Che si tratti di terminare una relazione, di separarsi, di chiudere un rapporto di lavoro, di concludere un contratto d'affitto, o di mettere fine a una amicizia, in ogni caso bisogna imparare a lasciarsi.

Ogni cosa vivente ha un suo ciclo di nascita, sviluppo e conclusione.

Possiamo - e dovremmo - imparare a concludere per bene. Solo noi esseri umani non siamo in grado di seguire queste fasi. Solo noi diventiamo meschini, rancorosi o aggressivi, totalmente incapaci di gestire la fase finale di un processo relazionale.

Dovremmo imparare a terminare i rapporti con grazia e riconoscenza, celebrando con gratitudine ciò che è stato e che ci ha visti coinvolti fino a quel momento, senza di punto in bianco svalutare denigrare o distruggere ciò a cui abbiamo partecipato fino a lì.

Monica è sposata con Angelo, ma non vuole più esserlo. Gli dice di non amarlo più quando i bambini sono ancora piccoli. Lui incassa il colpo e continuano a stare insieme per altri dieci anni. Lei è arrabbiata lui frustrato. Per i figli, dicono. Bisogna imparare a separarsi.

Rimanere insieme per i figli è solo parzialmente un motivo valido: le ricerche confermano che ciò che è disfunzionale per la crescita dei bambini non è la separazione in sé, ma è una famiglia conflittuale o in cui l'amore è assente o distorto. Restare insieme per i figli è solo in parte una motivazione altruistica: molte volte è dettata dalla paura dell'ignoto e di uscire dalla nostra zona di comfort.

È necessario imparare a lasciarci e a lasciare andare.

Monica vuole suo marito fuori casa, ma lo vuole disponibile a correre ad aiutarla ogni volta che a lei serve. Angelo vuole liberarsi di tutto quel dolore, ma non vuole assumersene la responsabilità.

È necessario imparare a chiudere per bene.

Si può imparare a guardarsi amorevolmente negli occhi - o quantomeno rispettosamente - e dirsi grazie per quello che è stato e che ci si è scambiati e si può imparare a lasciarsi andare con lo stesso amore con cui ci si è messi insieme.

No, non è un'utopia: si tratta di etica dei sentimenti, si tratta di autenticità, si tratta di giustizia, di onestà intellettuale. Si tratta - sì in questo caso - di dare un modello di amore e di esempio ai figli.

Samuela è una giovane naturopata che si è appoggiata allo studio di Donatella, una collega anziana, per poter iniziare la professione. Le due hanno da subito concordato un rapporto di parità e di compartecipazione a ogni spesa e tutto è funzionato meravigliosamente per due interi anni. La giovane, a un certo punto, decide di aprire un suo studio e la titolare anziana, nonostante il dispiacere per la perdita di una collega, è felice e la sprona in questa nuova avventura.

Come da patto iniziale si accordano sui mesi anticipati per la conclusione del rapporto di affitto e collaborazione, ma le settimane che precedono il trasferimento, la giovane naturopata si fa negare al telefono, postando però sui social continue fotografie di acquisti di mobili e lavori nel nuovo studio.

Fino a che un sabato sera la titolare Donatella riceve un asettico sms da Samuela: “Ti ho lasciato le chiavi dello studio nella cassetta della posta”. Ma insieme alle chiavi c'è anche un biglietto con scritto: “In questi mesi non ho guadagnato molto e non avendo i soldi per le spese, siamo a posto così”.

Bisogna saper chiudere con grazia e gratitudine per quello che è stato.

Sarebbe bastata una telefonata alla giovane Samuela per salvare un rapporto di stima e di amicizia, comunicando difficoltà economiche e parlando apertamente alla collega degli investimenti per il nuovo studio.

Tanti sono i modi possibili, ma spesso quando sappiamo che stiamo facendo qualcosa di sbagliato preferiamo scappare. E scappando peggioriamo le cose.

Dobbiamo imparare a onorare la parte finale dei nostri rapporti. La conclusione dei rapporti non è nient'altro che la celebrazione di qualcosa che è stato importante e che ha fatto il suo corso ed è anche l'inizio di un qualcosa di nuovo. Solo imparando a chiudere la fase precedente con armonia possiamo davvero aprirci al nuovo.

Federica lavora da quindici anni in una grande azienda di cui ha sposato l'etica e i valori e a cui ha dedicato tempo ed energia. Ma è un'azienda che non fa crescere le persone. Dopo molti tentativi e dopo molti anni ad ingoiare rospi Federica a un certo punto decide che merita di più, ma per il legame professionale e affettivo che la lega all'azienda sceglie di fare un passaggio intermedio e di parlare con il suo responsabile esprimendo il proprio malessere e il desiderio di essere valorizzata per poter restare. Da quel momento Federica non solo viene ignorata nella sua richiesta ma anche svalutata nel proprio ruolo professionale con frasi del tipo: “Fuori di qui non è che puoi trovare granché di meglio” oppure “Alla tua età che cosa dove vuoi andare?” e altre affermazioni squalificanti al limite del mobbing.

Sia quando siamo in una relazione paritaria e tanto più quando siamo in una relazione asimmetrica, con ruoli e poteri differenti dobbiamo imparare a chiudere per bene. Possiamo imparare a essere grati per il tempo e l'energia che ci è stato dedicato e con delicatezza lasciare che le persone prendano la propria strada e lasciare a noi stessi la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo.

Chiudere un ciclo, chiudere una relazione, chiudere con il passato: il segreto è sempre lo stesso.

È quello che diceva anche la grande psicoterapeuta Virginia Satir:

Quando riconosciamo che qualcosa non è più buono per noi possiamo ringraziarlo e lasciarlo andare.

Questo è l'unico modo per essere in pace con gli altri e con noi stessi, per evitare di ripetere gli stessi schemi e per incontrare davvero qualcosa di più adatto a noi.