Venezia, vetrina spettacolare dell’arte nei secoli, apre i suoi spazi a mostre imperdibili. Con un’esposizione inedita dedicata a Cartier-Bresson, uno dei fotografi più conosciuti e amati al mondo, Palazzo Grassi suscita la curiosità e l’attenzione dei visitatori. Le Grand Jeu è un progetto espositivo originale, ideato e coordinato da Matthieu Hemery, realizzato con la Bibliothèque nationale de France, in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson.

Negli anni ’70 Cartier-Bresson raccoglie e seleziona gli scatti che considera i più importanti e significativi realizzati lungo tutta la sua carriera, dalle celebri Dimanche sur les bords de Seine (Francia, 1938) o Simiane-la-Rotonde (Francia, 1969), ai ritratti dei grandi artisti del Novecento, come Henri Matisse e Alberto Giacometti, fino agli scatti della Guerra di Spagna e la Liberazione francese. L’immaginario del maestro è così riunito in una sua personale selezione – una Master Collection - di 385 fotografie che, attraverso momenti storici epocali, incontri con grandi personaggi e ritratti di vita popolare, ha ritratto un secolo in bianco e nero.

A partire da questa raccolta, la mostra mette a confronto lo sguardo di cinque curatori d’eccezione: il collezionista François Pinault, la fotografa Annie Leibovitz, il regista Wim Wenders, lo scrittore Javier Cercas e la conservatrice e direttrice del dipartimento di Stampe e Fotografia della Bibliothèque nationale de France Sylvie Aubenas, sull’opera di Cartier-Bresson (1908 – 2004). Ciascuno di essi è stato chiamato a operare delle scelte all’interno della Master Collection, divenuta per il celebre fotografo uno strumento essenziale per la comprensione della propria opera. Attraverso il prisma di questi cinque sguardi, l’esposizione propone angolazioni inedite sulla sua produzione, racchiudendo in un unico percorso cinque mostre autonome. Per François Pinault Le Grand Jeu “non vuole essere l’ennesima mostra che presenta opere dell’occhio del secolo. Non intende infatti riesaminare il lavoro del fotografo ma guardarlo attraverso gli occhi di un altro o meglio di altre cinque persone”.

Per il Presidente di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, mecenate e multimiliardario francese: “Collezionare significa cogliere il messaggio che un’opera ci invia: un’emozione, un ricordo, un’im-magine di sé, reale o sognata. La mia collezione si è strutturata così, a poco a poco, intorno a ope-re diverse, fra pittura, scultura, video, installazioni e performance. La fotografia, anch’essa pre-sente, non poteva prescindere da Henri Cartier-Bresson: l’universalità sensibile e accessibile della sua arte mi ha sempre colpito. Ecco perché non ho avuto nessuna esitazione al momento di ac-quisire la Master Collection, l’insieme, monumentale e intimo al contempo, che offre un panorama eccezionale e commovente delle fotografie di questo artista leggendario. In parte devo la passio¬ne, che mi anima da oltre trent’anni, a tutti gli artisti che hanno saputo suscitare la mia curiosi¬tà e raccontare il perpetuo movimento della vita. Credo che una collezione – in ogni caso quel¬la che ho costituito io e che continuo ad arricchire – cerchi di trattenere qualcosa dell’ineluttabile fuga del tempo. Le opere, e il dialogo che si crea fra di loro, sono l’espressione stessa della vita, del suo dinamismo, della sua passione. Cartier-Bresson è un artista della vita furtiva, strampala¬ta e quotidiana” e, soffermandosi su una delle tante icone del maestro francese ”Una foto come Bougival, France, 1956 [003.] illustra dolcemente quegli istanti fugaci. È il ritrovar¬si di un operaio con la sua famiglia, dove si può notare la gioia negli sguardi, anche in quello che noi non vediamo. Vera e propria antropologia visiva, le fotografie di Cartier- Bresson, in partico¬lare quelle della Master Collection, sono un inno alla vita; conservano la traccia dei piccoli istan¬ti di felicità che sfumano molto rapidamente e che tutti ben conosciamo, fissano una parte della nostra umanità umile e semplice. Poiché Cartier-Bresson ha saputo tracciare così bene i contorni della sua epoca, ritrovo in lui i colori della mia stessa vita. Quando ho cominciato a collezionare, la mia sola ambizione era circondarmi di oggetti che mi piacessero, che suscitassero in me piace¬re semplicemente nel contemplarli. Progressivamente, il mio sguardo si è affinato, educato e aperto. La conoscenza e la curiosità ci portano verso territori sconosciuti e ci spingono a ulteriori scoperte. Ed è proprio in questo che, senza dubbio, si trovano le similiarità tra le mie aspirazioni di collezionista e la mia attività profes¬sionale: nella sete di esplorare orizzonti nuovi, di voler andare sempre un po’ più lontano”.

Ed ecco, attraverso le parole di Pinault, il senso della mostra e delle scelte compiute : “ Verità, semplicità, umiltà: ecco ciò che ai miei occhi caratterizza l’opera di Cartier-Bresson. Ed è a queste che ho voluto restare fedele nella scelta che ho compiuto. Senza dubbio esiste un lega¬me con la mia passione per l’arte minimalista: mi piace che venga detto molto con pochi mezzi. Così ho voluto una disposizione in mostra assai semplice, dove ogni opera ha il proprio posto sen¬za tuttavia essere isolata dalle altre. La lettura di un’immagine non viene condizionata da quelle che la circondano, ma lo spettatore è libero di inventare la narrazione che lega tra loro le foto. Per¬ché Cartier-Bresson è un narratore che non impone nulla, ma suggerisce tutto. Nel suo silenzioso mondo in bianco e nero spuntano rumori e colori. Spetta a noi osservare e ascoltare bene per per-cepire la vita semplice, ma intensa, catturata nelle sue fotografie. È quello il segreto che ho cerca¬to di svelare, o almeno di perseguire a mio modo. Ed è a questo percorso attento e umile che invi¬to il visitatore in compagnia di un artista incomparabile”.