Ognuno ha le sue. Io, per esempio, ancora oggi dopo anni, pur riuscendo ad eseguire la posizione del ponte yoga (Chakrasana) ogni volta vorrei saltarla. Ancora non ci ho fatto pace. Non si sa perché mi richiede uno sforzo indicibile eseguirla, nonostante abbia braccia e schiena forti. Il punto è che, come sempre in yoga, non è solo questione di muscoli. In questa posizione, infatti, mettiamo alla prova la nostra capacità di estenderci all'indietro, verso l'ignoto che è alle nostre spalle. A livello psicologico ed emotivo quindi capiamo bene che, una volta anche allenati tutti i muscoli necessari per eseguire un asana, si tratta di lavorare sui suoi aspetti simbolici. La versione avanzata di Chakrasana prevede addirittura di partire in piedi (e non a schiena a terra) lasciandosi letteralmente cadere all'indietro nel vuoto, cosa che personalmente sono riuscita a fare poche volte e solo con l'assistenza dell'insegnante. Ricordo ancora la sensazione provata la prima volta, tanto è stata forte: una paura quasi incontrollabile. Una volta atterrata pensai di aver rischiato un infarto!

Oggi sorrido a ripensarci, ma capiamo bene quanto sia difficile superare le proprie paure. Ognuno ha le sue e per questo ogni praticante ha posizioni specifiche che ama poco o non sopporta proprio. Più sentiamo conflitto però e più dovremmo lavorarci, perché solo così rafforzeremo corpo e mente e soprattutto impareremo a capire che tutte le paure sono solo frutto della nostra mente, che sono tutte affrontabili e gradualmente superabili, tutte. Si chiarisce da sé come imparare a fare questo lavoro giorno dopo giorno sul tappetino possa anche donarci forza mentale nell'affrontare le sfide e le paure quotidiane. Una volta capito perché è importante dedicare tempo alle posizioni di yoga più difficili per noi vediamo come lavorarci al meglio.

1. Preparazione

Quasi tutti gli asana richiedono una preparazione. Più sono difficili per noi e più potremmo avere bisogno di lavorarci per gradi, a volte anche per anni. Ogni corpo ha una storia fisica ed emotiva differente e cercare di emulare quello di qualcun'altro significherebbe solo non tenere conto di questa realtà oggettiva. Il punto infatti è sempre non pretendere di arrivare alla posizione finale se il nostro corpo non ce lo permette ancora. Yoga è prima di tutto ascolto. Più saremo in grado di ascoltarci, più saremo costanti nella pratica e più impareremo a sentire anche l'energia che ci scorre dentro per gestirla al meglio. Sembra qualcosa di astratto detto così, ma l'esperienza ci insegna che praticando con regolarità si impara ad osservare il mix di pensieri ed emozioni che produciamo mentre eseguiamo un asana e che inevitabilmente finiscono per rispecchiarsi nel corpo. Come un vestito che indossiamo (corpo) ma che sotto ha sempre altro (mente>emozioni). Lo yoga ci facilita nel nostro percorso di consapevolezza perché si parte dal corpo, dall'ascolto prima di tutto delle tensioni, che non sono altro che lo specchio della nostra conflittualità interiore, dei nostri blocchi mentali ed emotivi, delle nostre resistenze.

