Continuiamo nella nostra ricerca delle risorse utili per affrontare al meglio gli asana più difficili per noi e più in generale per migliorare la nostra pratica. Oggi parliamo di lentezza perché, a discapito di quanto si possa pensare sulle prime, non solo si tratta di una risorsa fondamentale per migliorare, ma anche imprescindibile per capire il lavoro che stiamo andando a fare sul tappetino, ovvero come sempre per diventare più consapevoli. Capiamo come e perché.

How the body changes the mind & viceversa

C'è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio. […] Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all'intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio.

(Milan Kundera, La lentezza, Adelphi 1995)

Forse basterebbe questa citazione di Milan Kundera a spiegare perché è importante praticare yoga con lentezza; ma cosa c'entra la pratica con la memoria e l'oblio direte voi?

Parlando di yoga la formula matematica di Kundera si potrebbe sviluppare così:

Lentezza + Memoria = Consapevolezza - IN
Velocità + Oblio = Dispersione - OUT

Quando pratichiamo yoga ci alleniamo ad entrare in contatto con noi stessi portando l'attenzione al respiro e al nostro interno (IN), e a lasciar andare il vortice di tensioni, pensieri, preoccupazioni che continuamente ci affliggono (OUT). Uno dei più famosi aforismi dello Yoga Sutra di Patanjali non a caso descrive lo yoga come “chitta vrtti nirodhah”1, ovvero come il controllo (nirodhah) che limita i movimenti (vrtti) della mente (chitta). Ma cosa succede alla nostra mente quando pratichiamo in lentezza? E perché è importante imparare a porre il focus sulla velocità della nostra pratica?

Immaginatevi in un film a rallentatore. Qualcuno si ricorderà i meravigliosi VHS e la possibilità di vedere le scene dei film a velocità rallentata. Non era bellissimo? Cosa cercavate nella lentezza? I dettagli! Idem nella pratica. Più lenti andiamo più dettagli perfezioniamo, più memorizziamo, più consapevoli diventiamo. Possiamo praticare in lentezza sia facendo yin yoga, uno specifico tipo di yoga che, come abbiamo visto, lavora sul tessuto connettivo profondo, ma anche in qualsiasi yoga dinamico. La pratica dell'Ashtanga, per esempio, richiede il mantenimento delle posizioni per un minimo di cinque respiri, ma il punto sono soprattutto le transizioni. Sono i passaggi da un asana all'altro che rendono la fluidità del tutto, basta vedere praticare i maestri di yoga più esperti che sembrano quasi danzare. Sicuramente è un lavoro di perfezionamento continuo ma nessuno ci corre dietro e ribadisco si ottengono maggiori risultati lavorando in lentezza, quindi tanto vale smettere di correre. Vi accorgerete ben presto che un chaturanga (flessione sulle braccia) al rallentatore vi chiederà un'attivazione completa di tutti i muscoli che avete per non soccombere a terra come tappeti. Solo così scoprirete di avere muscoli impensati, e l'effetto che fa a usarli o meno. E tutto cambia! Quello che di fatto accade a praticare yoga al rallentatore è che il corpo registra e la mente non può sfuggire. Rallentare significa, infatti, darci la possibilità di “vivisezionare” il movimento che stiamo facendo diventando più consapevoli di tutti i piccoli elementi fisici e mentali che sono necessari per portarci da un asana all'altro. In questo modo il corpo memorizza i passaggi e la mente resta concentrata sul momento presente. In velocità sfuggiamo all'asana e alla consapevolezza che da esso dovremmo trarre, rischiamo di sbagliare senza nemmeno rendercene conto. Quindi ecco quali sono gli effetti e i risultati di una pratica in lentezza.

Effetti sul corpo

Due sono gli elementi da focalizzare: movimento lento e mantenimento delle posizioni. Il movimento lento permette di stimolare gli organi interni, le ghiandole endocrine e il sistema neuronale a funzionare in modo corretto, seguendo cioè un ritmo più naturale. Se dobbiamo essere performanti tutto il nostro sistema va per così dire in stress o comunque va in accelerata per rispondere a quell'esigenza. Non dobbiamo stressarci facendo yoga, non dobbiamo essere performanti e per quanto sembri difficile, dobbiamo proprio imparare l'opposto, ovvero a rilassarci nelle posizioni pur attivando tutta la muscolatura. Capito questo saremo in grado di mantenere le posizioni anche ben più a lungo di cinque respiri senza entrare in affanno.

Effetti sulla mente

Praticare in lentezza è chiaro, ci riporta anche molto efficacemente al qui e ora, ci calma e rilassa se capiamo che invece che sforzarci possiamo respirare a fondo, rallentare o fermarci un momento se c'è bisogno, ma soprattutto può servire a capire cosa non stiamo attivando, per mantenerci in equilibrio e allineamento nell'asana che sia. Tutto questo ci allontanerà immediatamente dalle chitta vrtti del tipo: “Voglio arrivare lì, devo farcela, non ce la faccio...”

Risultato

Con un po' di esperienza e attenzione presto i movimenti e soprattutto i passaggi da un movimento all'altro saranno più fluidi, non sarete in affanno per cercare di raggiungere una meta, imparerete il controllo e il perfezionamento degli allineamenti e raggiungerete prima la cosiddetta “meditazione in movimento”, uno stato di grazia mentale e controllo del corpo che vi farà sentire molto meno la fatica fisica e lo stress mentale tipico di qualunque attività prestazionale. Mai come quest'anno appena scorso ci ha offerto inoltre l'occasione di riflettere su tutti gli aspetti del rallentare come esseri umani in tutto il nostro operare. Imparare ad andare in lentezza sul tappetino significa saper rallentare quando ce ne è bisogno anche nella vita, significa trovare il proprio ritmo, significa imparare a porre attenzione al nostro respiro e al nostro essere qui e ora. E solo l'essere più presenti a noi stessi può aiutarci a vedere tutto quello che normalmente ci sfugge e a fare scelte più consapevoli. Quindi chissà che, nonostante tutto, imparare a rallentare non sia più importante di quanto avremmo mai detto!

Alla prova dei fatti non demordete però mi raccomando, perché è più difficile a farsi che a dirsi. La prima volta che mi hanno chiesto di fare un saluto al sole a rallentatore pensai ininterrottamente: “È una follia, adesso muoio, ma perché?”. Feci uno sforzo sovra umano per resistere alla tentazione di velocizzare tutto e finire il prima possibile. Erano solo pochi movimenti ma il tutto mi sembrò durare un'eternità. Non crollai tipo balena spiaggiata, ma mi dovetti fermare e recuperare a tratti e più volte. Poi non concepivo come gli altri potessero farcela e pensai che non fosse roba per me, ma da “palestrati”. In realtà scoprii anni dopo che nemmeno i più allenati in palestra riescono a prendere e tenere certi asana, proprio perché il lavoro che si fa con lo yoga è quello di attivazione della muscolatura profonda. Ed è anche questo il motivo per cui i corpi allenati degli yogici sono più armoniosi rispetto a quelli che lavorano solo sugli strati esterni della muscolatura del corpo. È infatti quella profonda che ridisegna il corpo secondo la sua naturale conformazione senza troppi sforzi. Detto ciò, a ognuno il suo!

1 Patanjali, Yoga Sutra, cit. cap. I, secondo aforisma.