Sono sempre più frequenti e diffusi tra le persone insoddisfazione, peso della vita quotidiana e anelito verso uno stile di vita più autentico e scevro da doveri imposti dall’attuale sistema occidentale. L’utilizzo delle tecnologie e delle macchine in genere, per compiere la maggior parte delle attività persino le più banali, ha ridotto severamente l’uso e l’allenamento dei sensi originari e della mobilità, come il camminare e vivere in luoghi ameni, aperti, ricchi di stimoli per la presenza di vegetazione rigogliosa, animali, paesaggi diversi in genere.

Il forzoso permanere in luoghi poveri degli elementi primigeni della natura, acque, montagne, praterie e foreste, che per la donna e l’uomo sono stati parte fondamentale nella crescita sensoriale e cognitiva durante il corso dei millenni, ha modificato il nostro vivere quotidiano a tal punto da provocarne delle conseguenze imprevedibili e tuttora imponderabili. Vorrei però soffermarmi su un ambito ben preciso e circoscritto, quello dei nostri sensi e dell’interazione con l’ambiente, oggi così ridotto a poca cosa nei luoghi dove è concentrata la maggioranza della popolazione a livello globale: le città e le metropoli. “Per la prima volta nella storia, oggi la maggioranza della popolazione umana, il 55%, vive nelle città, risultato frutto della rapida urbanizzazione avvenuta a partire dal 1950, quando il 70% delle persone risiedeva in aree rurali. Se le città sono il futuro del pianeta, quindi, diventa sempre più importante capire come costruire il futuro delle città. E non solo a livello istituzionale, ma anche con il nostro impegno quotidiano”, commenta un editoriale di Egea editrice dell’Università Bocconi che ha pubblicato ben cinque volumi che trattano questo incolmabile dilemma che attanaglia l’ultimo secolo: come gestire la modernità nei luoghi urbani. Già i titoli sono illuminanti sulle problematiche che poi affrontano: Paradosso urbano, Silver & the city, Public branding, Diplomazia delle città e Abitare la prossimità. Idee per abitare la città dei 15 minuti.

Questi ultimi venti anni per il nostro Paese in particolare hanno comportato uno stravolgimento epocale proprio nei luoghi che dovrebbero essere invece i più studiati e progettati da naturalisti, ecologi, psicologi, urbanisti (oggi ci sono ancora?) e sociologi affinché l’evidente artificio della concentrazione elevata di tanti individui nello stesso spazio non generi troppi danni a livello di salute, fisica e psichica, quindi comportamentale ma soprattutto di relazione con altri individui.

Ricordo un testo che mi capitò tra le mani e che lessi con grande interesse negli anni Novanta, dal titolo La dimensione nascosta di Edward T. Hall, con una introduzione di Umberto Eco, edito da Bompiani già nel 1982. L’autore parte dal presupposto molto semplice che “L’uomo fa parte del regno animale e, dunque, certi meccanismi notati negli animali fanno parte anche della sua vita”. Con molti esempi tratti proprio da sperimentazioni su animali e sull’uomo, l’autore, introducendo il concetto di prossemica1, dimostra in modo chiaro e illuminante come la modernità, con il sovraffollamento nelle metropoli conseguente allo svuotamento delle zone rurali in tutti i continenti, ha acuito e continua ad esacerbare i conflitti non solo interculturali ma anche intergenerazionali, di genere e di religione. Ha modificato e stravolto modelli culturali e comportamenti sociali. Nulla di più attuale se guardiamo la nostra situazione mondiale a livello di guerre armate, politiche, ideologiche e batteriologiche.

Quindi vorrei ricordare due concetti importanti: percezione e propriocezione, il primo significa avere coscienza nell'ambito dell'esperienza sensibile (tatto, udito, vista, olfatto e gusto), il secondo avere cognizione della propria posizione nello spazio, Hall ha la capacità di indagare precisamente sulla loro importanza studiando i sensi uno ad uno e aprendoci le porte verso la comprensione di tante “affezioni” che oggi colpiscono la comunità del cosiddetto benessere.

