Libera-mente è il titolo della mostra collettiva, curata da Laura Di Stefano e Roberta Mandoliti, allestita alla Galleria Impact Art di Roma da luglio a settembre 2022. Una esposizione, ma anche un luogo di incontro, nel quale si intessono liberi contatti tra i più diversi linguaggi dell’arte. Dalla pittura alla scultura, dall’incisione alla videoarte, dall’illustrazione alla fotografia, con il fine ultimo di aprire lo spettatore a mondi possibili, per il solo fatto che il reale abita presso l’immaginazione.

Il filo conduttore di Libera-mente è per ciò stesso, l’illimitatezza della mente, cui originano libere associazioni, pensieri, idee, tradotte in immagini, quando oniriche quando astratte.

In tal senso, il luogo che ospita la mostra, Impact Hub, si dà quale luogo democratico e inclusivo, nonché attento alle variegate sfaccettature dell’arte contemporanea la cui cifra emblematica è per l’appunto l’interferenza tra le arti, l’ibridazione.

Al vernissage, Giovanni Nardoni, ha realizzato una performance nel quale ha ribadito che ogni artista combatte con la sua ricerca del “liberamente” per riuscire a controllare le sovrastrutture sociali che intrappolando vorrebbero renderlo innocuo. Ma un artista già nasce col suo essere liberamente nel mondo quindi il suo sforzo nella sua crescita consiste solo nel darsi uno stile e una linea estetica, in poche parole essere a suo modo nella vita. Ben altra difficoltà è la ricerca della “mente libera”: questa implica una sofferenza e uno sforzo intellettuale che può finire con rendere la vita un inferno.

Le opere e gli artisti

Nei tuoi panni è il titolo di una straordinaria opera di Lucilla Monardi. Agnes Richter era una sarta tedesca internata nell’ospedale psichiatrico di Heidelberg per volere del padre e del fratello a seguito di diverse e gravi sue delusioni. La sua memoria sopravvive grazie a una piccola giacca che cucì e ricamò durante il suo internamento nell’istituto, messa insieme con il tessuto di lana marrone e la stoffa di lino con cui erano realizzate le divise, quasi a trasformare un oggetto ‘istituzionale’ e impersonale in qualcosa di intimo.

Le due tele che espone Lucilla Monardi riproducono, fronte e retro, la giacca di Agnes con le sue misure. Il modello tridimensionale invece è realizzato con le misure reali, cm 38,5 x 42, messe a confronto si evidenzia tutta la sua minutezza e fragilità.

Questo lavoro intende essere una riflessione sulla condizione di isolamento e di perdita di ciò che caratterizza la personalità di un essere umano che egli stesso in particolari condizioni, disperatamente ricerca, ma anche un’esortazione a indossare idealmente i panni dell’altro per comprendere invece che giudicare.

Letizia Ardillo espone una installazione dal titolo Le forme della conoscenza, realizzata nel 2021 con una tecnica particolare: collage, pagine antiche, foglia d’oro e d’argento, matite, pigmenti su stampa inkjet su carta Fabriano.

L’installazione è composta da 22 carte dalle dimensioni di cm 20x28 ogni elemento, che rappresentano le lettere dell'alfabeto ebraico. Nella lingua ebraica e nello specifico nella Cabbala, le lettere sono portali d’accesso alle Sacre Scritture, questo è evidente nel Libro della Formazione, uno dei testi di mistica ebraica più antichi che attraverso la permutazione delle lettere racconta la storia della creazione.

Il lavoro proposto da Lidia Bruno dal titolo Legami II fa parte di una serie di grafiche (acquaforte, acquatinta e vernice molle su carta colorata a mano, cm 22x32 cadauna, 2020) riconducibili al tema del legame, in cui si vogliono evocare attrazioni e respingimenti generati da affinità ed opposti. La mente e il corpo, come due aspetti di un'unicità più o meno scissa, sono posti in dialogo. Le figure incise cercano un congiungimento tra le porzioni del sé frammentato per ritrovarsi nella zona più silenziosa e intima. La mente libera dal corpo ma ad esso collegata.

