Com’era elegante zio Antonio! Scapolo impenitente e d’oro, corteggiatissimo dalle condomine nubili. E com’era profumato! In casa lasciava una scia persistente della sua lavanda, una famosa acqua di toilette che ha ormai compiuto i cento anni. Famiglia leggermente allargata la nostra. Lo zio viveva con noi, come pensavo da bambino, senza rendermi conto, come capii da grandicello, che eravamo invece noi a vivere con lui. Però si vedeva assai poco in casa; tornava la sera così tardi che noi piccoli eravamo già a letto.

Ma quando c’era, la sua presenza s’avvertiva dall’odore di quella lavanda. Ne era impregnato il fazzolettino sempre sistemato nel taschino con la geometrica precisone di un sottile segmento bianco sulla giacca blu.

Indimenticabile l’immagine sulla etichetta della bottiglietta e della scatola con la contadinella, sorridente e felice pur sotto il peso di una grande cesta sulle spalle, che va per campi alla ricerca della pianta, accompagnata da una capretta. Lo zio ne metteva così tanta da annientare il leggero velo di un’acqua di colonia, altrettanto celebre, usata da mia madre. Sono profumi rimasti stabilmente nelle memorie di famiglia e di tanto in tanto nelle chiacchiere in cui si dà spazio alla rimembranza.

I ricordi, lo sappiamo bene, sono spesso messi in moto dalle cose più impensate e semplici che ci capitano tra le mani: una vecchia cartolina sbucata da un cassetto, uno sgualcito sillabario trovato per caso nello scantinato, una fotografia in una vecchia scatola di latta zeppa di cianfrusaglie. Ma la maggior forza mnemonica è proprio quella degli odori, non necessariamente sempre gradevolissimi.

Prendiamo i libri. Basta loro poco tempo, anche una breve convivenza con noi, per assorbire e custodire gli odori di casa. Provate ad avvicinare al naso i vecchi libri delle bancarelle, quelle che non si sono rassegnate a venderne di contemporanei e riescono ancora a proporre qualche chicca editoriale. Vi accorgerete che le vecchie pagine conservano, ancora percettibili, i più imprevedibili odori. Di muffa per essere stati troppo tempo al chiuso. Della canfora, che ha cercato di difenderli da insetti intriganti e pericolosi. Di vapori di cucina, perché sistemati non molto lontano da fornelli. Di vecchia cipria, per la vicinanza agli strumenti del maquillage di una signora d’altri tempi.

Fateci caso, ogni odore che annusiamo aprendo un libro, potrebbe rimandare ad una storia e viceversa ogni storia che seguiamo tra le pagine, oltre che luoghi e personaggi, evoca odori.

Il ricordo delle vecchie case dei nostri nonni, di cui la narrativa di tutti i tempi è ricchissima, è spesso quello di un odore, che credevamo d’aver dimenticato.

Percezioni o illusioni di odori e profumi possono emanare anche dalla poesia. Come non avvertire gli aghi dei pini bagnati godendosi la Pioggia nel Pineto di D’Annunzio? O il vero e proprio concerto di fragranze nei versi de La mia Sera di Pascoli? O, ancora, l’aspro odore dei vini che si spande per le vie del borgo a rallegrare l’animo nella carducciana San Martino?

Tuttavia, anche la scrittura e la musica hanno i loro limiti in questa capacità. In una famosissima canzone napoletana l’innamorato esprime il desiderio inutile di baciare la sua donna, che inaspettatamente s’addormenta. L’ambientazione è quella di un giardino dove spira una brezzolina fresca e piacevole, dominata dalla fragranza della malvarosa. Malvarosa che è della famiglia dei gerani ed ha profumo delicato e tenuissimo. Certo, la canzone è godibilissima, per gli appassionati dal genere, anche se non hanno mai avuto rapporto con gli effluvi di questa pianta; ma se capita sotto naso una di queste, le parole e la musica tornano a farsi sentire.

La natura ha peculiarità che possono sfuggire a una rappresentazione letteraria, artistica o musicale sempre fedelissima. L’odore è quanto di più volatile e refrattario a lasciarsi catturare dalle capacità rappresentative della parola, della scrittura e dell’arte. E lo sarà sempre di più in futuro, perché il virtuale, l’informatico e il digitale non saranno mai capaci di trasmettere odori e non odoreranno mai.

Ma la vecchia foto dell’avvenente zio chiusa in una cartella del desk top, profuma ancora per me, perché lo ricordo sempre circondato dalla scia di quella indimenticabile lavanda.