Un articolo pubblicato sulla rivista Nature Communications offre una stima dell'influenza della perdita dei ghiacci della Groenlandia sul rischio a livello globale di alluvioni. Un team di ricercatori coordinato dall'Università britannica di Leeds ha utilizzato dati satellitari per ottenere informazioni sulla perdita di ghiacci nel corso degli anni. I risultati confermano la vulnerabilità della Groenlandia ai cambiamenti climatici indicata in precedenti ricerche e stima che negli anni di caldo più intenso la perdita di ghiaccio possa influenzare in modo significativo il livello globale dei mari e quindi il rischio di alluvioni.

La perdita di ghiacci in Groenlandia è conosciuta da decenni ma per molti anni i dati satellitari erano insufficienti per aiutare le stime della quantità di quelle perdite. Per questo motivo, le stime sono state in genere effettuate usando modelli climatici regionali. Tuttavia, il satellite Cryosat-2 dell'ESA (European Space Agency) lanciato l'8 aprile 2010, è dotato di un altimetro radar proprio per avere un monitoraggio delle variazioni nei ghiacci polari che include la Groenlandia.

I dati raccolti dal satellite Cryosat-2 sono stati utilizzati per lo studio sulla variabilità dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia tra il 2011 e il 2020. Si tratta di uno studio importante perché c'è del ghiaccio su un'isola che si scioglie e finisce nell'oceano e a quel punto contribuisce ad aumentare il livello globale dei mari.

Le rilevazioni dirette dell'estensione e dell'altezza dei ghiacci in Groenlandia ha permesso di monitorare le loro variazioni nel corso del tempo e di stimare la quantità di ghiacci che si è sciolta durante la stagione calda e la quantità che si è formata durante la stagione fredda. Il bilancio è negativo nel senso che il ghiaccio che si scioglie è molto più del ghiaccio che si forma. Le stime vanno da un minimo di 247 miliardi di tonnellate di ghiaccio perduto nel 2017 a un massimo di 527 miliardi di tonnellate di ghiaccio perduto nel 2012.

Ci sono forti differenze tra i vari anni a causa di eventi meteorologici estremi come ondate di caldo, che sono diventate sempre più frequenti e quindi contribuiscono in modo più grave anche nel colpire i ghiacci della Groenlandia. La stima indica che nel corso di un decennio il ghiaccio perduto ha contribuito all'aumento dei livelli degli oceani per circa un centimetro. Un terzo di quella perdita è arrivato nei due anni più caldi, il già citato 2012 e il 2019.

Un centimetro di aumento dei livelli degli oceani può sembrare marginale ma è sufficiente ad aumentare il rischio di alluvioni in aree costiere, anche perché si aggiunge ad altre fonti d'acqua che arriva da altri ghiacciai che si stanno sciogliendo. Anche quando non si arriva a eventi catastrofici come le alluvioni, ci sono aree costiere minacciate da questi cambiamenti dato che vengono sommerse in modo lento ma progressivo.

Lo studio della situazione in Groenlandia e delle sue conseguenze offre informazioni importanti per mettere alla prova gli attuali modelli climatici e migliorarli. Le stime derivanti dai modelli offrono scenari che dipendono del progresso dei cambiamenti climatici. Esse indicano che la perdita dei ghiacci della Groenlandia contribuiranno all'innalzamento dei livelli degli oceani tra i 3 e i 23 centimetri entro il 2100. Ci sono ancora molte incognite nelle simulazioni come quelle associate agli eventi estremi, proprio uno dei casi in cui le nuove stime possono aiutare a capire meglio i processi di fusione dei ghiacci.

Studi come questo offrono un quadro di quanto stia cambiando la situazione ambientale nel mondo. Modelli sempre più sofisticati e completi proprio grazie a questi studi aiutano a capire i cambiamenti futuri ma si tratterà della continuazione di quelli già in atto. La COP26 tenuta a Glasgow ha offerto un po' di promesse con dubbi sulla loro sostanza e alla fine sono state pure indebolite per accontentare Cina e India. La prospettiva è un freno quasi inesistente a conseguenze come l'innalzamento dei livelli degli oceani.