"Dal sangue dell'uva hai bevuto vino", si legge nel Deuteronomio 32:14, e migliaia di anni dopo Galilei ci dice che "Il vino è la luce del sole, unita dall’acqua". Può sembrare una storia molto singolare, magari simpatica, ma per quanto ci riguarda, il primo contatto con questa meravigliosa bevanda lo dobbiamo alla nostra amata nonna materna, alla quale rubavamo, fin da piccoli, un sorso qua e là di vino Manischewitz, prodotto da un'uva americana che si chiama Concord, dal nome della regione in cui viene coltivata, e che non è altro che un ibrido della Vitis Labrusca, una varietà comune negli Stati Uniti. Peró, non parleremo della nonna, ma di una nuova uva ibrida in Costa Rica, che forse alcuni associano solo a banane, ananas e caffè. Chi penserebbe che ha già la sua uva! Ma lasciamo che sia il nostro esperto a parlarcene. Ci riferiamo allo scienziato italiano autodidatta in Viticoltura ed Enología Virgilio Vidor, con il quale abbiamo avuto una conversazione a distanza sul tema e che ha stupito tutti con i suoi risultati. Virgilio Vidor é stato recentemente insignito dal Presidente d’Italia, con uno dei pú alti titoli d’onore del Paese: infatti gli é stato concesso il titolo di “Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica”, del quale ovviamente ne va molto fiero, per il suo lavoro con la UE a favore della povertá rurale in America Centrale e per le sue ricerche scientifiche per una nuova Viticoltura Tropicale, creando nuovi vitigni tropicali.

Signor Virgilio, da quanto tempo vive in CR?

Sono arrivato a 24 anni, da Fregene (Roma), con mio padre Fiorenzo (originario della famosa zona del Prosecco, vicino a Treviso), mia madre Rina Enzo (veneziana) e mio fratello minore Giuseppe, il 5/12/72. Nel gennaio successivo compivo 25 anni. Siamo arrivati a Playa Panama, Guanacaste, in una piccola azienda agricola che avevamo acquistato dall'Italia con il supporto di alcuni amici “Ticos”, con circa 10 varietà di uve italiane. Passammo attraverso povertà e avventure, oltre che gioie, facendoci conoscere nel paese.

Iniziammo un processo sperimentale di viticoltura tropicale, contattando e ottenendo l'aiuto del governo costaricano, di USAid e della UC/Davis. In questo processo, sono stato direttore scientifico di un progetto sperimentale di uva per il Guanacaste finanziato dagli Stati Uniti, che è durato alcuni anni, con la ricerca e sperimentazione di circa 350 varietà di vitigni. Sono stato successivamente, consulente internazionale senior presso agenzie internazionali (all’inizio con USAid, poi per molto tempo, a capo di missioni UE e infine con IDB) dagli anni '70 ad oggi.

Cosa l'ha spinta a creare ibridi tropicali ?

Da oltre 500 anni si cerca di produrre uva e vini in climi tropicali. Nonostante un certo grado di successo in alcuni luoghi con alcune varietà, la tendenza è sempre stata quella di "adattare" alcune varietà di altri climi ai tropici e non di sviluppare nuove uve geneticamente tropicali, in un contesto di nuovi sincretismi culturali-naturali-tecnici, basati sull'unione genetica (e sulla sua "essenza") di uve tropicali selvatiche con uve europee, che è una strada molto lunga e difficile. È urgente la nascita di una nuova viticoltura tropicale, per superare la tradizionale forma elitaria di produzione dell'uva nei tropici, che consiste in adattamenti tecnologici di varietà commercialmente note (di solito Vitis vinifera da tavola), per poterle produrre in condizioni locali, attraverso pratiche ad alto costo. Il mio lavoro mirava quindi a ottenere ibridi veramente resistenti ai tropici e sopratutto locali, con una buona qualità e caratteristiche proprie.

Con queste uve si può fare tutto ciò che si fa con le varietà europee?

Non è questo il punto. La questione funziona anche al contrario... Le uve che coltivo da 50 anni in Costa Rica e in America Centrale (al momento dovuto alle proprietà della Vitis tiliifolia, sono più da vino che da tavola), producono vini incredibili dai colori sorprendenti, fruttati, floreali e freschi, a volte frizzanti. In breve, molto tropicali. È difficile che i vini europei li superino in queste caratteristiche. D'altra parte, i vini rossi secchi europei, con i loro aromi complessi, non hanno rivali.

Di solito si parla di ibridi per le regioni alte, sopra i 1.000 metri, ma esistono anche varietà ibride per climi come Bagaces e Cañas in Guanacaste, o Upala in Alajuela?

