Nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova 121 opere, prestate da 45, tra prestigiosi musei italiani e internazionali e ricche collezioni private, sono esposte in un percorso articolato in 10 sezioni per raccontare le origini del movimento futurista. L’arco cronologico considerato parte dal 1910, anno di fondazione del movimento in ambito pittorico al 1915 con la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo e l’ingresso in guerra dell’Italia. Palazzo Zabarella è un luogo esemplare ed è una Fondazione di carattere privato che ha un ruolo pubblico di promozione, diffusione e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale.

“Questa rassegna di grande impegno scientifico e rilievo culturale si ricollega alla mostra realizzata a Venezia a Palazzo Grassi nel 1986, un’esposizione epocale di carattere europeo dove dialogavano i diversi Futurismi internazionali, dall’Italia alla Francia, dalla Russia all’Inghilterra”, commenta Federico Bano Presidente della Fondazione e aggiunge “ torniamo ora con una mostra fantastica, molto attesa in Italia e molto attesa per la città di Padova, ponendo l’attenzione, per la prima volta, sulla nascita di quell’avanguardia , tra il 1910 al 1915 , identificabili come gli anni eroici del Futurismo”.

Con la curatela di Fabio Benzi, Francesco Leone e Fernando Mazzocca, la nuova rassegna si impone infatti, come “sguardo altro”, offrendo una visione nuova ed originale e invitando alla scoperta di una realtà artistica fino a ora poco, o per niente, svelata. Sebbene negli ultimi quarant’anni si siano succedute molteplici rassegne dedicate al Futurismo, nessuna si è mai focalizzata in termini critici ed esaustivi sui presupposti culturali e figurativi, sulle radici, sulle diverse anime e sui molti temi che hanno concorso prima alla nascita e poi alla deflagrazione e alla piena configurazione di questo movimento che ha caratterizzato in modo così dirompente le ricerche dell’arte occidentale della prima metà del Novecento. Per il curatore Francesco Leone “Questa mostra è molto diversa dalle precedenti. La prima perché è vero, il mondo degli studi sa benissimo quali siano state le origini e le radici del Futurismo, ma in effetti una mostra non è mai stata documentata con dialoghi, confronti e opere che parlano delle radici divisioniste e in parte simboliste del movimento futurista. E il voler insistere sulle origini è stata una scelta curatoriale che sta alle origini del progetto scientifico della mostra. È vero che il Futurismo è una avanguardia dirompente e straordinaria ma non possiamo credere che sia nata dal nulla. Il confronto con il Divisionismo ci spiega molto precisamente questa fase di partenza ed è Umberto Boccioni e gli altri a dircelo nei manifesti e in altri scritti importantissimi”.

Tra le avanguardie del ‘900, nel Futurismo o arte del futuro si respira un sentimento rivoluzionario, di rinnovamento e di ribellione nei confronti della tradizione con uno sguardo proiettato nel futuro e nelle sue innovazioni tecniche. Nella prima generazione di esponenti ci sono Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini. Un’arte complessa comunque che questa rassegna di Padova ricostruisce fin dai suoi esordi, come prosegue Francesco Leone. “Un altro punto fondamentale è che in altre mostre seguendo un andamento diacronico e mettendo vicini anche capolavori e opere importanti si va in una sequenza che non spiega mai bene la realtà complessa, caleidoscopica di questo movimento e noi l’abbiamo fatto, chiudendo in un quinquennio, ma mettendo dentro in diverse sezioni i concetti chiave del Futurismo. Abbiamo avuto la piccola presunzione di spiegare le novità dell’Avanguardia proprio attraverso questa analisi microscopica e profonda”. Il percorso è suddiviso in dieci settori, dalle Radici simboliste del Futurismo alla Ricostruzione Futurista dell’Universo. Un lavoro complesso che ha richiesto più di due anni di preparazione ma di grande soddisfazione per Francesco Leone. “M sembra un risultato di grande valore, una mostra entusiasmante ma anche con un valore pedagogico e perlustrativo che aiuta molto e, se devo dire, tra i tanti lasciti del Futurismo e forse uno dei più importanti, è che il Futurismo ci ha insegnato ad affrontare la realtà nella sua complessità in un modo caleidoscopico. Queste opere d’arte devono riunire insieme la figura, l’uomo, l’ambiente, le forze che animano il mondo. Il mondo è complesso mentre oggi noi siamo abituati per questioni di comunicazione e di linguaggi politici a rendere tutto in termini massimalisti e semplificatori, mentre il Futurismo ci ha insegnato che la realtà è estremamente complessa”. Un’occasione eccellente anche per riuscire ad ammirare opere di alto valore, grazie al concorso di musei e collezionisti privati.

“Palazzo Zabarella in questa occasione come in passato è riuscito a legare e a mettere insieme musei statali molto prestigiosi che ci hanno permesso di fare questa mostra, cito uno su tutti Palazzo del Novecento a Milano dove oggi c’è la maggior concentrazione di opere futuriste in Italia e da lì vengono sette dipinti. Otto ce li ha prestati il Mart di Rovereto quindi la mostra è composta da opere iconiche, inimmaginabili e anche molte provenienti da collezioni private che generosamente hanno voluto contribuire. Come Genio futurista di Giacomo Balla del 1925 della collezione di Fondazione Biagiotti Cigna o Forme uniche della continuità dello spazio del 1913 di Umberto Boccioni che viene dal Kröller-Müller Museum, un museo statale dei Paesi Bassi. Abbiamo ricostruito questo confronto straordinario tra Profumo di Luigi Russolo del Mart e la Testa femminile di Umberto Boccioni del 1911 di collezione privata e poi il Roveto di Giuseppe Pellizza da Volpedo dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza e Il giorno sveglia la notte, 1905 di Gaetano Previati dal Civico Museo Revoltella di Trieste”. O ancora, tra i prestiti, Banca Intesa con un capolavoro assoluto che è Meriggio. Officine a Porta Romana, 1910, di Boccioni, un’opera iconica nella quale la città sale e si sviluppa nelle periferie dominate da ciminiere industriali, simbolo della vita moderna.