2. Distacco

Più ascoltiamo le tensioni, i dolori, i limiti che il nostro corpo ci mostra e più dovremmo far caso alle emozioni che proviamo in quel momento. Di solito ci interfacciamo con sentimenti di rifiuto, irrigidimento, senso di impossibilità e simili; tutti aspetti che nascondono la paura di cadere, di farci male, di stirare troppo i muscoli, di romperci le ossa... Quello che dovremmo fare in questi momenti è prima di tutto riconoscere cosa sta accadendo, restando in ascolto di quello stato di allarme che ci mette in agitazione. Se decideremo poi di iniziare a lavorare con intenzione sull'asana che meno ci aggrada, dovremmo cominciare con l'analizzare qual è l'emozione prevalente che emerge. Qualunque sia, fosse anche paura, si tratta in realtà di una proiezione della nostra mente e prima di scappare dall'asana, dovremmo fare lo sforzo di accettare il momento per quello che è, ponendoci in un atteggiamento di resa. Al contempo dobbiamo sempre fare attenzione a non superare il limite fisico, indietreggiare di un millimetro se sentiamo che è troppo per noi. Trovato il punto esatto in cui fermarci dobbiamo cercare solo di rilassarci. La difficoltà sta proprio nel trovare il punto di equilibrio tra sforzo, tensione attiva, massimo allineamento possibile e giusta spinta psicologica per andare oltre quelli che crediamo essere i nostri limiti, senza però farci male. Per questo durante l'esecuzione di un asana ci sono dei continui micro aggiustamenti che si fanno fino a trovare il punto in cui ci si ferma e si respira.

3. Respirare e rilassare

Sembra la cosa più facile del mondo ma chi ha esperienza di tappetino sa che è forse la più difficile. Trovato il punto di equilibrio in cui siamo in grado di tenere una posizione più o meno a lungo (in media cinque respirazioni) senza farci male, sentendo al contempo che il corpo è attivo, dovremmo cercare di respirare il più profondamente possibile e rilassare più che possiamo le tensioni che si creano per riuscire a mantenere l'asana. Il punto è arrivare a correggere e allineare la posizione per poi respirarci e rilassarci dentro. Più sentiamo dolore e più dovremmo cercare di rilassarci e arrenderci. Solo così il corpo si allungherà. Solo permettendoglielo. Finché ci irrigidiamo le fasce muscolari non si ammorbidiranno. Per aiutarci a sopportare il leggero dolore (non dobbiamo mai arrivare a sentire male) dobbiamo respirare più a fondo in modo da ossigenare i tessuti e rallentare il respiro per mandare il messaggio al cervello che siamo al sicuro. All'inizio sembra impossibile e saremo tentati di fuggire dalla posizione, man mano che ci si allena però si imparerà a restare nell'asana per noi difficile e a familiarizzare con tutti gli aspetti ostici, migliorando sempre di più e superando le nostre resistenze.

4. Restare

Restare nell'asana vuol dire quindi trovare e mantenere il proprio punto di equilibrio per alcune respirazioni. Col tempo anche i piccoli dolori si allenteranno e impareremo a non identificarci con essi, a non dargli ascolto e a concentrarci sul respiro. Ed è lì che la mente potrebbe iniziare a spegnersi. È lì che potremmo iniziare a sperimentare un profondo senso di pace. Il corpo è allineato e la mente è placata, come spenta. Il pensiero involontario e compulsivo si è fermato. Siamo tutt'uno con il nostro respiro e con la forza vitale a cui esso istintivamente ci riporta. Non è un qualcosa di razionale su cui riflettiamo, è solo un senso di calma e benessere che ci pervade e che ad ogni respiro si può fare più intenso e profondo. Ecco, è allora che stiamo meditando.

5. Ripetere

Per riuscire ad arrivare a un buon livello di consapevolezza del proprio corpo e della propria mente, per riuscire ad osservare i pensieri che abbiamo durante la pratica senza giudizio e con distacco, per trovare ogni volta il nostro punto di equilibrio e sentire che tipo di energia ci pervade non c'è che la costanza della pratica. Si dice sempre che bisognerebbe praticare tutti i giorni (ricordiamo 6/7) e questo è uno dei motivi. Non è solo una questione di centrarsi al mattino in modo da introdursi al mondo con un buon livello di energia, avendo fatto la nostra doccia mentale quotidiana, ma anche di lavorare con cura, millimetro dopo millimetro, tutti i giorni, per scoprire quanto possiamo migliorare ed evolvere da un punto di vista fisico, mentale e via via volendo spirituale.