Per la moda l'archivio è il mezzo di espiazione verso una mancata addizione alla qualità della creazione di questo frangente storico. Creare è una forma di comunicazione connessa alle esigenze dell'uomo di esprimere lo spirito del suo tempo. Non c'è stato un periodo, al pari di questo, dove si sia abdicato, su così larga scala, ai legami con i modi di vivere che più suggeriscono l'emozione dell'oggi ed il luogo di appartenenza. Surclassata l'individualità attraverso i bisogni indotti si è usciti dal nucleo centrale dell'originalità per esprimere una falsa democrazia del gusto.

Negli ultimi 30 anni i modi di esprimersi nell'immagine e nell'abbigliamento sono progressivamente entrati nel passato archivistico come fonte di verticalità espressiva. La supplenza degli archivi verso gli agenti creativi originali del ventunesimo secolo è divenuta essa stessa agente creativo: informata rispetto al passato più che verso il futuro.

Tale forma esperienziale del progetto moda ha scelto la strada certa di quanto è noto e l'ha mescolata con l'eros dei testimonial che ne hanno fatto atteggiamento emulabile.

In tale accezione si parla di scrittura legata alla moda. In essa si contempla il significante potenziato dal primigenio significato, ossia il logo (lettera scritta in forma simbolica). La sua maniacale giustapposizione sul corpo, come valore aggiunto, dichiara una certa genialità espressiva adesivata all'ego, ma così posta di geniale ha ben poco.

Dalla metà degli anni '90 ad oggi il rafforzato rapporto tra stile e finanza ha indotto ad allargare il concetto di “direzione creativa”.

Con l'avvento delle multinazionali del lusso il ripescaggio dei temi iconici delle case di moda è divenuto preponderante nella riedizione del passato come forza che ha portato all'emersione del brand. Oggi assistiamo alla valutazione di correnti che, dalla loro affermazione in avanti, vivono uno sviluppo enucleativo all'interno delle multinazionali.

Prelazionati per creare lo stile di un grande marchio, dopo un rapido passaggio nel concetto della novità, i giovani talenti si trovano, nella misura del passato, ad applicarsi alla rielaborazione e risignificazione delle tracce archivistiche di abiti, accessori, essenze...

Il nuovo che avanza attinge dal vecchio che mai tramonta.

Marchi come Gucci o Balenciaga, sono entrati nel ripescaggio di stili di vita e comportamenti che hanno condito l'esperienza delle rispettive maison. L'analisi dei volumi e dei materiali ha visto la riqualificazione dal passato e non la scoperta dall'ignoto del domani.

Alessandro Michele o Demna Gvasalia ritracciano gli anni '70 e '80 del secolo scorso mescolandoli all'estetica cinematografica del periodo e integrandoli in un ragionamento spazio temporale che è la vera avanguardia del nostro tempo.

Il marchio fiorentino ha impostato il concetto di appuntamento conoscitivo di un'esperienza artistica attraverso il “Gucci Fest” (Festival cinematografico voluto da A. Michele con la regia di Gus Van Sant). Creando una periodicità settimanale duratura, in un dato spazio e momento della giornata, ha imposto la visione prolungata del cinema come medium della comunicazione pubblicitaria della collezione Primavera-Estate 2021.

Gvasalia, per la presentazione della Primavera-Estate 2021, ha realizzato, in digitale, una virtuale diretta di 24 ore lungo le strade di Parigi, che di fatto durava 10 minuti circa, ma ti permetteva di esserci, come fosse un unico grande show.

Louis Vuitton, per l'Autunno-Inverno 2020-2021, ha contestualizzato le uscite della sua sfilata fisica con l'aiuto di Milena Canonero, costumista cinematografica pluripremiata con l'Oscar. Costei ha vestito una cavea di figuranti, con i costumi originali ideati dalla Sartoria Tirelli, per alcuni dei più importanti capolavori del grande schermo, ponendoli come sfondo a formare un varco temporale tra passato, presente e futuro.

Questo agire sul tempo e sulla sua dilatazione e apertura ci racconta di un flusso spasmodico tra certezza del passato ed incognite del domani che ammorba la forma dell'abitare e vestire l'immagine di oggi.

L'anatomia umana è ora il supporto al racconto di un atteggiamento che, all'apparenza, libera l'eros come modalità espressiva di un potere ancestrale, quanto l'uomo stesso, ma che, meccanicamente proposto, risulta arcaico e non seduce l'ingegno.

La didascalica interpretazione della cronologia dell'eros, vestito del nudo, o dell'abito eccedente, rimane dentro un tempo di note esperienze. Come dichiarante di un'uscita dallo schema di genere o formale del ruolo, non ha grandi testimonianze fuori dal coro dell'impero del logo.

Pochi sono gli approcci luminosi all'intuizione pura di una nuova frontiera (JW Anderson è certamente uno di questi).

Mescola e rimescola sono espressioni di una volontà di proporre un mercato dilatato, a prescindere dallo stato di natura, e dunque senza vincoli, ma che risulta senza immaginazione preformato ad un tempo indicativo di quella rivoluzione emersa nel decennio degli anni '80 del secolo scorso.

Un tempo la moda era definitoria di uno stadio della coscienza anatomica legata al ruolo e poi all'ego. Oggi la moda si lega all'ego oltre il ruolo e tale ricerca è avallata dalla qualità di un'esperienza passata che si è basata su regole ad arte ma che oggi arranca nella direzione opposta al domani, defraudata dall'originalità che emerge dalla singolarità più che dall'ecumenismo.

Gli ingressi pop, della cultura musicale, o le mescolanze con la cultura esotica di terre sempre meno lontane, che ci attraversano lo sguardo grazie al supporto della tecnologia, porta a quel vestito dell'anima che sembra consono all'avanguardia e alla conquista sociale, ma che di fatto è legato alla spasmodica ricerca di ristimolazione di vecchi argomenti per indurre alla conferma di uno spazio comune che è quello del brand.

Testimoni di questo fenomenico viaggio a ritroso sono le istituzioni museali come il Metropolitan di New York che per i suoi 150 anni di storia ha dedicato la sua annuale retrospettiva sul costume About Time: Fashion and Duration dove ad essere esaltati sono i corsi e ricorsi della storia del costume dentro quella della moda e viceversa.

Stabilire che quanto stiamo vivendo sia una forma di stasi temporale legata ad una economia che cerca l'esclusione del rischio, che deriva da una oggettiva lettura delle nuove esigenze sociali, è il compito di chi guarda alla forma come emersione dell'anima.