Una regione di confine, una volta, ora sempre più un ponte tra storia, cultura, economia. Il Friuli-Venezia Giulia spesso nell’immaginario considerato un lassù, lontano nella mente e nel cuore (tranne ovvio per coloro che vi sono nati e che magari sono andati per il mondo), si candida ad essere sempre più nella nuova Europa un punto di riferimento, un ponte di amicizia e cooperazione, proprio in quelle terre martoriate dalle invasioni, dalle guerre e dalla natura e trasformate dall’opera dell’uomo in luoghi dove si coltiva non solo la natura fisica ma anche il rispetto, la valorizzazione della propria storia, dei propri costumi, la sfida di viverli immersi nel presente e guardando al futuro, certi delle proprie radici.

Ecco perché non è strano che proprio da questa terra parta una sfida in uno di quei territori dell’eccellenza italiana che è l’enogastronomia coniugata partendo da ciò che è proprio, antico, originario, per rivisitarlo, reinterpretarlo nel mondo di oggi e in una stagione come quella che stiamo vivendo dove molti elementi dell’antico modo di vivere sembrano tornare di moda perché basati sul rispetto della natura, dei propri simili, sulla cooperazione e la solidarietà (una sfida continua certo, non una realtà).

Conviene allora un attimo identificare quel che si intende in genere per tradizione per poter poi fotografare la nuova sfida di cui parleremo. Dunque, seguendo con attenzione il dizionario leggiamo che con questa parola di derivazione latina si parla di consegna, di trasmissione (originata dal verbo tradere che indicava proprio il consegnare). Diversi i significati come quello giuridico con il quale si descrive il passaggio di una cosa mobile o immobile, che ha per effetto il trasferimento del possesso della cosa. Oppure si fa riferimento alla trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze in forma orale o scritta e tramandate da un’epoca all’altra. Così testimonianze del passato – racconti storici, miti, poesie, formule sacre, teorie scientifiche di bocca in bocca, di generazione in generazione attraversano la storia e il tempo.

Appare ora più chiaro che la tradizione non solo non è qualcosa di passato, superato, ma per il suo stesso significato è alla base della trasmissione, del passaggio in senso proprio. È allora un patrimonio immateriale ma inestimabile di saperi, di mestieri, di conoscenze frutto dell’esperienza, della sperimentazione sul campo. Un tutt’uno con la storia dei popoli che ne sono eredi, interpreti e a loro volta “trasmettitori”!

Se quanto precede ha un senso compiuto, parlare di sfida verso il futuro nella tradizione, non sembra più una contraddizione, una provocazione, ma qualcosa di ben più interessante e fecondo e, soprattutto, nel solco di quella umanità che tutto deve fare tranne che rinnegare se stessa quando si parla di crescita, maturazione, evoluzione, civiltà nel rispetto della natura che ci ospita, ci nutre, ci protegge e, purtroppo ci punisce a volte per le nostre responsabilità che sovente sono colpe nei confronti dei nostri simili oltre che verso di essa.

E veniamo al punto!

“Volete sentire che sapore ha il futuro?”, si può sintetizzare così la sfida partita all’inizio di questo mese, che prosegue sino al 29 ottobre, e che guarda al futuro d’ora in poi, in Friuli-Venezia Giulia, promossa e sostenuta dal Consorzio Via dei Sapori giunto al suo ventesimo anno di età. La Nuova Cucina, il titolo dell’iniziativa che vuole lasciare un segno di questi vent’anni e indicare nuove strategie per il futuro. L’elemento caratterizzante e di inizio del progetto che si articolerà nel corso di un anno, sono venti cene-laboratorio (il numero venti torna proprio ad indicare il traguardo e la nuova linea di partenza) promosse dai ristoranti del Consorzio guidato da Walter Filiputti da condividere con l’intera ristorazione regionale, a partire da quanti hanno subito accettato i termini della sfida d’eccellenza enogastronomica.

Le 20 cene-laboratorio saranno firmate da due chef del consorzio e da uno di 20 giovani chef riconosciuti per la loro originalità che sono stati invitati a collaborare al progetto. Ognuno presenterà un piatto inedito confrontandosi con i colleghi. Il tutto come abbiamo sottolineato partendo dalla tradizione e con essa puntando all’innovazione. Appuntamenti abbordabili che intendono proporre l’alta cucina in una nuova dimensione.

