Laurea in Medicina Veterinaria conseguita presso l’Università degli Studi di Milano. Diploma di specializzazione in “Etologia applicata e benessere degli animali di interesse zootecnico e d’affezione” nel 2003. Dottorato con attività di ricerca nell’ambito della medicina comportamentale, del benessere dei cani ricoverati in canile e dei cani impegnati negli Interventi Assistiti con gli animali. Vicepresidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Milano. Diploma College Europeo in Medicina Comportamentale (Dipl. ECAWBM). Direttore sanitario e medico veterinario comportamentalista del Parco Canile e Gattile del Comune di Milano dal 2010. Attività clinica presso l’Ambulatorio per i problemi comportamentali dei piccoli animali della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano e ora di Lodi (2000-2021). Autrice di pubblicazioni scientifiche e divulgative. Partecipazione in qualità di relatrice a corsi, congressi nazionali e internazionali di medicina comportamentale.

Sono un medico veterinario specialista in Etologia Applicata e Benessere Animale; in altre parole, ma non più semplici da ricordare, sono un medico veterinario comportamentalista (esperto in comportamento animale). Amo il mio lavoro perché mi consente di vivere a stretto contatto con gli animali, cercando di capirli e provando ad alleviare le loro sofferenze e insoddisfazioni. La mia attività lavorativa si svolge per metà tempo in canile e gattile e per il resto presso diverse cliniche di Milano dove faccio visite comportamentali di cani e di gatti. Ho un fedele amico a quattro zampe di nome Ciocco che, come tutti gli animali che mi hanno accompagnato fin dai primi anni, ha lasciato un’impronta indelebile nel mio cuore.

In un mondo antropocentrico non è facile considerare tutti gli animali come esseri degni di rispetto e di cura: quali sono state le occasioni e le esperienze che l’hanno portata a intraprendere il suo percorso zoofilo?

Sono cresciuta in una famiglia piena di bambini (di varie nazionalità) e di animali (di varie specie). La mia casa era il punto di riferimento per tutti gli amici che, pur amando e desiderando cani e gatti, non avevano la fortuna di poterci convivere, come invece succedeva a me. Inevitabile sviluppare una grande passione per il mondo animale e decidere, fin dai primi anni di scuola, che da grande sarei diventata una veterinaria, per poter curare e proteggere i nostri amici a quattro zampe. E così è stato, anche se il percorso che mi ha portato a quest’obiettivo è stato abbastanza lungo e non privo di difficoltà. Penso che la soddisfazione più grande sia stata quella di accorgersi, una volta arrivata al traguardo, che ero anche riuscita a realizzare un grande sogno.

L’uomo nella sua storia ha mostrato un comportamento ambiguo nei confronti degli animali, o venerandoli – si pensi, per restare a Milano, alla “Scrofa semilanuta”, primo simbolo conosciuto della città – o disprezzandoli e abusandone. Da una parte abbiamo cani, gatti domestici coccolati e “umanizzati”, dall’altra gli allevamenti intensivi, la caccia, gli zoo, lo sterminio delle api, solo per citare alcuni esempi di spregio degli animali: come educare ad un approccio equilibrato con questi nostri simili?

Nel momento in cui la storia evolutiva dell’uomo ha iniziato ad affiancarsi a quella degli animali, si è assistito a diversi modi di impostare e vivere il rapporto con gli stessi, in particolare con le specie animali che vengono oggi definite “domestiche”. Pensiamo, per esempio, al gatto che in certe epoche storiche è stato venerato ed elevato al ruolo di divinità in altre torturato e perseguito perché associato alla stregoneria, o perché sospettato essere veicolo di malattie come la peste. La relazione uomo-animale, che è stata inizialmente impostata per ottenere dei vantaggi reciproci (guardia del gregge, protezione dei granai dai roditori, aiuto nella caccia in cambio di cibo), nel corso dei secoli ha subito una grande trasformazione. Cani e gatti hanno iniziato a condividere con l’uomo spazi, tempo e attività e sono stati quindi accettati all’interno dei villaggi. Oltre agli aspetti simbolico-religiosi, nel corso dello sviluppo delle società umane si è assistito a un progressivo utilizzo delle abilità canine e feline e, di conseguenza, a un approfondimento del rapporto uomo-animale. Pensiamo. per esempio. al cane che affianca l’uomo in molteplici attività (cani per il soccorso alpino e marittimo, cani della protezione civile, cani della guardia di finanza o della polizia, cani molecolari utilizzati anche nell’individuazione dei pazienti ammalati di covid, ecc.).

Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove il rapporto uomo-animale ha assunto un ruolo nuovo: ovvero cani e gatti sono parte integrante del nucleo familiare umano. Questo lungo percorso evolutivo è il risultato della domesticazione, che è un processo bidirezionale nel quale le specie coinvolte esercitano profonde influenze l’una sull’altra. Oggigiorno, cani e gatti sono considerati animali da compagnia, proprio perché arricchiscono la vita delle persone offrendo loro compagnia, danno conforto, possono essere dei facilitatori sociali (favoriscono la socializzazione delle persone, per esempio durante la passeggiata), possono avere un effetto di sostegno psicologico (inducono sorrisi e buonumore), e possono contribuire a ridurre stress/ansia/depressione. Cani e gatti entrano nelle prigioni, nelle case di riposo, negli ospedali e sono diventati dei catalizzatori della comunicazione e della salute psichica.

In molti casi l’animale riempie un vuoto affettivo che l’evoluzione del mondo e della società ha determinato e diventa il “sostituto” di un essere umano (es. figlio, compagno, amico, ecc.); per le persone che vivono in una condizione di solitudine e che si trovano improvvisamente ancora più isolate dal mondo, la presenza di un cane o di un gatto può davvero rappresentare una boccata di ossigeno e una ragione di vita. A riprova di tutto ciò, questi ultimi due anni di pandemia da Covid hanno fatto registrare un aumento del numero di adozioni di cani e di gatti, proprio perché in una fase dove non esisteva più una routine, le persone erano chiuse in casa e i rapporti sociali erano ridotti a telefonate e scambi virtuali sui social, la presenza concreta dell’animale è stato un toccasana per il benessere psico-fisico dell’essere umano. In questa occasione l’uomo si è ricordato che è proprio dell’affetto degli animali che ha un profondo bisogno.

L’approfondimento del rapporto uomo animale ha portato con sé una serie di aspetti positivi e altri negativi. Fra i primi, una maggior attenzione nei confronti della salute dell’animale (regolari visite veterinarie, trattamenti di igiene e cura, alimentazione corretta, interventi di educazione e riabilitazione in caso di problemi comportamentali, ecc.). Per quanto riguarda gli aspetti negativi, oltre alla caccia, gli allevamenti intensivi, i giardini zoologici, sempre più spesso si assiste all’individuazione di vere e proprie situazioni di maltrattamento anche per quanto riguarda gli animali domestici. Penso. per esempio. al fenomeno crescente “dell’animal hoarding”, caratterizzato dalla raccolta di un numero importante di animali (nell’ordine di diverse decine), dalla incapacità di fornire loro ambiente e cure adeguate e dalla significativa riduzione degli aspetti personali di salute, igiene, e del funzionamento sociale e lavorativo della persona. Questa problematica evidenzia l’esistenza di un rapporto distorto e patologico fra uomo e animale, un rapporto che comporta un disagio fisico e psicologico sia per l’uomo sia per l’animale, fino ad arrivare a una vera e propria condizione di maltrattamento dell’animale stesso. Oltre a forme di maltrattamento fisico, esistono anche forme di maltrattamento psicologico. In molti casi queste situazioni scaturiscono da un “amore malsano” da parte dell’uomo. È quella che chiamiamo “antropomorfizzazione”. Antropomorfizzare significa attribuire a un animale delle qualità tipiche dell’essere umano e associare “intenzioni” ed “emozioni” umane a comportamenti del cane e del gatto che hanno invece specifiche “funzioni”, non rispettando le loro esigenze etologiche e i loro bisogni reali. Per evitare tutto ciò ritengo che sia sempre più importante educare adulti e bambini alla corretta convivenza con gli animali, insegnando loro che amarli significa rispettarli, farli vivere in un ambiente idoneo a soddisfare le loro necessità etologiche, accettarli per quello che sono senza cerca di annullare o modificare “l’essere” che è in loro.

In che modo la terapia e la cura degli animali differisce da quelle degli umani?

Racconto spesso ai proprietari degli animali che ho in cura che il mio lavoro è più simile a quello di un pediatra, piuttosto che a quello di un medico che si occupa della cura di persone adulte. L’animale, proprio come il bambino, non parla e non riesce a raccontarci dove ha dolore, se è a disagio, se ha sintomi particolari. La nostra anamnesi clinica deve quindi necessariamente passare attraverso l’osservazione del paziente e la descrizione raccolta parlando con il proprietario, sperando che quest’ultimo sia in grado di conoscere bene il proprio cane/gatto e sia attento a tutte le modificazioni del suo comportamento, spesso rivelatrici di problemi clinici sottostanti.

Ancora più delicato è l’approccio alle malattie comportamentali degli animali domestici perché, anche in questo caso, per riuscire a impostare una terapia efficace è necessaria la collaborazione del proprietario, in quanto la modificazione del comportamento del cane o del gatto, può avvenire solo attraverso la modificazione del comportamento che il proprietario manifesta nei confronti del proprio animale.

