Oggi vi vorrei parlare della triste storia di un mammifero, il muflone, e di un Parco Nazionale, quello dell’Arcipelago Toscano in cui esso vive dagli anni ‘70. Fu proprio durante questi anni che per volontà dei gestori fu deciso di introdurlo nelle isole del Giglio e d’Elba a scopo venatorio, quindi come preda dei cacciatori.
Furono introdotti i mufloni sardi, una specie considerata parautoctona, vale a dire, introdotta e naturalizzata in Sardegna da prima del 1500 d.C. e poi diffusasi attraverso fenomeni naturali di diffusione e dispersione.
Ebbene il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano nel 2019 con il progetto Life Let’s go Giglio ha deciso di eradicare il muflone dalle isole del Giglio e ancora prima da quella d’Elba, perché la specie è considerata aliena, invasiva, alloctona.
I gestori del Parco adducono tre motivazioni principali a questo sterminio o eradicazione, che dir si voglia: danni all’agricoltura, alla biodiversità e alla sicurezza stradale. Fanno leva sul regolamento UE 1143 del 2014, che in pratica permette di adottare tali metodi di stermino se la specie responsabile è considerata specie aliena invasiva e finanziano anche l’eradicazione con 1.600.000 euro.
Ora verrebbe da chiedersi, come si può introdurre un animale in un’isola e poi volerlo sterminare perché ritenuto responsabile di minacciarne la biodiversità? Se ciò fosse vero, in primo luogo, non si sarebbe dovuto introdurlo.
Andando ad esaminare le tre motivazioni, secondo molte associazioni animaliste risultano inconsistenti.
Riguardo ai danni all’agricoltura, nel dicembre del 2009 i ricercatori del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Firenze hanno condotto uno studio che stabilisce che il muflone è un mammifero molto selettivo e predilige la vegetazione legnosa. Questo di fatto garantisce la conservazione di macchie e boschi, caratteristica primaria dell’ecosistema delle due isole. Il loro calpestio può talvolta danneggiare alcune piante, tuttavia in modo molto sporadico, senza compromettere l’ecosistema.
Per quanto riguarda gli incidenti stradali, dal 2012 al 2017, non ne è stato registrato alcuno in cui i mufloni fossero responsabili. In questo periodo la loro presenza si attestava sui 750 esemplari circa.
Infine, per quanto concerne la biodiversità, il muflone non è in concorrenza con i cervidi e non occupa nicchie ecologiche di altri animali, l’unico ruminante con cui può competere è il camoscio, che però non si trova nell’arcipelago Toscano.
Alla luce di quanto sopra il C.A.A.R.T . Coordinamento Associazioni Animaliste Regione Toscana sta cercando in qualsiasi modo di convincere l’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano a ritornare sulla sua decisione. In questo è appoggiato dai “piccoli agricoltori” dell’isola del Giglio, che hanno fatto un appello in cui si chiede alle istituzioni di lasciare in vita i 50 mufloni rimasti sull’isola in quanto ormai fanno parte del suo ecosistema.
Speriamo che questi appelli vadano a buon fine e che la mentalità dell’uomo verso gli animali non sia solo antropocentrica e li consideri invece come parte integrante e indispensabile dell’ecosistema.
Detto questo il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano è uno dei più bei parchi italiani, esso fu istituito nel 1996 ed ha una superficie di 16.856 ettari a terra e 56.766 a mare. Esso è composto oltre che dall’isola d’Elba e del Giglio da quella di Capraia, Pianosa, Gorgona, Giannutri e Montecristo.
La questione del muflone è un banco di prova molto importante per il prestigio del parco in quanto un Parco Nazionale, per definizione, dovrebbe avere come scopo la salvaguardia dell’ecosistema, flora e fauna, che lo compongono, e dopo 40 anni il muflone ne dovrebbe far parte. Speriamo quindi che si arrivi ad una soluzione che escluda l’eradicazione.