Le scene del teatro, ma anche i luoghi della rappresentazione in cui l’azione diventa movimento, immagine e identità. E dove la galleria diventa lo spazio scenico nel quale prende corpo la “messinscena” o il “complesso delle operazioni con cui si allestisce un lavoro teatrale” ma anche “l’insieme degli elementi esteriori (luogo, disposizione di oggetti, atteggiamento della persona), volutamente ricercati e messi in evidenza per simulare una realtà diversa, per rendere credibile una finzione, o anche solo per creare artificialmente una determinata atmosfera”. E quanto recita la voce del dizionario Treccani, ma, soprattutto, è questo il concetto che governa la mostra “Messeinscena” attraverso le opere di Matteo Basilè, Rune Guneriussen e Paolo Ventura, in corso a Verona da MarcoRossi arte contemporanea fino al 25 settembre.

Costituita da una decina di opere – 9 fotografie e un’installazione di Paolo Ventura – gli artisti in questa “mise en scène”, muovono non solo dalla fotografia attraverso sguardi e prospettive diverse ma, anche, costruendo veri e propri allestimenti teatrali o scenografici. E la fotografia come spazio scenico, quale possibile identità teatrale diventa così il codice visivo dell’opera di questi tre fotografi. Una condizione dentro la quale costruire un nuovo senso e altre forme.

E’ così per Matteo Basilé (Roma, 1974) che coniugando categorie opposte quali bello/grottesco, reale/surreale, naturale/artificiale, mette l’uomo al centro della sua ricerca, in un dialogo tra Oriente e Occidente, realizzando veri e propri set dove intreccia la tradizione e modernità, il sacro e il profano (“Unseen” 2014). Di altro avviso è il norvegese Rune Guneriussen (classe 1977) che coniuga natura e presenza umana; e dove libri, sedie e sculture da lui realizzate, diventano le installazioni effimere immerse nella natura incontaminata, quali oggetti di una fotografia che interagisce con i paesaggi norvegesi, creando contrasti oppure associazioni e “contaminazioni” ambientali come “Natural rural displacement” (2014). E non a caso, dopo lo scatto, le tracce dell'intervento artistico di Guneriussen si dissolvono, riportando l'ambiente alle sue origini.

E di altra prospettiva ancora è Paolo Ventura (Milano, 1968), un “costruttore di storie per immagini”, dentro le quali vivono i suoi personaggi contestualizzati in paesaggi surreali, al limite tra sogno e realtà. E se alle origini muoveva da piccoli set teatrali fotografando scene recitate da burattini in miniatura o vestiti da soldati, in tempi più recenti è il carattere autobiografico a caratterizzare ora le sue foto e le sue installazioni, con storie che sorgono dall’indagine su sé stesso, da ricordi e fantasie, rappresentazioni di una quotidianità in cui riconoscersi. E in questo senso muove l’installazione “Senza titolo” che rappresenta alcune case e condomini di una realtà periferica che rinvia ad una foto quale specchio di un’identità individuale, che guarda anche alle vicende collettive, a ricordi e immagini su cui costruire scenografie. E a Paolo Ventura CAMERA – Centro Italiano per la fotografia – di Torino, dedica la mostra “Carousel”, un percorso all’interno dell’eclettica carriera di uno dei più famosi artisti italiani, il cui lavoro sarà una “messa in scena” dei diversi temi ricorrenti nella sua poetica, e in particolare sul doppio e la finzione, o i motivi della ripresa e del lavoro teatrale, di forme e configurazioni, umane e oggettuali, su cui narrare le storie di un presente e del futuro.