Esiste un approccio femminile al mondo animale?

L’approccio femminile al mondo animale può essere in molti casi diverso, rispetto a quello maschile, perché entra in gioco anche una buona dose di “istinto materno”. Per quanto riguarda i proprietari, la donna tende spesso a vedere un’analogia fra il cucciolo di cane/gatto e il bambino. Entrambi, infatti, si trovano in una condizione di dipendenza fisica e psicologica, tendono a mostrare alterazioni comportamentali in seguito a turbamenti generali nell’ambito familiare e, in entrambi, i problemi psicologici tendono a sfociare in comportamenti indesiderabili. Viene quindi facile per la “mamma” di casa manifestare un comportamento protettivo e un atteggiamento tipico dell’accudimento parentale nei confronti dell’animale.

Dal punto di vista veterinario, se la nostra professione era all’inizio prevalentemente scelta da uomini, si è passato nel corso degli anni a una netta predominanza del genere femminile. Ciò ha comportato anche una modifica nel tipo di attività: se in passato erano più numerosi i medici veterinari che si occupavano di grossi animali (es. animali da reddito), oggigiorno la maggior parte dei veterinari preferiscono specializzarsi nella cura dei piccoli animali (cani e gatti in prevalenza).

Lei, in particolare, è studiosa e terapeuta di medicina comportamentale: quale scoperte ha fatto?

La medicina comportamentale è una branca assai recente della medicina veterinaria. Negli ultimi 10/15 anni nel corso di laurea per medici veterinari è stato inserito un modulo di studi sull’etologia dei nostri amici animali.

Per quanto mi riguarda, ho avuto la possibilità di conoscere questa materia solo dopo la laurea, attraverso corsi di specializzazione e un dottorato di ricerca. Tutto ciò ha profondamente cambiato e migliorato il mio approccio con gli animali e mi ha portato a scegliere una strada lavorativa differente rispetto a quella intrapresa dopo essermi laureata: occuparmi di cani e gatti con disturbi comportamentali.

Studiare il comportamento e l’etologia animale mi ha permesso di affacciarmi sul mondo “psicologico” degli animali, individuandone bisogni ed esigenze, ma non solo. Nell’attività clinica quotidiana, mi trovo a intervenire spesso nella relazione uomo-animale, relazione che viene messa a dura prova dalla presenza di patologie del comportamento nel cane e nel gatto. In certi casi, si può arrivare alla rottura del legame di attaccamento. Si tratta quindi di riuscire a comprendere le ragioni del proprietario, le difficoltà dell’animale inserito in quel determinato contesto sociale e provare a ricostruire un nuovo rapporto affettivo, più equilibrato, in cui entrambi i protagonisti possano trarre giovamento e benessere dalla reciproca interazione.

Come può convivere la “ferinità” di un cane, di un gatto, o di un uccello in gabbia, e il loro innato desiderio di libertà, con i limiti imposti dalla vita in un appartamento e in un contesto cittadino?

La stretta convivenza con l’uomo non sempre porta a dei benefici per l’animale. Esistono infatti degli aspetti negativi che influenzano il benessere degli animali domestici inseriti in un contesto umano. Infatti, nella vita moderna i nostri compagni a quattro zampe si sono trovati in un ambiente di vita piuttosto “complicato”, che spesso non rispetta o addirittura non conosce quelle che sono le loro esigenze etologiche, i loro mezzi di comunicazione e i loro reali fabbisogni. Addomesticando il cane e modellandolo in funzione delle nostre esigenze pratiche ed affettive gli si è tolto una parte della sua reale identità, dei suoi istinti, del suo modo di vivere che è ben lontano dal nostro. Questo ha portato al manifestarsi negli animali di numerosi problemi comportamentali che possono essere delle vere e proprie patologie correlate allo stress e all’ansia. I problemi correlati all’ansia rappresentano i disturbi più comuni negli animali domestici: più a lungo passano inosservati e non vengono trattati, più facilmente si complicano. Il comportamento corretto dell’animale è un fattore decisivo per l’avvio di una relazione equilibrata con l’essere umano. Le alterazioni comportamentali possono essere inquadrate in due tipologie di risposte: comportamenti che sono normali per l’animale ma che creano disagio al proprietario (per esempio, il comportamento di farsi le unghie sugli arredi di casa per il gatto, oppure l’abbaio del cane quando sente dei rumori fuori dalla porta di casa) e veri e propri problemi comportamentali che spesso suggeriscono l’incapacità da parte dell’animale di affrontare e di adattarsi a un ambiente stressante o non idoneo a queste specie.

