pubblicitaria. Ma se prendiamo in esame una missione per Marte, il loro impiego diventerebbe sostanziale, poiché a parità di attività, le donne consumano meno della metà delle calorie rispetto agli uomini, oltre a produrre meno anidride carbonica e rifiuti, fattori che si traducono in un carico minore per il sistema di riciclaggio dell’habitat e della navicella in generale.

Ormai ci è chiaro che se si ha a cuore il benessere degli astronauti, prima di impiegarli in un lungo viaggio verso Marte, si dovranno risolvere molti problemi, alcuni dei quali ancora insoluti, come stabilire perché gli uomini quando tornano dallo spazio, hanno spesso problemi di vista e udito, a volte irreversibili, o perché le donne fatichino a gestire la pressione sanguigna e si sentono più deboli durante il periodo di riadattamento.

Ci sono poi alcune sottili discrepanze genetiche, che non si sa ancora se hanno a che fare con differenze ormonali o cambiamenti fisiologici, e solo osservazioni a lungo termine potranno aiutare i medici a comprenderle. Per quanto riguarda le reazioni psicologiche, pur esistendo alcune caratteristiche comuni, la maggior parte si attiene alla sfera psichica di ogni singolo individuo, e per questo sono estremamente difficili da scoprire, studiare e comprendere. A questo proposito, negli ultimi decenni sono stati condotti, in laboratori e campi posti nei luoghi più sperduti della Terra, una serie di esperimenti in habitat che simulano la permanenza su Marte, allo scopo d'identificare anche i fattori psicologici correlati al successo o al fallimento di missioni di lunga durata. Condizioni nelle quali l'equipaggio è costretto all'isolamento in ambienti ristretti, con poco confort e difficoltà di comunicazione con la Terra.

Nella maggior parte delle simulazioni di sopravvivenza: deserto; spedizioni polari; habitat marini; grotte e inverni antartici, le sperimentazioni hanno dimostrato che i volontari sottoposti al test, hanno accusato situazioni di affaticamento mentale. Gli uomini, inoltre, hanno evidenziato la tendenza a eccellere in contesti di breve durata e orientati a obiettivi precisi, mentre le donne sono risultate migliori in circostanze di tipo abitativo a lungo termine, e nella intermediazione nella convivenza comune in ambienti ristretti; una qualità molto importante, considerando che le prime missioni marziane avranno una durata complessiva di circa tre anni.

Ciò significa che gli astronauti che andranno su Marte, dovranno essere scelti fra quelli che dimostreranno di possedere le migliori capacità empatiche, cioè di porsi in maniera immediata nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva, così da mantenere uno stato di serenità costruttiva nel gruppo durante il viaggio e sul pianeta. Una qualità di cui le donne sono molto più dotate degli uomini.

Questo non dimostra che gli uomini non possano andare d'accordo durante le missioni spaziali di lunga durata, significa solo che i tratti cruciali per il successo in questo tipo di missioni è tipicamente più associato alle donne, anche se non si può ancora sostenere che un equipaggio tutto al femminile sia la scelta migliore, perché non sappiamo (ancora) come un equipaggio di sole donne potrebbe cavarsela, rinchiuso per mesi in una piccola astronave.

In conclusione, i dati fin ora raccolti sulle dinamiche di gruppo, suggeriscono che squadre di genere misto sono la scelta migliore, lasciando spazio a una missione interplanetaria formata da coppie stabili, sia da un punto di vista familiare che emotivo, in grado di lavorare in team, superare le difficoltà tecniche e interpersonali, e in grado di affrontare in modo costruttivo la logorante monotonia del viaggio e della permanenza su Marte; una condizione riscontrata in tutti i soggetti che hanno partecipato alle simulazioni, nonostante le "distrazioni" create dalla missione e dal gran lavoro scientifico da svolgere.