Da sempre la ricerca artistica di Lidia Bruno coniuga lo studio del segno grafico, inteso come passaggio, come traccia di sé, ad uno stile dai tratti illustrativi e visionari. Legata ad una prospettiva concreta della pratica artistica, sceglie l'incisione calcografica come mezzo espressivo prevalente.

Lorena Tarantini espone tre tavole, Blind Drawings (Polvere di grafite, olio, carta da spolvero, cm 100x70, 2013), realizzate lavorando bendata. Le opere sono ispirate al concetto artistico del BTD (Blind Time Drawings) di Robert Morris, artista statunitense esponente della Minimal Art, e sono una selezione di alcuni dei disegni realizzati dall’artista nell’ambito degli studi personali di Arte per la Terapia. L'agire con gli occhi bendati ha da sempre affascinato l’essere umano: chiudere gli occhi, perdere i riferimenti convenzionali, aprirsi ad “altre visioni”.

Le opere di Mirella Cascini Pensa (borse in cuoio e tele), affondano le radici nel ciclo Ombre, che rappresenta l'essenza della ricerca dell'artista. "Vi è infatti una materializzazione, una concretizzazione, ed una cromatizzazione di quell'essenza dell'essere, la sua ombra, che ricorda il mondo delle idee di Platone, a cui l'artista sembra volerci far ritornare, risalire (Lucrezia Rubini). L'artista dice di sé stessa: "Inseguo le ombre per conquistare la luce. Modello l'assenza per trovare la presenza."

Simona Gasperini dedica l’ultima serie dei suoi delicatissimi collages a Emily Dickinson, la poetessa statunitense (1830-1886) che per gli ultimi vent’anni della sua vita ha scelto di non uscire più dalla sua stanza.

Un isolamento che è comunione profonda e non negazione del mondo, che è accettazione della morte contro l’horror vacui della vita. Una risposta, quella di Emily Dickinson, alla società puritana del suo tempo, che immaginava una religione fatta di buio e penitenza, mentre lei vedeva la bellezza di Dio attraverso ogni manifestazione della Natura.

(Penelope Filacchione)

Per questo motivo la Gasperini utilizza molto il bianco, che non è vuoto, ma luce e pienezza.

Le Introspezioni classiche di Paolo Garau offrono l’esperienza di un prezioso e insolito itinerario esistenziale.

L’intentio auctoris enigmatica e insondabile si svolge nell’ostentum operis: è necessario incamminarsi ad incontrare ciascuna delle 3 sculture in mostra, e poi porsi di fronte, di lato, alle spalle, in un’osservazione circolare del tutto tondo delle opere, tornando sempre al sé (proprio e del soggetto osservato). Il rapporto che si dovrebbe instaurare è di interlocuzione: ciascuna opera va interrogata profondamente, attentamente, complessivamente.

(Angelo Fàvaro)

Raffaele Letizia in Woman in the Space- Corpi Comunicanti (tecnica mista su carta, cm 21x30, 2019) raffigura una donna che padroneggia sé stessa e lo spazio in cui si muove, palesandosi in tutta la sua femminilità e sensualità. Donna nello Spazio è un lavoro facente parte del filone di opere dal titolo Corpi comunicanti, è la narrazione di un corpo femminile che liberamente si muove nello spazio che la circonda, scevro da sovrastrutture socio-culturali, dal timore di pregiudizi, consapevole della propria “virilità” oltre gli stereotipi di genere ed orgogliosamente forte della sua capacità seduttiva.

Roberta Mandoliti espone il video Rapsodie, Docu(componi)menti atratto-musicali (10’10’’, 2010). La rapsodia, in ambito musicale, è una composizione molto libera e variegata di origine popolare e di derivazione greca, con significati epici o per mezzo della quale si vuole esaltare un certo virtuosismo strumentale.