È Direttrice sanitaria del Canile e del Gattile del Comune di Milano: quale tipologia di cani e gatti vi sono ricoverati e in che modo è possibile alleviare la loro sofferenza?

La popolazione animale che entra in canile e in gattile è costituita da cani rinvenuti vaganti sul territorio o da gatti di colonie che vengono raccolti da cittadini perché trovati feriti e/o sofferenti; da animali ceduti al Comune in modo temporaneo o definitivo per problemi del proprietario (difficoltà economiche o sociali) o problemi comportamentali manifestati dall’animale; da soggetti sequestrati dalla polizia per vari motivi (sequestro sanitario: importazione illegale dall’estero senza adeguate profilassi vaccinali; sequestro amministrativo: utilizzo dell’animale per pratiche quali l’accattonaggio; sequestro penale: cani e gatti maltrattati o detenuti in condizioni di non idonea detenzione; animali sottratti ad accumulatori seriali). Il trauma dell’abbandono e l’entrata in canile sono esperienze traumatiche e stressanti per il cane e per il gatto. Infatti, anche se ormai le strutture dei canili e gattili rifugio sono sempre più moderne, ospitali e vengono sottoposte a diversi controlli tesi a migliorare la qualità di vita degli animali ricoverati, non bisogna dimenticare che per il cane e per il gatto l’esperienza del canile e del gattile rappresenta una fonte di grande stress (procedure per la cattura, ambiente nuovo, perdita della routine e dei punti di riferimento, ecc.) che può influire negativamente sul comportamento del soggetto minacciandone lo stato di benessere. Al di là del cambiamento della dieta, del confinamento in uno spazio chiuso, è forse il cambiamento nella qualità e nella frequenza della relazione con l’uomo, l’elemento che incide in modo sostanziale sul suo stato di benessere. In queste condizioni, l’animale può arrivare a manifestare dei comportamenti anormali come, per esempio, paure/fobie, aggressività, ansia.

La presenza di comportamenti anormali rende sempre più improbabile l’adozione del cane o facilita il suo rientro in canile. I canili e i gattili vanno gestiti con professionalità e competenza. È importante che le strutture siano idonee e concepite per far vivere al meglio l’animale, ma è indispensabile anche una corretta gestione. Cani e gatti non hanno bisogno solo di spazio, ma soprattutto della possibilità di interazione con gli altri cani e con le persone, di poter esplicare il proprio etogramma (cioè il proprio repertorio comportamentale specie specifico), di poter fare attività fisica, di avere nuovi punti di riferimento e di poter vivere una routine quotidiana in un ambiente prevedibile e tranquillo. Negli ultimi anni si sta facendo strada un concetto di canile del tutto nuovo, dove si pone molta attenzione alla tutela delle condizioni fisiche ma anche psichiche degli animali ricoverati. Per fare ciò, oltre a prendere in considerazione i requisiti sopra elencati, si utilizzano anche strumenti per la valutazione dello stato di benessere degli animali (attraverso l’impiego di diversi indicatori comportamentali e fisiologici) e si impostano programmi di riabilitazione/terapia per i cani con disturbi comportamentali. Questo tipo di approccio ha come risultato un aumento del numero delle adozioni e una riduzione del numero dei rientri.

Milano è una città amica degli animali? Quali spazi accoglienti e sicuri della città consiglierebbe per una salutare passeggiata con un cane o un gatto?

La città di Milano si è sempre dimostrata particolarmente sensibile all’esigenze e alle necessità degli animali: esistono numerose aree cani all’interno dei parchi cittadini; è sede di uno dei canili e gattili più belli d’Europa (il Parco Canile e Gattile Rifugio del Comune) disponibile ad accogliere anche gli animali di persone in difficoltà; ci sono oltre 1000 colonie feline censite; c’è un efficiente Ufficio Tutela Animali e ci sono due medici veterinari scelti dall’amministrazione come garanti per gli animali. Nei mesi scorsi è stato approvato un nuovo regolamento per la tutela degli animali che viene preso ad esempio da altre città del nostro Paese. Fra le principali novità introdotte, un percorso formativo (patentino cane speciale) per i cani appartenenti a particolari razze come pitbull, rottweiler, cane corso, ecc. con l’obiettivo di migliorare e rendere più sicura la gestione degli stessi da parte dei proprietari; l’Amministrazione ha deciso pure di aprire alcuni dormitori umani anche agli animali, in modo che le persone senza casa in essi ricoverati, non debbano rinunciare alla compagnia del loro amico a quattro zampe. Inoltre, Milano accoglie da anni una serie di iniziative dedicate agli animali e alla loro convivenza con l’uomo in ambito urbano (eventi fieristici, pet week, ecc.).