L’innovazione - questo il motivo conduttore - coinvolgerà non solo la maniera di pensare il cibo, ma anche come proporlo, in totale libertà creativa, con location inedite e modi insoliti e anticonvenzionali di gustarlo. I prodotti alla base delle creazioni degli chef saranno quelli dei 21 artigiani del gusto e i vini abbinati saranno delle 22 cantine che fanno parte del Consorzio. La sperimentazione sarà per tutta la filiera e anche il pubblico sarà coinvolto. Ogni ristoratore, ogni chef, ogni vignaiolo e artigiano del gusto presenterà la sua novità.

Qualche ragguaglio ce lo dà lo stesso Walter Filiputti.

Dunque, cosa vuol dire “nuova cucina”?

È un ritorno all’alfabeto della cucina stessa, un modo per stringere un patto nuovo con il territorio di cui facciamo parte. Si ripartirà dagli ingredienti del Friuli-Venezia Giulia e non dalle ricette tradizionali. Si deve avere il coraggio di sperimentare in campi nuovi, dare vita a nuove suggestioni, ritrovando un equilibrio diverso con la natura e con l’ambiente, anche per un rinnovato modello di turismo sostenibile. Ripartire da 0 non significa buttare tutto il lavoro che fino a oggi è stato fatto, ma riorganizzare il sapere secondo nuove strutture. È importante avere memoria del nostro passato, ma non rimanerne ancorati. Il bisogno di liberarsi da schemi preconcetti per poter stupire e stupirci è un motore eccezionale.

Certo, la pandemia e le restrizioni conseguenti in nome dalla salute comune e della sicurezza rendono tutto più difficile!

Al di là dei tanti programmi che purtroppo non si potranno eseguire abbiamo pensato di guardare dentro di noi, di guardare al lavoro che abbiamo fatto in questi vent’anni e, soprattutto pensare al lavoro che dobbiamo fare. Perché lo sappiamo, lo vediamo, lo sentiamo ogni giorno nel nostro lavoro ci sono dei movimenti in atto che stanno accelerando.

Cosa occorre allora?

Dobbiamo capire il consumatore e la Nuova Cucina lo abbiamo detto più volte è un cambiamento dell’alfabeto, una rilettura dell’alfabeto della cucina. È una maniera nuova per reinterpretare la nostra esperienza. Meglio ancora noi partiremo dal prodotto: teniamo la tradizione alle spalle, manteniamo l’anima della tradizione che dovrà sempre esserci, la dobbiamo respirare, però dobbiamo trasformarla e renderla adatta al giorno d’oggi.

Abbiamo parlato di una vera e propria sfida, perché?

Una sfida perché anche solo affrontare il rapporto con la tradizione ci pone domande e non di poco conto e una sfida perché dovremo proporre questo nuovo modo di concepire la cucina regionale. Quaranta ristoranti dislocati in tutta la regione hanno accettato di sfidare loro stessi. E questo è un bel segno, un segno di apertura al nuovo consumatore, una cena laboratorio perché dovremo dialogare con il consumatore. Saranno loro, i consumatori, i primi testimonial – coloro che ci visiteranno – di queste cene. E noi vogliamo ascoltarli e sentire il loro parere sulla nuova cucina del Friuli-Venezia Giulia, sul suo orizzonte, sulle sue potenzialità e perché no, anche sui problemi e sulle questioni che andranno affrontate.

Tra gli obiettivi non immediatamente espressi ma immaginati, anche quello di misurarsi con le altre regioni, introdurre una sorta di metro di paragone sul quale ragionare sullo stato di salute della cucina italiana - non solo quella stellata - che è somma di antiche tradizioni, di antichi sapori e saperi ma anche teatro di grandi filoni di innovazione e di contaminazione. E se è vero che una cucina italiana vera e propria non esiste, quello che l’enogastronomia così ricca del nostro Paese esprime è certamente un elemento distintivo che fa l’Italia, il valore dell’Italia, il senso dell’essere italiano nel mondo. Quel qualcosa che identifica il nostro territorio, le nostre genti molto più di quanto pensiamo e che è somma positiva di qualità, di saper vivere, di equilibrio, di conoscenze antiche e recenti! Un quid che all’estero ci riconoscono e che apprezzano da sempre. Saper innovare allora è anche mantenere questo atout senza dimenticare perché l’Italia è considerata un paese unico al mondo!