“Bambini, per favore, potete andare a giocare dall’altra parte del cortile? Il generale deve riposare”. La richiesta arrivava, garbata, gentile e puntuale dal balcone del piano rialzato, appena allestito il piccolo campetto per la partita di pallone del pomeriggio. Obbedivamo, naturalmente, e ci trasferivamo con un po’ di rammarico dall’altra parte del cortile dove la disfida calcistica era ostacolata dal parcheggio delle macchine. Non pensavamo nemmeno per un attimo alla possibilità di rifiutare, perché il generale godeva del massimo rispetto in tutto il condominio, anche da parte di noi bambini. Figurarsi, un vecchio genarle di fanteria, che chissà quali ardimentose battaglie aveva condotto ai suoi tempi!

Del resto sapevamo che se avessimo ignorato il gentile invito, la moglie del generale si sarebbe rivolta ai nostri genitori che lo spostamento ce lo avrebbero imposto senza tanti complimenti. E poi il generale era malato ed era vecchio, aveva raggiunto nientemeno che i settanta, un’età considerata ai tempi della nostra infanzia, gli anni Cinquanta del secolo scorso, ragguardevole.

Oggi chi ha questa età non è più vecchio; è, semmai, avanti negli anni, ma può tenersi in forma con un po’ di movimento e con la dieta mediterranea e grazie ai progressi della medicina godersi più a lungo e meglio la pensione. Si ha ancora voglia di dire e di fare. E di fare ce n’è tanto sia come padri e madri di trentenni che non riescono a trovare un’occupazione fissa, sia come nonni ai quali chi ha invece un lavoro può affidare i bambini. I problemi seri sembrano, come la televisione ci ricorda continuamente, dell’Inps la cui preoccupazione è, per dirla brutalmente, come a volte sembrano quasi voler dire sociologi, politici e psicologi intervistati nei talk show, che “qui non muore più nessuno!”

Ricordate la famosa poesia dedicata da De Amicis alla mamma?

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfiorano le lacrime e gli affanni.
Mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.

Era il 1881 e sessanta anni erano un bel traguardo. Ai tempi della nostra infanzia il bel risultato si era spostato a settanta.

Oggi, giunti al ventennio del nuovo millennio, nel cortile condominiale, dove giocai bambino a pallone e sul quale mi affaccio ancora quando mi dedico al giardinaggio da balcone, il che mi distrae e giova ai miei settanta anni, rumoreggiano ancora, tali e quali a noi, i figli dei nostri figli: grida, urla, insulti, tifo forsennato scatenato dagli stessi giocatori, tiebreak solo per il movimento di un’automobile. E al piano rialzato non abita più il settuagenario generale, bisognoso di riposo e di silenzio, ma un’amabilissima signora, che di anni ne ha centouno e alla quale il baccano dei bambini, anche quelli dalla voce acutissima, non sembra dare alcun fastidio.

Insomma la vita si allunga, ma ci sono persone che l’allungamento non sembrano proprio gradirlo. L’esempio, sempre nell’ambito del microcosmo del nostro popoloso condominio, nel quale una signora ancora abbastanza giovane, e francamente graziosa, si è fatta rifare le labbra, come usa oggi, a gommone. Si dirà: è la moda. Ma è anche, forse, la paura di invecchiare.

La televisione, con la sua intramontabile passione per il revival e per il come eravamo, spesso ci trascina in tristi gallerie di bambole e bambolotti di plastica, non molto dissimili da pupazzi da musei delle cere, nei quali sederi e seni rifatti, rialzati a balconcino, a davanzale, a baule, a mongolfiera, sono per fortuna seminascosti dall’abbigliamento e si limitano ad ammiccare, più malinconicamente che maliziosamente, dalle scollature e dalle sgambature. Ma palpebre stirate, zigomi lisciati, fronti spianate, incapaci ormai di qualunque segno di corrugamento o di espressione, e labbroni che sembrano voler esplodere da un momento all’altro e non possono più sorridere o esprimere rammarico, sono spavaldamente ostentati. Alcuni potrebbero anche mettere paura.

E allora la famosa poesia di De Amicis potrebbe essere mutata.

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfiorano le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.

Potrebbe trasformarsi, aggiornandosi ma rispettando ovviamente la rima alternata, in:

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfiorano le lacrime e gli affanni
rassoda il silicone la mammella
e il bisturi cancella pure gli anni.

Bisogna solo accertare se la mammella siliconata riesce a rassodare anche la gioventù inesorabilmente andata e se davvero il bisturi cancella gli anni o solo la consapevolezza di averne, a volta tantissimi: i sessanta della fine dell’Ottocento, i settanta degli anni Cinquanta del secolo scorso, i centouno di questo millennio.

E visto che stiamo in vena di citazioni, si potrebbe ricordare un altro poeta che dolcemente e un po’ malinconicamente ricordava:

Come è bella giovinezza che si fugge tuttavia…

Oppure potremmo andarci a leggere, non è mai troppo tardi, il dialogo di Cicerone sulla vecchiezza, che è ancora attualissimo. Niente paura: ne esistono traduzioni italiane molto ben fatte. Chissà! Ci si potrebbe trovare un incoraggiamento a rendersi conto, ancora una volta, che l’apparire non è tutto.