Afferma in particolare che i componenti dell'apparato sensoriale dell'uomo si dividono in due categorie, secondo una sua classificazione: ricettori di distanza, connessi all'esame di oggetti distanti, cioè occhi, orecchi, e naso; ricettori immediati, usati per esaminare l'ambiente più prossimo, il mondo del tatto: pelle, membrane e muscoli. Un esempio importante che vi riporto: “La percezione spaziale non comprende soltanto tutto ciò che è percepito, ma anche quello che viene escluso. Persone allevate in ambiti culturali differenti apprendono sin da bambini, senza averne poi avvertita coscienza, a scartare certi tipi di informazioni. Una volta stabiliti, questi schemi percettivi sembrano restare inalterati per tutta la vita. L'uso diffuso di deodoranti e l'eliminazione di tutti gli odori dai luoghi pubblici ottunde le differenze nelle percezioni spaziali, e impoverisce la varietà d'esperienze della nostra vita; giunge anche ad oscurare i ricordi, giacché sono gli odori, più delle immagini o dei suoni, ad evocare le memorie più profonde”. In sostanza bambini cresciuti in ambienti poveri di stimoli (città omologate, senza alberi, rumorose e grigie) saranno adulti per la gran parte con minore fantasia e più tristi, se non eccezionalmente, cioè per quegli individui in cui la costrizione indurrà reazioni forti che provocheranno l’impulso a ritrovare luoghi ameni e primigeni con conseguenti e radicali cambiamenti di vita. Quanti oggi scrivono in siti e blog dedicati al mutamento di vita messaggi e richieste pubbliche alla ricerca di luoghi rurali dove creare piccole comunità, ritornando ad una vita semplice e meno fondata sul materialismo e il consumo per il piacere del consumo? Moltissimi. Ma questi sono una minoranza in quanto, come sosteneva bene anche Ivan Ilic, filosofo e teologo, con chiaroveggenza, oltre mezzo secolo fa nell’opera Nemesi medica2: “La gente è condizionata a ricevere le cose anziché farle; è educata ad apprezzare ciò che si può comprare e non ciò che essa stessa può creare. Vuol essere istruita, trasportata, curata, guidata, anziché apprendere, muoversi, guarire, trovare la propria strada. Si assegnano funzioni personali a istituzioni impersonali” e, aggiungo, si vogliono indurre le persone a “narcotizzarsi” con salari e stipendi che non gli consentono di dedicarsi alla vera vita e ai propri sogni, a far funzionare mente e corpo per organizzare la giornata alla ricerca di qualcosa di cui alimentarsi, godere del paesaggio che ci circonda e dare spazio a relazioni sane e gioiose. Chi non reagisce, per pigrizia e rassegnazione, sarà sempre costretto e soggiogato dal tragico controsenso della società industriale e dalla sua “controproduttività” che impoverisce le masse e arricchisce una minoranza potente. La comunicazione ha poi contribuito e contribuisce, più recentemente a voce unisona, a condizionare mercati, azioni, comportamenti a tal punto da rendere noi humana una specie geneticamente modificata e adattata alla remissività in cambio di effimere e sporadiche evasioni (vacanze, tecnologie, droghe, gioco, ecc.). In questo senso è utile godersi un raro prodotto cinematografico americano che con una prodigiosa sceneggiatura, nel 1976, mette in scena una profetica modellizzazione del mondo contemporaneo, standardizzato, una vera e propria fiction dove le grandi corporazioni, dette oggi lobby determinano senza scampo il futuro del mondo intero. Il regista e produttore Sidney Lumet, con l’ironica e cruda capacità di vedere la realtà, in sole due ore svela quello che adesso vediamo ogni giorno con i nostri occhi … sempre che attiviamo con energia e volontà ferma e centrata tutti i sensi. Buone letture e visioni care lettrici e cari lettori!

Note

1 "Prossemica" sono le teorie che concernono l'uso dello spazio dell'uomo, inteso come una specifica elaborazione della cultura. Ad esempio, nel capitolo 12 si sofferma sui mondi spaziali giapponese e arabo dice: “Il centro in Giappone viene privilegiato non solo nell'organizzazione dello spazio, ma persino nella conversazione. Per noi le pareti di una casa sono fisse, sono spazio preordinato; ma in Giappone sono mobili, e sono analogo contrasto nel modo di muoversi nello spazio semi-determinato, dando luogo ad una quantità di combinazioni diverse, a seconda delle situazioni”.
2 Ivan Illich, Nemesi medica. L’espropriazione della salute, Mondadori, 1976 Milano.