Qui, Rapsodie è un docu(componi)mento. Una composizione ibrida cioè che si dà per immagini astratte senza sonoro, le quali però, evocano un fare, un’esistenza musicale libera e variegata. Una composizione, peraltro, che non si avvale di montaggio ma di un’unica ripresa lineare (senza tagli), di una realtà popolare-contadina.

Lorenzo Colli espone il video A carcioffola se monna a’ na foglia a’ vota (6’51’’, 2022). Il carciofo, tra mitologia greca, cultura, religione e storia. Bandito per due secoli dalla chiesa cattolica, personificazione della dea più bella che, per il suo carattere e atteggiamento, fece ingelosire Zeus.

Emanuela Sandu presenta tre monotipi che fanno parte del libro silenzioso Il bosco cantava ricordi realizzato nell’anno 2021. È una storia che mira a far comprendere l’importanza dei ricordi ed insegna al lettore ad averne cura, perché essi ci restituiscono le nostre radici. L’illustrazione Alla stazione rappresenta due amanti alla stazione. Forse si sono appena incontrati, forse si stanno separando o probabilmente l’amata non c’è più, è una presenza trasparente, leggera. I treni passano, il tempo passa, ma il ricordo di lei è forte. Lui l’aspetta. Il tema dell’illustrazione Sali e togliti la maschera è l’identità e la diversità. Ragazze, con maschere di animali differenti, convivono e giocano sull’ albero.

Il progetto fotografico su carta fatta a mano denominato Nouveau Libertà a cura di Daniele Romaniello è un procedimento antico ed unico nel suo genere con la produzione di carta artigianale capace di avviare sinergia con una stampa moderna come quella digitale di foto retrò. Si tratta di un doppio progetto che unisce il periodo liberty alla fotografia contemporanea e l’artigianato.

Il libro di Laura Di Stefano su Olga Spessivtzeva

L’artista Laura Di Stefano presenta un libro, impreziosito da diverse sue illustrazioni, che è un percorso sulla tormentata vita di Olga Spessivtzeva, ballerina Russa dei primi anni del Novecento. Tra i numerosi ruoli interpretati spicca per intensità soprattutto quello di Giselle che le procurò numerosi riconoscimenti artistici.

La figura di Giselle fu ispirata dalla mitologia slava nel libretto composto per l’omonimo balletto dal celebre scrittore francese Théophile Gautier, il quale trasse questo personaggio dagli scritti del poeta romantico tedesco Heinrich Heine. Nel balletto Giselle ama un uomo che è promesso ad un’altra donna. Scoprire il tradimento è un’emozione troppo forte per il suo debole cuore e, dopo una drammatica scena che la porta alla follia, Giselle muore. Dopo la morte diventa una “Villi”.

Le Villi rappresentano quindi le donne che diventano spiriti vendicativi di fanciulle morte per un tradimento, un abbandono o un amore infelice, e che vagano di notte in cerca di traditori d’amore. Le Villi inducono magicamente il colpevole a ballare fino alla morte, guidandolo in questa terribile danza con le loro bacchette di vischio e scomparendo solo a vendetta compiuta. I grandi occhi di Olga, uniti al pallore del suo volto in contrasto con i capelli neri, la rendevano ideale per questo ruolo romantico e non è difficile comprendere quindi il successo che ebbe in questo ruolo.

Le illustrazioni del libro di Laura Di Stefano ripercorrono le fasi di Olga bambina che si vede già una grande ballerina, le sofferenze per la rivoluzione russa, il dolore di un amore non corrisposto, un vestito appeso a rappresentare la sua carriera, fino alle atmosfere inquietanti di Giselle nel bosco. Nell’ultima tavola il suo ricordo esce prepotente attraverso il rosso dei fiori che vuole essere sia un dono al suo spirito che un messaggio positivo di una vita dedicata all’arte meravigliosa della danza.