L'adattamento delle uve tropicali al loro ambiente è molto ampio. Parlo di 1300 metri, perché è lí che si trova il mio giardino laboratorio. In generale, in America centrale possono crescere dal livello del mare fino a 1500-2000 metri con un periodo di siccità definito, generalmente sul versante del Pacifico. Esistono anche alcuni ibridi tropicali con una maggiore resistenza ai climi più umidi. Pertanto, l'areale territoriale in America centrale è praticamente totale, specialmente se nei posti piú piovosi si facessero in coltura protetta.

Per quanto riguarda le varietà tropicali originarie, sono così amare o acide da non poter essere vinificate?

L'uva selvatica tropicale del Centroamerica, generalmente chiamata "agrá" a livello locale, è molto acida, con poca dolcezza naturale. Peró é di sapore neutro, per cui nei suoi incroci, puó ereditare gli aromi dei vitigni con i quali si ibrida. È anche possibile produrre bibite dolci e acide, gelatine, ma anche, con determinate elaborazioni e tecniche, vini freschi e leggeri (come le bevande fermentate). I messicani producono un vino selvatico chiamato "vino de chochogo", che ha i suoi seguaci e appassionati, ma richiede una lavorazione molto laboriosa.

Lei parla di una viticoltura che include aspetti filosofici, cioè di una transculturazione dalle radici piuttosto che di un semplice adattamento dei costumi, di un'appartenenza alla cultura del vino non perché si beve vino ma perché è stata "geneticamente" inclusa nell'anima tropicale (costaricana in questo caso) del popolo.

Le radici culturali latinoamericane (in questo caso costaricane) portano con sé l’essenza dell'uva a causa della sua origine europea da un lato e americana dall'altro. Nel primo caso l’uva era fonte di vita grazie al suo vino e nel secondo era fonte di vita grazie alla linfa vitale che i viaggiatori bevevano dai tralci tagliati. Vite, Vitis, Vitae, è "Vita". Questa unione svilupperà ulteriormente il processo interculturale di costruzione della storia mediterranea e tropicale, con la sua coltivazione, il suo uso, la sua trasformazione e la sua promessa di nuove sfide e nuove storie.

Un'altra domanda: se il vino venisse prodotto industrialmente, sarebbe un'alternativa redditizia per coprire il consumo interno o l'esportazione?

Il potenziale è enorme, perché non si tratta che i vini tropicali siano migliori o peggiori di altri vini. É enorme perché porta con sé l’essenza della novità, di un nuovo terroir ricco di storia, di costumi, di terre verdi e fertili, di giaguari, di musica, di cuori allegri e soprattutto di un "matrimonio d'amore" tra due piante e due culture, con infinite promesse. Questa innovazione non è giá sufficiente di per sé come pubblicitá? Con un enorme potenziale di nuovi aromi, sapori e colori? Non è più necessario vinificare uve europee adattate ai tropici, che non danno la vera essenza del Terroir...bisogna puntare sul nuovo. È tempo che i centroamericani abbiano una propria peculiarità rispetto a una "Nuova Viticoltura Tropicale", diversa dal modello imitatore precedente. È arrivato il momento che il Centro America dia una lezione al mondo su questo tema, anche se i politici non sono ancora riusciti a capirlo... Da parte mia, vorrei donare tutti i miei anni di studio, ma solo la gente mi segue (con 150.000 followers al momento), non ancora le istituzioni. Ricordiamo che i coraggiosi antenati locali, circa 200 anni fa, scommisero sul caffè in Costa Rica. Il risultato? Provate a immaginare in questo momento una Costa Rica senza la cultura del caffè....

Qualcuno sta già producendo vino da qualche ibrido Tico?

In generale, ancora poco. Alcuni dei miei seguaci stanno iniziando a lavorare a livello artigianale, dopo aver partecipato ai workshop che tengo per permettere alle persone di imparare. A Grifo Alto de Puriscal c'era un signore che produceva vino da uve tropicali. Purtroppo ora é deceduto e non so se qualcuno continuerá la sua opera... Se ci fosse più interesse politico, si farebbero più progressi, ma non è facile... In ogni caso, il mio impegno a restituire al Paese ciò che mi ha dato negli ultimi 50 anni è direttamente con la gente, e in poco tempo ho 150.000 follower, il che dimostra un alto livello di interesse in questo senso.

Ho visto che a Chirraca de Acosta c'è un vigneto che produce vino dall'uva Isabella...

L'uva Isabella è un ibrido di origine nordamericana/europea molto diffuso ai tropici e utilizzato per produrre il famoso "Fragolino" in Italia. La coltivazione di quest'uva ai tropici non è un'innovazione. Lo stesso avviene in altri Paesi con l'uva Isabella. Lo faccio anche io con micro vinificazioni sperimentali, ottenendo prodotti sempre migliori con questo tipo di uve. Ho uve speciali Isabella, che ho selezionato e migliorato. Finora ho isolato 5 o 6 cloni diversi, di cui uno fantastico. Peró la vera scommessa sono gli ibridi tropicali.